di Mario Seminerio
In un elegante edificio parigino del Diciottesimo secolo, 169 dipendenti del defunto ufficio governativo per la pianificazione continuano a produrre rapporti su previdenza sociale ed energia, duplicando le analisi elaborate da altre agenzie governative. Quell’ufficio, creato per elaborare sovietizzanti piani quinquennali prima dell’interruzione di quella pratica, negli anni Novanta, esemplifica gli eccessi statalisti che il neo-presidente francese dovrà tentare di rimuovere. Perché in Francia, terra di antiche ispirazioni rivoluzionarie, ogni tentativo di riformare la pubblica amministrazione suscita sollevazioni popolari e proteste di strada, costringendo il governo di turno a battere in ritirata, sia pure solennemente, come si conviene allo stile del paese. La spesa pubblica francese, al 54 per cento del prodotto interno lordo, è ai massimi di tutte le maggiori economie. Secondo l’Ocse i pubblici dipendenti francesi, ministeriali o di imprese pubbliche, nel 2004 costituivano il 23 per cento del totale degli occupati, contro la media del 14 per cento degli altri 30 paesi membri dell’Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione economica.