Troppi entusiasmi per i dati sui consumi
di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
I primi dati congiunturali relativi al periodo post referendum sulla Brexit hanno suscitato stupore e commenti entusiastici da parte dei sostenitori dell’uscita del Regno Unito dalla Ue. Il mini boom delle vendite al dettaglio di luglio, cresciute in volume dell’1,4% su giugno, ha fatto gridare all’improbabile miracolo, secondo l’abitudine a fare di un singolo dato una tendenza consolidata. Al rimbalzo dei consumi di luglio ha contribuito il forte deprezzamento della sterlina, che ha stimolato gli acquisti di non residenti al punto da produrre una crescita annua del 13% delle vendite di orologi svizzeri in Regno Unito.
Ma sulle vendite al dettaglio del mese ha poi verosimilmente inciso anche la normalizzazione delle condizioni meteo, dopo un mese di giugno segnato da forte maltempo che ha portato alcuni analisti a chiedersi se fosse questa e non l’incertezza per la Brexit la causa della contrazione delle vendite al dettaglio nel mese del referendum. La realtà è che è possibile che il Regno Unito possa godere ancora per qualche tempo di uno slancio favorevole, indotto dal massivo stimolo monetario iniettato pressoché immediatamente dalla Bank of England, con taglio dei tassi, ripresa dell’easing quantitativo, esteso anche alle obbligazioni societarie, fornitura di nuova liquidità alle banche e la comunicazione al mercato di una posizione di politica monetaria molto aggressiva nel contrasto all’aumento di incertezza post referendum.
Il vistoso deprezzamento della sterlina è giunto a correggere precedenti condizioni di sopravvalutazione reale piuttosto marcata, e sta spingendo gli ordinativi delle imprese manifatturiere britanniche orientate all’export. Gli esiti non saranno univocamente positivi: l’impatto di un cambio molto più debole peserà sui costi delle imprese che importano fattori produttivi, condizionandone la redditività. Nel frattempo, la spinta fornita dallo stimolo monetario e da una legge di bilancio 2017 che si attende espansiva, forniranno un puntello alla congiuntura.
Inferire da ciò che “la Brexit è stata un successo” significa però avere problemi non lievi con la realtà. La Brexit semplicemente non è ancora avvenuta: l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, assumendo che il parlamento britannico voti senza sorprese, pare destinata a slittare a dopo gli appuntamenti elettorali francese e tedesco. Da quel momento, inizieranno estenuanti negoziati con la Ue. A medio termine, l’indebolimento della sterlina è inoltre destinato a pesare sui redditi reali britannici, esattamente come accaduto dopo la Grande Recessione: tra fine 2007 e fine 2015, infatti, il salario reale dopo le imposte della famiglia mediana britannica è caduto del 10%. E il risultato sarebbe stato molto peggiore se i pensionati non godessero di un controverso e costoso sistema di indicizzazione che garantisce un aumento minimo del 2,5% annuo della pensione pubblica. Niente “miracolo Brexit”, quindi. E niente Brexit, per ora.
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