Afghanistan, Kyrgizstan, Russia e Iran: la sfida impossible

di Andrea Gilli

La situazione afghana sta peggiorando sensibilmente. Non da oggi, ma da diversi anni e ora la situazione è quanto mai incerta. Dalla fine del 2002, almeno, le vicende del Paese sono andate in maniera alterna. Tempo, risorse e uomini sono stati persi per via di strategie miopi e obiettivi verosimilmente irrealizzabili. Purtroppo, le dinamiche internazionali sembrano destinate a rendere la questione afghana ancora più complicata. Gli Stati Uniti, per bocca del Segretario della Difesa Robert Gates, hanno affermato di mirare oramai solo ad obiettivi minimi: la domanda è se anche questi obiettivi minimi siano ancora raggiungibili. I dubbi che nutriamo a proposito verranno esplicitati nell’articolo.

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Non basta la politica monetaria per tentare la ripresa

I governi cedano un pezzo di politica fiscale per dare una mano a Trichet

di Mario Seminerio – © LiberoMercato

Nei giorni scorsi alcuni esponenti del Consiglio della Banca Centrale Europea, tra i quali il lussemburghese Yves Mersch e lo stesso Jean Claude Trichet, hanno preso pubblicamente posizione contro la possibilità di portare i tassi ufficiali a zero, motivandola con l’esigenza di impedire che l’Area Euro cada in una “trappola della liquidità”, una condizione nella quale la politica monetaria perde la propria capacità di trazione sull’economia reale. Affermazione francamente incomprensibile, perché pare invertire il flusso causale, ipotizzando che questa condizione di patologia monetaria sia indotta da bassi tassi d’interesse, mentre in realtà sono tassi bassi e di fatto azzerati ad essere uno degli strumenti per contrastare questo fenomeno corrosivo. Quando l’economia si trova a rischio di deflazione, le banche centrali sono costrette a tagliare molto rapidamente i tassi nominali, sia per stimolare la ripresa che (soprattutto) per impedire che la deflazione ponga radici, autoalimentandosi.

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Più chiarezza sulle nuove regole

Obama e la finanza

di Mario Seminerio – © LiberoMercato

Nei giorni scorsi il team di Barack Obama ha preannunciato di voler procedere speditamente alla riforma del sistema regolatorio della finanza statunitense, stringendone le maglie. Poiché l’attuale amministrazione porta con sé un livello di aspettative fortemente sovradimensionate, questa semplice enunciazione ha già suscitato le critiche di quanti accusano Obama di non mantenere le promesse di cambiamento radicale, e di volersi invece muovere al margine di un contesto già fallito. Senza voler fare il processo alle intenzioni, e nella sostanziale assenza di atti concreti, è comunque opportuno tentare di analizzare le linee-guida della riforma della regolazione.

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Luci, ombre ed idiozie del disegno di legge sul federalismo fiscale

 

di Piercamillo Falasca – da L’Occidentale di venerdì 23 gennaio 2009 (Titolo originario: Ora la Lega si prepara ad incassare il dividendo per le Europee)

Ieri (giovedì 22 gennaio, ndr) il Senato ha approvato il disegno di legge delega sul cosiddetto federalismo fiscale. Politicamente parlando, la Lega ha realizzato un capolavoro: ha evitato che la crisi economica insabbiasse il progetto, ha tenuto insieme la maggioranza, ha ottenuto l’astensione del Pd concedendo ai democratici alcuni emendamenti. Insomma, Umberto Bossi si prepara ad incassare il dividendo elettorale alle europee. Sempre politicamente parlando, Giulio Tremonti si è dimostrato un gran giocatore: non scopre le sue carte, tiene in mano il pallino e si prepara alle negoziazioni che verranno da una posizione di forza. Il superministro ha ragione, sarebbe impossibile quantificare oggi il costo per l’erario del federalismo, visto il numero di grandi e piccoli dettagli da chiarire nei decreti attuativi.

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Le nuove relazioni tra Cina e Taiwan

di Andrea Gilli

Nel corso degli ultimi anni, le relazioni tra Cina e Taiwan sono nettamente migliorate. Questo rapido processo, accolto favorevolmente dalla popolazione di entrambi i Paesi, è cominciato a partire dalla caduta di Chen-Shui Bian e sembra destinato a rafforzarsi ulteriormente. L’unica scontenta è Washington. Pare dunque utile cercare di capire sia le cause di questo avvicinamento che della scarsa soddisfazione americana – sorprendentemente, si vedrà che tutta la situazione scaturisce da un’unica causa, la crescita cinese.

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Nazionalizzare non solo il capitale, ma anche i manager

di Mario Seminerio – ©LiberoMercato

Nella giornata di lunedì il governo di Gordon Brown ha annunciato i dettagli del nuovo piano di salvataggio pubblico del sistema finanziario britannico. Londra ha così deciso di aumentare la propria partecipazione in Royal Bank of Scotland dal 50 a circa il 70 per cento, attraverso la conversione delle azioni privilegiate sottoscritte in ottobre, ed ha ordinato a Northern Rock, il prestatore ipotecario nazionalizzato a febbraio 2008, di rallentare il piano di rimborso dei prestiti pubblici, in modo da continuare ad originare mutui. Prima dell’annuncio di lunedì Northern Rock aveva perseguito una strategia di progressiva riduzione del volume di credito ipotecario erogato. Il governo richiederà alle banche destinatarie degli aiuti di sottoscrivere “specifici e quantificati” accordi a prestare (in pratica, un target numerico di aumento del credito), e questo principio nasce dalla crescente frustrazione del governo inglese, che negli ultimi mesi ha duramente criticato le banche per non aver aumentato il credito anche dopo aver ricevuto una linea di credito e 37 miliardi di sterline di nuovo capitale, durante il salvataggio dello scorso autunno che ha portato alla nazionalizzazione di Royal Bank of Scotland ed all’assunzione di robuste partecipazioni nel Lloyds Banking Group, che aveva acquisito HBOS.

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Nessun carabiniere a Gaza

di Andrea Gilli

Con l’avvicinarsi di una soluzione, parziale, alla battaglia in corso a Gaza, i politici italiani vedono già una nuova ghiotta opportunità per dimostrare ai loro pari stranieri l’impegno internazionale del nostro Paese e, all’interno dei nostri confini, la presunta rilevanza dell’Italia nelle questioni internazionali. Il modo è sempre lo stesso – una nuova missione all’estero. Anche in questo caso, come in passato, ci sono tutte le ragioni per opporsi.

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Perché Israele sta vincendo militarmente

di Andrea Gilli

Nel corso dell’operazione militare Cast Lead che ha visto, e ancora vede (seppure presumibilmente per pochi giorni) l’esercito israeliano impegnato a Gaza, in molti hanno sollevato perplessità sulle reali chance di successo di Israele. Soprattutto, a molti è tornato facile fare paragoni con la guerra contro Hizbullah del 2006 dalla quale Israele uscì fondamentalmente sconfitto militarmente.

In contrasto con gran parte delle attese, l’operazione si sta rivelando un successo militare. Cerchiamo dunque di spiegarne le ragioni.

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