Meglio un’Europa leggera della Repubblica Europea

di Francesco Giumelli 

L’Europa è un animale ibrido, con elementi di stato nazionale di organizzazione sopranazionale. Ogni stato ha due strumenti per regolare i propri conti: da un lato, impone le tasse e, dall’altro, è in grado di stampare più moneta o, alzando i tassi di interesse, togliere moneta dal mercato. In gergo, la prima è la politica fiscale e la seconda è la politica monetaria.

Con il Trattato di Maastricht, i paesi dell’Unione Europea hanno deciso di derogare la propria politica monetaria alla Banca Centrale Europea ed hanno mantenuto la prerogativa sulla propria politica fiscale. Il carattere ibrido dell’Unione Europea tiene aperto il dibattito su quale sia il modello di integrazione da adottare: da un lato, si sostiene che la politica fiscale nazionale è un limite al successo dell’Unione, mentre dall’altro, si ritiene che sia meglio lasciare la politica fiscale ai governi e prediligere un’Unione più “leggera.”

Il problema viene affrontato di Stefan Collignon sull’ultimo numero di International Political Science Review con un’astrazione dalla realtà che fa riflettere sulle reali possibilità di una maggiore integrazione europea, quantomeno nel breve periodo. Il problema che Collignon affronta è quello di trovare una fonte di legittimità alla creazione di una politica fiscale comunitaria. Secondo lui, è il carattere ibrido dell’Unione Europea che non le permette di raggiungere la piena efficienza, per questa ragione è necessario dotare la UE di risorse per realizzare le funzioni allocative, di stabilizzazione e di redistribuzione che caratterizzano una politica nazionale. In sostanza, l’Unione Europea deve avere una capacità fiscale per creare beni pubblici per gli stati membri e per farlo ha tre opzioni.

La prima è quella sostenuta da Blair, ovvero un’integrazione funzionale di problem-solving. In questa visione, l’Unione Europea sarebbe più un’organizzazione sovra nazionale in grado di coordinare gli stati membri per raggiungere un’allocazione efficiente delle risorse e risolvere i problemi di coordinamento. In questo modo, l’Unione Europea sarebbe legittimata ad avere un propria politica fiscale perché giustificata dai beni pubblici prodotti che si basano sull’integrazione funzionale. Questa integrazione non è centrata sui valori, ma sulle funzioni.

Antitetica alla prima è la seconda tipologia di integrazione basata sui valori comuni. Gli stati membri delegano la politica fiscale all’Unione Europea per spirito di solidarietà verso gli altri stati perchè visti come europei, e non come altre nazioni costruite su altre identità. La concezione comunitaria è rappresentata bene dall’idea degli Stati Uniti d’Europa. Tuttavia, questa concezione, dicono gli euroscettici alla Habermas, è minata da quello che il filosofo tedesco chiama “the living world” (Il mondo vivente) che è sempre là fuori e con il quale l’integrazione deve fare i conti: la legittimità che si da alle appartenenze primordiali, ovvero agli stati nazionali. Sembra ci sia un trade-off fra efficienza e legittimità in Europa. Con il primo modello, si aumenta la centralizzazione delle risorse, ma manca la legittimità. L’approccio comunitario vede la decentralizzazione come la soluzione del problema della legittimità, ma il principio di sussidiarietà aumenta i problemi dell’azione collettiva. Fino a questo punto, Collignon si è limitato a descrivere il dilemma come lo conosciamo oggi. Ma qual è la sua soluzione?

Collignon parla della terza opzione, quella che preferisce, e che definisce the European Republic Approach. Secondo lui, la soluzione è quella di favorire l’omogeizzazione delle preferenze nazionali attraverso processi deliberativi, partecipativi e democratici. La soluzione è quella di creare un governo europeo eletto dal popolo che sia in grado, grazie a maggiori poteri, di gestire una politica fiscale centralizzata e produrre beni pubblici per tutti. In breve, gli integrazionisti, e Collignon è uno di essi, sostengono che per risolvere tutti gli attriti che rallentano il processo di integrazione dell’Unione Europea è… sufficiente superare tutti gli attriti. Senza spiegare come, Collignon e con lui gli integrazionisti, cercano di spiegarci che si può eleggere un governo europeo, si può creare una politica fiscale comune, e magari anche un esercito comune ed una politica estera comune solo dando la parola ai cittadini e, attraverso processi deliberativi, creare una Repubblica Europea. Purtroppo gli integrazionisti propogono una soluzione che presuppone il superamento del problema. Inoltre, l’attivazione di processi deliberativi in Europa possono anche contribuire allo sfaldamento dell’Unione proprio come dimostrato dalla bocciatura di Francia e Olanda del Trattato Costituzionale. Sarebbe meglio privilegiare un integrazione leggera e funzionale alla Sarkozy e alla Blair, che un’integrazione repubblicana fatiscente che pretende di superare in un sol colpo secoli di storia conflittuale.

Approfondimenti

Desmond Dinan, Europe Recast: A History of European Union, Lynne Rienner Publishers, 2004.

Larry Neal, The Economics of Europe and the European Union, Cambridge University Press, 2007.

Michael Newman, Catherine Hoskyns, Democratizing the European Union: Issues for the Twenty-First Century, Transaction Publishers, 2007.

Roy H. Ginsberg, Demystifying the European Union: The Enduring Logic of Regional Integration, Rowman & Littlefield Publishers, Inc., 2007.

Stefan Collignon, “The Three Sources of Legitimacy for European Fiscal Policy,” International Political Science Review, Vol. 28, no.2, 2007.

Stefano Bartolini, Restructuring Europe: Centre Formation, System Building, and Political Structuring between the Nation State and the European Union, Oxford University Press, USA, 2005.

T.R. Reid, The United States of Europe: The New Superpower and the End of American Supremacy, Penguin, 2005.

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Francesco Giumelli (1980, Pontremoli, MS) si è laureato in Scienze Politiche all’Università di Bologna presentando una tesi sui Neoconservatori e la Politica Estera Americana (2004); ha ottenuto un Master in Relazioni Internazionali alla Suffolk University di Boston (2005) e frequenta il secondo anno del dottorato in Scienza della Politica all’Istituto Italiano di Scienze Umane presso l’Università di Firenze. Si occupa di sanzioni internazionali, politica estera e risoluzione dei conflitti dopo la fine della Guerra Fredda. Ha svolto studi presso la Sussex University, Brighton, UK, la Boston University, Boston, MA, USA. Ha lavorato presso l’Ambasciata Italiana a Tel Aviv e la Brown University e attualmente si trova al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, Stati Uniti. E’ titolare del blog di politica internazionale Tucidide, sul quale inzialmente e’ stato pubblicato questo articolo.

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