Trattare con le dittature (?)

di Andrea Gilli

Negli ultimi anni, i mass media hanno ripetuto con una certa costanza il refrainnon si tratta con le dittature”. La logica, più o meno corroborata e adottata dalla tesi (non teoria!) della pace democratica vorrebbe che le democrazie non si abbassino a dialogare con le dittature. La ragione, sic et simpliciter, sarebbe che non si può dialogare e sedersi al tavolo dei negoziati con chi non rispetta istanze democratiche e diritti umani.

In questo articolo proviamo brevemente a ragionare su questa impostazione logica.

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Alcune riflessioni sull’Iran

di Andrea Gilli

Dopo diversi giorni di scontri, violenze, dichiarazioni e ultimatum, è ancora presto per fare un bilancio di quanto sta accadendo in Iran. Possiamo, però, sottolineare i dati che sono emersi, e quelli che non sono emersi, nell’ultima settimana e provare a valutarli.

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Come e perché in Italia anche la crisi è un’anomalia

di Mario Seminerio –  © Liberal Quotidiano

L’evoluzione della crisi economica mostra alcune caratteristiche ormai ben definite. In particolare l’esplosione di deficit e debito pubblici, causata dalle misure di stimolo adottate dai governi ma anche dal crollo delle entrate fiscali indotto dal vuoto prodottosi nei livelli di attività economica. E’ l’effetto dell’ormai noto “paradosso del risparmio”, quello per cui famiglie ed imprese tentano contemporaneamente di ripagare il debito, e ciò crea il crollo della domanda, che a sua volta determina la riduzione dell’occupazione, che riduce il reddito, che contrae ulteriormente la domanda, in un infernale circolo vizioso. I paesi stanno affrontando questo fenomeno in modo differenziato: gli Stati Uniti, il Regno Unito ed il Giappone attraverso un forte aumento della spesa pubblica che include l’attivazione di misure di sostegno ai redditi; i paesi dell’Unione europea in ordine sparso e con intensità dello stimolo insufficiente, sul piano qualitativo e quantitativo. Riguardo il primo aspetto, si pensi all’assenza di coordinamento tra paesi in surplus commerciale, cioè che hanno un modello di sviluppo basato sull’export, e quelli in deficit (cioè che hanno basato in prevalenza la propria crescita sui consumi), e che determina il proliferare di interventi nazionali frammentati e del tutto insufficienti, che depotenziano uno stimolo che spesso è disegnato per attivarsi in modo tardivo rispetto alla congiuntura.

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La flat tax di Schwarzenegger

di Mario Seminerio

Cresce il numero di stati dell’Unione costretti a mettere le mani nelle tasche dei contribuenti per tentare di frenare l’emorragia delle casse pubbliche. Di fronte a buchi di bilancio che stanno diventando voragini, dall’inizio dell’anno sono 23 gli stati che hanno aumentato le tasse, ed altri 13 stanno considerando l’opzione in vista dell’approvazione del bilancio 2009-2010. Nella maggior parte dei casi questi inasprimenti d’imposta sono complementari a tagli dei servizi pubblici. Gli aumenti interessano le imposte sul reddito, sulle vendite e sulle imprese e prendono di mira un po’ tutto, dalle slot machines alle targhe personalizzate delle auto, ai pernottamenti in albergo (settore peraltro già in grave crisi), ad alcolici e tabacco.

Ma questo potrebbe essere solo l’inizio, visto che è pressoché certo che il deficit da colmare risulterà ben maggiore rispetto alle stime: ben 37 stati, secondo un sondaggio del Wall Street Journal, hanno visto cali del gettito fiscale superiori a quanto preventivato nel primo trimestre del 2009. L’inasprimento fiscale, che pare ineluttabile, finirà con il contrastare l’effetto espansivo del pacchetto di stimolo federale, ed aggraverà la recessione e la disoccupazione, che in molti stati ha già raggiunto picchi storici.

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Iran: Purtroppo non li possiamo aiutare. Risposta a Henry-Levy

di Mauro Gilli

Con le elezioni in Iran, si è tornato a parlare di un dilemma a cui l’Occidente si trova spesso di fronte: aiutare i popoli oppressi a liberarsi dai loro oppressori, oppure rimanere impassibili di fronte alla tragedia? Secondo Bernard Henry-Levy, l’Occidente avrebbe l’obbligo di prestare soccorso (Corriere della Sera, 16 giugno). Simili considerazioni sono state espresse nelle scorse settimane relativamente al popolo cinese, in concomitanza con il ventesimo anniversario della strage di Tienanmen. La questione, anche se è stata sollevata relativamente all’Iran o alla Cina, si presta a generalizzazioni e ad una discussione più ampia.

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Truppe aggiuntive in Afghanistan? No, grazie.

di Mauro Gilli

Secondo alcune indiscrezioni del Corriere della Sera, il Presidente del Consiglio si appresterebbe a raccogliere la richiesta americana rivolta agli alleati europei di aumentare le truppe in Afghanistan. Purtroppo, tale scelta sembra ripercorrere una tradizione tutta italiana che va sin dal nostro risorgimento, quando con la missione in Crimea guidata da Lamarmora, Cavour tentò di raccogliere il sostegno degli alleati europei per la causa italiana.

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Iran, istruzioni per il lettore

di Andrea Gilli

L’articolo sulle elezioni in Iran pubblicato su Epistemes venerdì scorso ha scatenato una valanga di commenti che ci sono giunti sia sul sito, che sull’email, che via Facebook, senza contare quelli apparsi qui e là su internet. Rispondiamo brevemente alle varie critiche, chiarendo (in realtà ribadendo) quanto abbiamo scritto venerdì.

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La politica estera italiana – un anno dopo

di Andrea e Mauro Gilli

Un anno fa, all’indomani delle elezioni politiche nel nostro paese, Epistemes, insieme ai Riformatori Liberali e a l’Opinione, organizzò una conferenza sul futuro della politica estera italiana. Insieme a noi, tra gli altri, parteciparono l’onorevole Benedetto Della Vedova, il senatore Marco Perduca, l’ex-parlamentare Marco Taradash, il dirigente dei riformatori liberali Carmelo Palma, e il dirittore dell’Opinione Arturo Diaconale. La nostra posizione – contrapposta a quella degli altri relatori – era che la politica estera italiana sarebbe stata contraddistinta, durante il nuovo corso berlusconiano, da cinismo e pragmatismo.

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