Delrio: “Togliere 30 euro a un’anziana si può”

di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano

Intervistato da Lucia Annunziata, il sottosegretario alla presidenza del consiglio e uomo-macchina del governo Renzi, Graziano Delrio, ha commentato l’ipotesi di finanziare parte dello sgravio sul costo del lavoro con un aumento della tassazione sul risparmio, o su quelle che vengono definite con caratterizzazione moralistica, “rendite finanziarie”.

La risposta di Delrio è parsa piuttosto bizzarra, o forse derivante da scarsa comprensione della materia, visto che si è basata sull’esempio di “una signora anziana che ha 100.000 euro di Bot, che le rendono magari un tot di soldi, a cui si toglie 25, 30, 50 euro in più, non credo abbia un problema di salute. Vediamo”. A domanda della Annunziata, Delrio ha poi escluso che possa trattarsi di patrimoniale, “a differenza dell’Imu”.

In questo tipo di risposta c’è tutta l’approssimazione che da anni i risparmiatori italiani subiscono sulle proprie tasche. Intanto Delrio, con questo approccio da “modica quantità” di tassazione aggiuntiva, scorda che la tassazione del risparmio degli italiani è aumentata del 150 per cento dal 2011 a novembre 2013, per effetto sia dell’aumento dell’imposta sostitutiva dal 12,5 al 20 per cento attuata da Giulio Tremonti (con esclusione di titoli di stato e risparmio postale) sia dell’introduzione (per opera del governo Monti) della patrimoniale su dossier titoli e conti di deposito, oggi pari al 2 per mille. Se il sottosegretario avesse consapevolezza di questo “dettaglio”, scoprirebbe che già oggi i depositi a risparmio ed i titoli obbligazionari non di stato subiscono una falcidie sul rendimento pari al 30 per cento, ed i titoli di stato di poco meno.

Poi, Delrio pare ignorare che, ad esempio, per ridurre l’Irap di un modesto 10 per cento, lasciando invariata la tassazione sui titoli di stato, servirebbe alzare l’aliquota su tutto il resto sino al 30 per cento. L’aumento dell’imposta sostitutiva dal 20 al 22 per cento (sempre con esclusione dei titoli di stato), che per qualche tempo pareva dover essere inserita nell’ultima Legge di Stabilità, produrrebbe infatti un gettito risibile, stimato in 500 milioni annui.

Vi è poi un problema di logica, dietro le motivazioni di Renzi e del suo ispiratore, Davide Serra: se la discriminante è la “produttività” dei capitali che generano la “rendita”, i titoli di stato dovrebbero subire un forte inasprimento fiscale, mentre interessi su debito privato, dividendi e plusvalenze azionarie dovrebbero invece beneficiare di un corrispondente sgravio.

L’impressione è quindi che si continui a prendere di mira il risparmio degli italiani, con motivazioni fattualmente false, come quella che vorrebbe il lavoro tassato più della “rendita”, ma si abbia scarsa consapevolezza sia dei numeri coinvolti che dell’impennata di prelievo fiscale sul risparmio che abbiamo sin qui sopportato. Urge minore improvvisazione e meno strizzate d’occhio alla demagogia anti-risparmio, prima che sia troppo tardi. E studiarsi i famosi dossier.


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