Argentina, la lunga e dolorosa uscita dal populismo economico

di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano

A nove mesi dall’insediamento, il governo del presidente argentino Mauricio Macri sta faticosamente tentando di ristrutturare un’economia prostrata da lunghi anni di errori ed orrori di Cristina Fernandez de Kirchner. Tra le prime mosse, Macri ha lasciato fluttuare il cambio del peso, che era irrealisticamente sopravvalutato ed aveva prosciugato le riserve valutarie del paese. Per recuperare preziosi dollari, Macri ha poi eliminato quasi totalmente le imposte sulle esportazioni, ponendo fine alla pratica difensiva degli agricoltori, che immagazzinavano la produzione in attesa di tempi migliori, dato il cambio troppo elevato.

Successivamente, Macri ha negoziato un accordo con i creditori internazionali che esigevano il rimborso delle obbligazioni argentine andate in default nel 2001, opponendosi alle precedenti transazioni. Ciò ha consentito al paese sudamericano di tornare ad accedere ai mercati internazionali dei capitali ed emettere obbligazioni in valuta, visto anche il forte appetito degli investitori globali per gli elevati rendimenti. In seguito, Macri ha rifondato l’ufficio statistico nazionale, che la Kirchner aveva trasformato in una grottesca agenzia propagandistica governativa, con manipolazione sistematica dei dati di inflazione e crescita, al punto che il Fondo Monetario Internazionale era giunto a minacciare l’espulsione del paese sudamericano dal proprio consesso.

L’altra pesante distorsione dell’economia kirchnerista, i sussidi energetici, giunti a pesare per il 12,3% della spesa pubblica, il 3% del Pil, ha imposto a Macri di aumentare fortemente la bolletta degli argentini, sestuplicando i prezzi dell’elettricità e quadruplicando quelli del gas naturale, per contribuire a porre fine alla disastrosa pratica di stampare moneta per finanziare il deficit. La manovra ha prodotto, come logico attendersi, forti tensioni sociali ed è stata per ora bloccata dalla corte costituzionale con la motivazione che il governo non ha effettuato la necessaria pubblica consultazione prima di procedere agli aumenti. In conseguenza del deprezzamento della moneta e del taglio ai sussidi, l’inflazione ha subito una forte accelerazione, costringendo Macri a mantenere ed ampliare misure popolari quali il “carrello della spesa” a prezzo controllato.

Per il presidente, che sta affrontando una difficile transizione, è prioritario far tornare ad affluire capitali internazionali nel paese, per colmare il buco di investimenti scavato negli anni della Kirchner ma la transizione sarà, come previsto e prevedibile, molto dolorosa per la popolazione. Tra voci di “attenzione” del papa argentino Jorge Mario Bergoglio alla situazione sociale del paese, un’opposizione peronista che controlla il parlamento ed un potere giudiziario che non appare amichevole, Macri continua la sua difficile traversata nel deserto. Che tuttavia non ha alternative, vista la devastazione prodotta da lunghi anni di populismo peronista.


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