Un mercato legale di organi: risolvere il problema dell’eccesso di domanda incentivando l’offerta

di Pierangelo De Pace 

Nel 1984, attraverso l’approvazione del National Organ Transplantation Act, il Congresso degli Stati Uniti d’America ha reso illegale la pratica di ricevere denaro o beni di valore in cambio di organi, i quali possono quindi essere solo ed esclusivamente donati da vivi, se il trapianto non pone pregiudizio per la vita del donatore; o da defunti, nel caso tale volontà sia stata manifestata apertamente prima della morte o per decisione dei familiari più stretti. Da qualche mese a questa parte, tuttavia, la proposta di legalizzare un vero e proprio mercato di organi destinati ad essere trapiantati, con tanto di pagamenti monetari, sembra essere tornata di stretta attualità.

Il primo ad aver lanciato nuovamente l’idea, rompendo un tabù come pochi altri che durava ormai da almeno un paio di decenni, è stato il Nobel per l’Economia Gary Becker. Anche The New York Times e  The Wall Street Journal hanno deciso di aprire una campagna apposita affinchè la gente torni a valutare con attenzione l’opportunità che sia consentito vendere una parte del proprio corpo.

Su The Wall Street Journal, ad esempio, il professore della University of Chicago Richard Epstein sostiene che i dubbi etici vadano accantonati davanti alle lunghissime liste d’attesa a cui occorre iscriversi per accedere a un trapianto (nel 2005, negli Usa, solo 16 mila dei 70 mila americani in lista d’attesa hanno ottenuto un trapianto di reni). Per risolvere il problema potrebbe essere accettabile rischiare di perdere i donatori disinteressati e, allo stesso tempo, creare ulteriori opportunità economiche per le fasce più povere della popolazione. Le quali, di fronte alla possibilità di lauti e commisurati compensi, potrebbero essere spinte a diventare la principale fonte di organi da trapianto. Tra le altre cose, Epstein afferma che solo un esperto di bioetica può preferire un mondo con mille altruisti che donano un organo e 6.500 morti per mancanza di un sufficiente numero di persone altruiste, a un mondo nel quale non ci sono altruisti e non ci sono decessi per mancanza di organi.

Anche un giornale progressista come The New York Times, pur con un approccio più morbido, si accoda e accetta di porre la questione di un’eventuale legalizzazione di un mercato del genere all’attenzione dei propri lettori. La studiosa Sally Satel, tra le altre cose, parla della creazione di un “mercato regolato” degli organi per ovviare al problema delle liste di attesa. Secondo la Satel, a via più opportuna potrebbe essere quella di offrire non denaro ma assistenza sanitaria gratuita, il finanziamento di una buona scuola per i figli e un’assicurazione sulla vita per chi offre sul mercato, ad esempio, i propri reni.

Una prima breccia sembra quindi essere stata aperta di fronte ad un argomento che rimane comunque un serio tabù etico. Come già brevemente sottolineato, l’attuale legislazione statunitense permette esclusivamente che gli organi siano donati e ne vieta categoricamente la vendita. Non ci si deve, dunque, meravigliare se aspettare la donazione di un rene, magari da parte di una persona appena deceduta, sia diventata una vera e propria lotteria. Generalmente, occorre attendere, senza alcuna garanzia, fino ad otto anni prima che un organo adatto sia reso disponibile; nel frattempo, anche sotto dialisi, i reni già malati delle persone in aspettativa di trapianto continuano ad usurarsi così rapidamente che un tempo così lungo potrebbe risultare fatale. Le statistiche riportano che una media di undici persone bisognose di un trapianto di reni muoiono ogni giorno nei soli Stati Uniti. Ecco allora che la disperazione porta alla creazione ed alla diffusione di appelli e di siti specializzati attraverso il web; disperazione che in molti casi spinge i malati ed i propri familiari a rivolgersi all’estero, molto spesso sui mercati neri della Cina, nei quali sembra sia possibile ottenere abbastanza facilmente reni ed altri organi per trapianti. Molti di questi organi sembrerebbero provenire da prigionieri politici giustiziati.

