di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
Contrariamente alle aspettative del mercato, venerdì scorso la banca centrale giapponese ha deciso di non aumentare la già straordinaria espansione monetaria in essere da circa tre anni, e che è parte della strategia nota come Abenomics, che prevedeva anche stimoli fiscali e riforme economiche dal lato dell’offerta, sui mercati dei prodotti e del lavoro. Il governatore Kuroda ha invece annunciato un aumento degli acquisti di Etf (strumenti legati a indici azionari), che passeranno da 3.300 a 6.000 miliardi di yen all’anno, pari al cambio attuale a poco più di 50 miliardi di euro.
Nei giorni precedenti, la visita a Kuroda dell’ex presidente della Fed, Ben Bernanke, aveva scatenato le fantasie del mercato. Essendo Bernanke storico studioso della deflazione giapponese, si argomentava non senza fantasticare, l’incontro tra i due banchieri centrali poteva essere propedeutico all’annuncio del ricorso da parte della banca centrale giapponese al mitologico “helicopter money”, cioè al finanziamento monetario del deficit pubblico, da attuare mediante acquisto di titoli perpetui senza cedola emessi dal Tesoro giapponese. Le colonne d’Ercole della politica monetaria che diventa fiscale, in pratica. Oppure la deriva sudamericana di una grande potenza economica al declino.
Per ora, nulla di ciò accadrà: Kuroda ha annunciato per settembre la “revisione” della politica monetaria e degli effetti dei tassi negativi applicati a parte delle riserve bancarie detenute presso la banca centrale, misura che a gennaio ha scioccato i mercati globali, concorrendo alla loro successiva rovinosa caduta. Ora si attende dal premier Shinzo Abe l’annuncio di un pacchetto di espansione fiscale, che dovrebbe essere di 28 mila miliardi di yen, parte del quale frutto di reimpacchettamenti di spesa esistente.
Nel frattempo, la deflazione persiste cocciutamente, anche se al netto di alimentari ed energia i prezzi crescono di circa mezzo punto percentuale su base tendenziale. Le riforme strutturali dal lato dell’offerta sono state minime: tra esse, l’aumento di partecipazione femminile ad un mercato del lavoro che peraltro resta fortemente duale, con un nucleo di insider protetti ed un’ampia fascia di outsider (precari) che danno flessibilità al sistema. Su questi ultimi, oltre che sui pensionati e sulle piccole e medie imprese terziste ed importatrici, si è abbattuta la fugace fiammata inflazionistica causata dal forte deprezzamento del cambio della prima fase dell’Abenomics, causando non pochi problemi e deprimendo la fiducia di imprese e famiglie.
Il problema del Giappone resta la sua demografia: la popolazione sta diminuendo, il trend prenderà velocità nei prossimi anni, in assenza di apertura all’immigrazione. Per questo motivo il profilo di crescita tenderà ad indebolirsi ulteriormente. Ecco perché serviranno interventi periodici per ridurre in proporzione l’onere del debito pubblico senza causare crisi di fiducia nella moneta, anche se nessuno ancora lo dice esplicitamente.
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