di Mauro Gilli
Hanno fatto clamore, e suscitato reazioni contrastanti, le parole di Newt Gingrich, che ha definito i Palestinesi “un popolo inventato”. Gingrich ha ragione: il popolo palestinese è inventato, non è un’entità che esiste in natura. Il problema delle sue parole si trova nel fatto che ciò è vero per ogni altro popolo.
Le dichiarazioni di Gingrich avevano un obiettivo molto chiaro. Esse erano intese a sminuire le rivendicazioni nazionali palestinesi. Se i palestinesi sono un popolo inventato – a differenza di tutti gli altri – è chiaro che questi non godano dei diritti che rivendicano. In verità, nessun popolo e nessuna identità nazionale è mai esistita. Si tratta infatti di invenzioni “moderne” (secondo la divisione della storia anglosassone per cui l’età moderna sarebbe quella successiva alla scoperta dell’America).
Le parole di Gingrich si basano invece su un assunto diverso: ossia che tutti gli altri popoli siano entità trascendenti il tempo e lo spazio e che dunque – loro sì – godano diritti naturali su una terra.
Come avevo scritto alcuni mesi fa a proposito dell’Italia, tutti i popoli e le identità nazionali sono stati inventati. Il caso francese – generalmente usato come esempio tipico di “nazione” sempre esistita – è quello più evidente. Come raccontato da Eugene Weber nel suo maestrale Peasants into Frenchment, solo nel 1914 i francesi iniziarono realmente a sentirsi francesi, dopo più di 100 anni dalla nascita dell’idea della nazione, e in particolare dopo più di 40 anni di sforzi crescenti da parte del governo centrale per creare un’identità francese e reprimere quelle locali.
Particolarmente importante a questo fine fu l’uso strumentale delle scuole pubbliche nelle quali, insieme all’alfabetizzazione, fu promossa anche la creazione di una identità nazionale.
Il ruolo centrale giocato dalla diffusione dell’alfabetizzazione è dimostrato dal caso dell’Unione Sovietica. Come spiegato da Keith Darden e Anna Grzymala-Busse, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, in alcuni territori si manifestarono fenomeni identitari e la nascita di partiti nazionalisti, mentre in altri territori ciò non accadde. Secondo i due autori, questa differenza è spiegata dal periodo in cui la popolazione locale iniziò ad alfabetizzarsi.
Nei territori in cui la diffusione dell’alfabetizzazione iniziò prima della creazione dell’Unione Sovietica si diffusero sentimenti nazionalistici – promossi dai Governi locali – che poi vennero tramandati di generazione in generazione all’interno delle famiglie. Mantenutisi nel tempo nonostante la repressione sovietica, questo insieme di valori identitari è venuto poi a manifestarsi una volta che che il regime sovietico venne meno.
Diversamente, i territori in cui la diffusione dell’alfabetizzazione inizò solamente con l’Unione Sovietica non furono mai esposti ad alcun tipo di “tradizione” nazionale, ma solamente alla retorica Sovietica. Con il crollo dell’URSS, non vi erano passati gloriosi da rivendicare.
Queste conclusioni hanno ottenuto ulteriore supporto da uno studio del caso catalano: l’autrice, Lala Balcells y Ventura, ha dimostrato infatti come la differenza nell’importanza dell’identità locale tra la Catalogna Francese e quella Spagnoala (molto più marcata in quest’ultima) sia attribuibile, anche in questo caso, al periodo in cui si diffuse l’alfabetismo.
Gli esempi citati – e se ne potrebbero portare molti altri – supportano l’argomento centrale di questo articolo: tutti i popoli sono stati inventati. Per questo motivo, Gingrich non ha detto nulla di sbagliato. Il problema, però, è che ciò è vero per ogni popolo.
Ciò può non fare piacere a molti che credono di appartenere ad un popolo unico, portatore di valori da preservare che hanno permesso ad esso di ottenere vittorie e trionfi, ma così stanno le cose.
La diffusione del nazionalismo è stata infatti una scelta strumentale usata dalle élite nel diciannovesimo e ventesimo secolo per diminuire la resistenza alle imposizioni delle stato centrale (evasione delle tasse, del servizio di leva, diserzione in battaglia, etc.). La diffusione del nazionalismo si è infatti basata sulla rivendicazione di passati mistici (la continuità tra l’Antica Grecia e la Grecia negli anni ’20 del 1800) , di simboli nazionali (il Lincoln Memorial), eroi disposti al sacrificio per la nazione (Giovanna D’Arco), battaglie mitiche (la battaglia del Kosovo del 1389). Ciò è stato possibile grazie ad intellettuali “organici” (De Amicis) e apparati centrali (il ministero dell’educazione e quello dell’interno) che hanno giocato un ruolo chiave nel diffondere la convinzione di una nazione sempre esistita, anche sotto la repressione di forze straniere.
Da quanto scritto si arriva ad una conclusione fondamentale. Per molti conflitti in corso, e soprattutto per quello Israelo-Palestinese, è fondamentale mettere da parte rivendicazioni storiche di ogni tipo e concentrarsi invece sui problemi effettivi che impediscono il raggiungimento di un accordo. Infatti, queste rivendicazioni non hanno nessun tipo di valore storico. Al contrario, rischiano solo di rendere un conflitto più difficile da risolvere. Quando più parti rivendicano un diritto su un dato territorio, esiste infatti un incentivo strategico ad esagerare, rendendo così il conflitto irrisolvibile.
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