Oggi, circa 70 mila americani sono in attesa di un rene proveniente da un donatore postumo. L’anno passato, solo 16 mila pazienti sono riusciti ad ottenere il trapianto. Circa la metà delle donazioni effettute sono avvenute post mortem; l’altra metà da donatori vivi. Nel frattempo, oltre 4 mila persone sono decedute nell’attesa di un trapianto. Si calcola che nel 2010 l’attesa media prima di un trapianto sarà di dieci anni, ben al di là del tempo medio di sopravvivenza per un individuo in dialisi. Nonostante decenni di campagne informative e di sensibilizzazione, il numero dei donatori registrati è esiguo, insufficiente rispetto alle esigenze dell’intera popolazione americana. Tra l’altro, anche nel caso di donatori regolarmente registrati, a decesso avvenuto non è sempre possibile procedere con una donazione e quindi con un trapianto per motivi inerenti allo stato di salute e di conservazione dell’organo in questione.

La situazione, così come descritta dalle statistiche, non fa altro che sottolineare il chiaro fallimento dell’attuale legislazione americana in materia: la speranza non ben riposta nella forza dell’altruismo ha senza ombra di dubbio prodotto risultati a dir poco desolanti. Continuare a sperare che le cose cambino, che inaspettatamente il  numero di coloro disposti a cedere un proprio organo in cambio di nulla, è soltanto una pia illusione. Un prezzo pari a zero (ovvero il prezzo di un qualsiasi organo trapiantabile imposto dalle attuali direttive pubbliche americane) non può far altro che determinare un equilibrio in cui domanda ed offerta non si incontrano, un equilibrio in cui, specifacamente, l’offerta non è commisurata alla domanda.

Purtroppo, l’idea che debba essere sempre e soltanto l’istinto altruistico a guidare la scelta di offrire un proprio organo è diffusa non soltanto negli ambienti burocratici di coloro che devono gestire le liste d’attesa, ma anche in quelli più propriamente accademici (si pensi ad esempio a Richard M. Titmuss, professore di Social Administration presso la London School of Economics). Paradossalmente, il solo pensiero di poter stabilire un prezzo positivo per l’acquisto di un organo sembra essere di gran lunga più disdicevole ed immorale che lasciare morire un ammalato con l’attuale sistema, senza che si possa fare oggettivamente nulla per salvargli la vita.

Tra le tante altre cose occorre precisare che, nel caso di un trapianto di reni, i rischi di breve periodo per un donatore (o potenziale venditore) sono minimi, non più alti di quelli associati alla procedura anestetizzante ed all’intervento chirurgico in sè, quantificabili (secondo alcune stime) con una probabilità di morte pari a circa lo 0.03%. Anche i rischi di lungo periodo sembrano essere ragionevoli: recenti studi hanno dimostrato che i tassi di mortalità tra coloro che hanno donato un rene non sono significativamente differenti da quelli riscontrabili nel resto della popolazione.

Una possibile ed ovvia soluzione al problema della carenza di organi da trapianto fin qui esposto è data dalla creazione di un mercato di organi che funzioni parallelamente all’attuale sistema di donazioni. La coesistenza dei due sistemi permetterebbe ad operatori, medici e pazienti di svincolarsi dal punto di vista etico rivolgendosi a quel segmento di offerta più compatibile con le proprie convinzioni morali. Il miglioramento paretiano che ne deriverebbe è evidente: maggiore possibilità di scelta (anche sotto il profilo etico) per chiunque si trovi all’interno di questo particolare mercato, maggiore offerta di organi, potenziale diminuzione dei tassi di mortalità tra i pazienti in attesa di trapianto.

Non esistono – almeno, non che io sappia – esempi di mercati di organi legali e funzionanti in epoche passate. Non ci sono prove, dati o elementi che possano far pensare con assoluta certezza che un mercato legale di organi possa davvero incentivarne l’offerta dietro compensi monetari o di altra natura. Un motivo in più per proporne la sperimentazione: nel peggiore dei casi l’offerta non aumenterebbe, ma certamente non diminuirebbe. Data l’incertezza che sovrasta un argomento del genere, un significativo passo in avanti sarebbe comunque rappresentato anche dall’introduzione di meccanismi di mercato regolamentati dall’intervento statale.

