di Andrea e Mauro Gilli – Strade
Una delle più importanti questioni contemporanee riguarda la capacità dell’Islam di modernizzarsi, dove per Islam non si intendono soltanto i Paesi musulmani ma anche – se non soprattutto – le loro popolazioni, i loro valori, e le loro strutture sociali.
Il mondo islamico è caratterizzato da enormi sfaccettature al suo interno, in quanto si estende su un’area estremamente vasta che va dal Marocco nel Nord Africa all’Indonesia nel sud-est Asiatico, con diramazioni sia settentrionali, come nei Balcani, nel Caucaso, e nell’Asia Centrale, che meridionali, quali la Nigeria o il Sudan. Ciononostante, gli ultimi 15 anni hanno visto un generale stallo dal punto di vista socio-politico di questo eterogeneo blocco di Paesi e, in alcuni casi, addirittura un poderoso arretramento su questi fronti: in Stati quali l’Arabia Saudita o il Pakistan è difficile constatare dei significativi passi avanti verso democrazia e diritti umani; il terrorismo si è espanso anche ad aree dove prima era assente come la Tunisia; e infine il fondamentalismo e l’integralismo si sono allargati in zone in precedenza laiche e moderate, quali l’Egitto, la Turchia o la Siria.
Come spiegare questa transizione e, più in generale, la decennale arretratezza socio-politica dei Paesi musulmani? Nell’articolo cerchiamo di ragionare brevemente sulle cause di questo “fallimento”, pur consci che il quadro generale che cercheremo di trarre non rende giustizia delle singole peculiarità e differenze che esistono tra i vari Paesi islamici. Questo intervento per Strade è dunque uno spunto, che in futuro ci ripromettiamo di approfondire in modo più analitico.
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