Ancora sui tagli alla difesa

di Andrea Gilli

James Hasik ha scritto un interessante post su dove e come tagliare il bilancio della difesa (USA). Sono d’accordo e le stesse considerazioni valgono, forse ancora di più, in Europa.

In breve, non è tagliando qualche programma militare che si risolve la crisi di bilancio (senza contare che, a differenza degli USA, in nessun Paese europeo la difesa pesa così tanto come in America [sulla spesa federale]). Il problema vero è la “sovra-struttura” burocratica.

L’ho scritto nella lettera pubblicata sul Foglio: il 70% di quello che spendiamo va in pensioni e stipendi. Questa è la parte dove bisogna mettere mano alle forbici.

In questi giorni l’Austria, per esempio, ha usato l’ascia e ha tagliato drammaticamente la sua struttura burocratica all’interno della Difesa. This is the way to go. Stando al Ministero austriaco, la struttura dell’esercito austriaco è adeguata per 300.000 effettivi (come durante la Guerra Fredda). Il problema è che l’esercito austriaco conta solo 100.000 soldati. Hasik riporta dati analoghi sugli USA, guardando però anche ai civili.

Questi problemi affliggono anche gli altri Paesi europei.

Purtroppo, politicamente scelte come quella austriaca sono difficili. Il pubblico impiego è protetto e sindacalizzato senza contare che, per molti, una fuori-uscita dal comparto statale significherebbe disoccupazione o pensione anticipata (molte professionalità possono difficilmente trovare uno sbocco nel settore privato). Nel primo caso le pressioni politiche per desistere sarebbero enormi. Nel secondo caso, il problema di bilancio non verrebbe intaccato, ma cambierebbe semplicemente la sua natura.

Taluni vedono nell’Europa una soluzione (come il Sen. Perduca). Integrando e cooperando, si possono ottenere i risparmi necessari. Tempo permettendo, ci tornerò nelle prossime settimane. Non sono ottimista, per usare un eufemismo.

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