Di seguito riporto alcune proposte che sono state fino ad oggi formulate.

Mercato “forward” di organi di persone decedute. Proposto dall’economista Loyd Cohen, prevede che il donatore postumo e futuro sia compensato oggi dallo Stato o dalle compagnie d’assicurazioni con una somma di denaro che lo incentivi ad iscriversi al registro dei donatori. Alternativamente, si potrebbe pensare alla richiesta di registrazione oggi in cambio di una somma di denaro molto più sostanziosa destinata ai familiari nel caso i propri organi siano effettivamente utilizzati per trapianti dopo il decesso. L’effetto di un meccanismo siffatto sarebbe quello di alleviare solo parzialmente i problemi connessi alla carenza di reni (nel caso specifico, è preferibile infatti che i donatori siano vivi), ma potrebbe incidere positivamente ed in maniera molto più marcata sull’offerta di fegati, cuori e polmoni. Si calcola che siano oltre 23 mila gli americani attualmente in attesa di trapianto di uno di questi organi.

Cassa di compensazione centrale. Con questo meccanismo, solo lo Stato o agenzie particolari designate sarebbero autorizzate a comprare dai venditori e distribuire ai malati nelle liste d’attesa gli organi resi disponibili. Come nel sistema corrente, gli organi acquistati sarebbero assegnati al miglior candidato successivo nelle liste d’attesa nazionali. Per la casse statali, il maggior onere dovuto all’acquisto degli organi potrebbe essere compensato dalla conseguente riduzione delle spese mediche correntemente destinate ai pazienti in lista d’attesa. L’incentivo monetario offerto dallo Stato ai venditori potrebbe configurarsi non solo come una immediata somma di denaro, ma anche come credito d’imposta, vitalizio; piano pensionistico dedicato, assistenza sanitaria presente e futura totalmente o parzialmente gratuita; assicurazione medica di altro genere e natura.

Acquirenti multipli. Si potrebbe pensare ad uno schema in cui lo Stato non sia l’unico acquirente degli organi da redistribuire, ma uno dei tanti insieme, per esempio, a compagnie d’assicurazione private e ad associazioni e fondazioni impegnate nella costruzione e diffusione di opere caritatevoli.

Contratti privati. Probabilmente il modo più semplice per avviare un mercato di questo tipo, prima ancora di pensare a meccanismi più complessi per la gestione delle transazioni aventi gli organi come oggetto principale. Cambiando le leggi attuali si potrebbe dare la possibilità a privati e liberi cittadini di accordarsi sui termini del rapporto contrattuale, con la probabile conseguenza che offerta e domanda sarebbero immediatamente più vicine. L’ovvia critica è che un sistema del genere potrebbe risultare poco equo, perchè potenzialmente favorirebbe solo coloro in grado di affrontare le spese per l’acquisto di un organo. Ci si ritroverebbe, tuttavia, in una situazione di miglioramento paretiano in cui qualche fortunato (generalmente, ma non esclusivamente, i più ricchi) potrebbe migliorare la propria situazione e tutti gli altri (forse i più poveri, che comunque resterebbero nelle liste d’attesa nazionali) non subirebbero alcun peggioramento. Anzi, cosa affatto trascurabile, dal momento che chi acquista un organo attraverso contrattazione privata sarebbe rimosso automaticamente dalle liste nazionali, queste finirebbero per accorciarsi considerevolmente provocando una riduzione sostanziale dei tempi d’attesa.

Per evitare, infine, che siano solo i più poveri a diventare venditori di organi e quindi la parte più rilevante dell’offerta in questo tipo di mercato, potrebbero essere escogitati meccanismi incentivanti per i più ricchi applicabili in tutti i casi fin’ora proposti. Un esempio? Promettendo l’esenzione fiscale completa per uno o due anni, si potrebbe indurre anche gli individui più ricchi ad offire un proprio organo.

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