di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
Promette troppi miracoli, coperture finanziarie non realistiche
Il disegno di legge del M5S sul reddito di cittadinanza rappresenta un tentativo di creare una rete di protezione sociale su base universalistica. In questo senso, non si può che elogiare l’aspirazione. Sfortunatamente, la proposta è minata dalle fondamenta da una serie di contraddizioni ed ingenuità che di essa faranno solo una utopia di bandiera.
Già il “preambolo” ideologico del ddl mostra una comprensione piuttosto approssimativa del funzionamento dell’economia: “Lavoriamo non per far crescere l’indice di produttività, ma per far crescere il benessere, per vivere una vita dignitosa e felice”. Bello. Se non fosse che il tenore di vita di una comunità è indissolubilmente legato alla crescita della produttività. Diverso è il discorso sulla redistribuzione dei frutti della produttività. Scambiare la causa con l’effetto e fare un discorso “anti produttivistico” che odora molto di contestazione del “sistema” dei tempi che furono è piuttosto naif.
La proposta verte sulla erogazione di una integrazione monetaria che permetta ai cittadini di raggiungere un reddito mensile almeno pari al 60% del reddito mediano equivalente familiare, soglia al di sotto della quale si colloca il rischio di povertà secondo l’indicatore della Ue. Oggi, tale reddito mensile è pari a 780 euro per persona singola. Ai nuclei familiari verrebbero applicati dei coefficienti di equivalenza. La contropartita di questa erogazione, per i soggetti in età lavorativa, è data dall’obbligo di “effettuare ricerca attiva del lavoro per due ore giornaliere, frequentare dei percorsi di istruzione, formazione o riqualificazione che gli consentano di passare da un settore produttivo a un altro seguendo le sue competenze, di effettuare non più di 8 ore settimanali di volontariato per aiutare la comunità e di accettare il lavoro proposto dai Centri per l’Impiego”. I cittadini non possono rifiutare più di tre proposte di collocamento giudicate per essi idonee. Siamo all’intersezione tra politiche attive del lavoro e lavori socialmente utili, si direbbe. Colpisce, nell’articolato del ddl, il ruolo pressoché taumaturgico attribuito ai centri per l’impiego ed alle strutture pubbliche di collocamento: si ha l’impressione che il lavoro si possa creare per decreto e che sia affare strettamente “pubblico”, e non dei privati.
Il M5S dichiara orgogliosamente che il disegno di legge possiede le coperture finanziarie, quindi non è un’utopia. Purtroppo, non basta la copertura contabile, serve anche quella della realtà. La proposta costa circa 17 miliardi annui. Verrebbe finanziata con una nuova Robin Hood Tax sulle imprese petrolifere, come quella appena bocciata dalla Corte costituzionale, per intenderci; con tassazione maggiorata sul gioco d’azzardo e con gli immancabili tagli a sprechi e costi della politica, oltre che con un contributo sulle “pensioni d’oro”. Dal lato delle entrate, viene proposta un’imposta progressiva sui “grandi patrimoni, mobiliari ed immobiliari” il cui valore complessivo superi i due milioni di euro. Assurdamente, dall’imponibile vengono tuttavia esclusi i titoli di stato, che evidentemente per i grillini non sono ricchezza. Il M5S già in passato ha dimostrato scarsa dimestichezza con i numeri, ai fini di copertura. Forse per questo stavolta ci mettono il carico di tagli per 3,5 miliardi di euro ai costi della Difesa. Sembra la soluzione ai mali del mondo (o almeno dell’Italia); considerato tuttavia che la spesa italiana di Difesa, esclusa l’Arma dei Carabinieri, è circa 14 miliardi annui ma che, di questi, oltre 10 miliardi sono costi per il personale, ecco che l’impalcatura crolla rovinosamente. Come detto, non basta avere le agognate coperture su base puramente contabile.
Il ddl sul reddito di cittadinanza prevede anche la fissazione di un salario orario minimo, posto a 9 euro e indicizzato all’inflazione. Immaginiamo che chi perderà il posto perché svolge un lavoro il cui prodotto vale meno di 9 euro l’ora finirà tra i percettori del sussidio, e vivranno tutti felici e contenti.
E’ bello aspirare ad una rete universale di welfare. L’importante è farlo da svegli.
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