La Bulgaria elegge il presidente della stabilizzazione

di Filippo Salone*

La Bulgaria ha scelto di dare continuità democratica al suo percorso di modernizzazione che nel prossimo gennaio la porterà all’ingresso nell’Ue. E proprio puntando su questa linea guida promossa già nel corso del suo primo mandato Gheorghi Parvanov è stato rieletto con più del 75% delle preferenze Presidente della Repubblica. Forte dello schieramento di area liberal-socialista saldatasi al suo fianco, che è anche coalizione di governo ed espressione dell’attuale primo ministro, Parvanov non ha avuto particolari problemi a battere al ballottaggio il candidato ultranazionalista xenofobo Volen Siderov fermatosi al 24%.

In realtà il Presidente bulgaro aveva distanziato il suo rivale già in occasione del primo turno dove tuttavia non aveva potuto festeggiare la vittoria a causa della bassa affluenza, sulle soglie del 40% dei votanti, decisamente al di sotto del quorum della metà più uno previsto dalla legge elettorale per l’elezione diretta. La scarsa partecipazione al voto per le presidenziali, ribaditasi, seppure in assenza di quorum, nelle stesse percentuali anche nel secondo turno, rimane quindi un dato su cui volgere attenzione.


Se da un lato infatti la scelta di Parvanov rappresenta il logico portato di una stabilizzazione democratica che in Bulgaria, ben superata la transizione post-comunista, viene considerata ormai acquisita, dall’altra parte la diserzione delle urne di più del 50% della popolazione avente diritto e per giunta in un’occasione così solenne come l’elezione della massima carica dello Stato lascia più di una perplessità. Nella spiegazione più immediata ha di certo contribuito a questo dato l’assenza di progetto della destra democratica che ha privato il candidato Nedelcho Beronov, fermatosi al primo turno con meno del 10%, del sostegno unitario della propria coalizione. L’Unione delle Forze Democratiche (UFD) e l’Unione per una Forte Bulgaria (UFB) non hanno infatti raggiunto un’intesa strategica e l’accordo su Beronov, ex presidente della Corte Costituzionale, è risultato tardivo e di compromesso.


Questa empasse ha contribuito al raffreddamento di gran parte dell’elettorato moderato, reso ancora più distaccato dalla contestuale, e speculare nella sua rincorsa allo spazio politico apertosi, candidatura di Volen Siderov. Il leader della formazione nazional-populista Ataka ha del resto promosso una campagna demagogica e di antipolitica, rivendicando fino in fondo le sue posizioni di ostilità verso le minoranze turche e di riflesso verso il partito che ne rappresenta le istanze, Il Movimento per i diritti e le libertà (MDL). Additata da Siderov come simbolo della corruzione e da abolire costituzionalmente, questa formazione, già presente nella coalizione tripartita di governo, di contro si è mobilitata in forze per la rielezione di Parvanov.


Con grande sorpresa dei commentatori e dello stesso Parvanov, tuttavia il candidato populista ha incassato al primo turno, con il 22% delle preferenze, una dose di consenso tale da risultare il secondo votato e quindi ottenere l’accesso al ballottaggio dove malgrado la netta sconfitta ha anche visto crescere di circa tre punti il proprio gradimento.
Dunque si è votato poco e una parte di questo poco ha addirittura scelto di premiare la propaganda fortemente demagogica di Siderov. Un segnale da non sottovalutare per l’alleanza che guida il Paese e che esprime le più alte cariche istituzionali.


Nel cammino verso Bruxelles, seppure avvalorato da un’indubbia continuità di stabilizzazione politica e di sistema, rimangono infatti due nodi cruciali da risolvere. In primo luogo va affrontata la questione della convivenza inter-etnica che prima ancora con la cooptazione politica al governo del partito di minoranza turca deve essere declinata sul piano sociale e dei processi democratici. In seconda battuta infine rispetto al compimento del processo di adesione europea, le istituzioni dovranno perseguire la ricerca di una legittimazione diffusa nel Paese e forme di coinvolgimento dell’intero corpo elettorale. Risulta fondamentale cioè in Bulgaria, come anche in molte altre realtà del nostro continente, risolvere il duplice vulnus, a livello interno e in ambito comunitario, del modello di integrazione. Una difficile sfida che aspetta Parvanov all’inizio del suo secondo mandato presidenziale.

* Filippo Salone (Trapani, 1981) si è laureato presso la LUISS Guido Carli di Roma. Attualmente frequenta un dottorato di ricerca in Storia Politica presso l’Università di Bologna. Collabora con la rivista di politica internazionale “Equilibri”.

L’autore ringrazia Anguel Beremliysky per i preziosi suggerimenti.

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