di Andrea Gilli
Nei mesi passati, mentre l’offensiva NATO contro la Libia procedeva, la Siria ha represso nel sangue le manifestazioni che avevano luogo sul suo territorio ogni venerdì, in concomitanza con la preghiera religiosa.
Caduto Gheddafi, molti si interrogano se non sia quindi il caso di intervenire in Siria.
In primo luogo, bisogna notare che, intanto, diverse migliaia di persone sono state uccise in Libia. Dunque l’intervento in Siria arriverebbe in ritardo.
La realtà è che in Siria non si è intervenuti – e non si interverrà – perché, a differenza della Libia, il Paese di Assad ha una macchina militare organizzata e un apparato di sicurezza efficace.
In altre parole, se la NATO attaccasse la Siria, questa incontrerebbe problemi molto maggiori. Inoltre, non c’è una reale opposizione – quanto meno non come in Libia – in quanto questa è sistematicamente eliminata dalle forze governative.
A ciò si somma un altro elemento: Assad conta dalla sua parte gli alleati Iran e Hizbollah, pronti ad intervenire per salvaguardare l’alleato. Gheddafi non poteva contare su tali amici.
Paradossalmente, dunque, la caduta di Gheddafi dà degli incentivi perversi ai tiranni ancora al potere in giro per il mondo. Punto primo, l‘opposizione va sterminata dall’inizio, così che a nessuno possa venire in mente di sostenerla in un conflitto militare. In secondo luogo, le riforme interne vanno sterilizzate, proprio per evitare il rafforzamento di un movimento riformatore. Infine, le capacità militari del Paese vanno mantenute e rafforzate con alleanze con gruppi terroristici o altri stati canaglia.
Molti vedono negli sviluppi in Libia un nuovo colpo ai regimi dittatoriali in giro per il mondo. Questo colpo, stando a questa lettura, dovrebbe portare ulteriore libertà e democrazia nel futuro prossimo. E’ possibile. A chi scrive, per il momento, sembra vero il contrario.
P.S.: si noti come il Dipartimento di Stato USA giustifica l’assenza di intervento militare contro la Siria: poiché le proteste sono pacifiche, allora non si può usare lo strumento militare.
Una replica a “Tocca alla Siria? Lezione dalla Libia: conseguenze non-intenzionali.”
In aggiunta a quanto scritto nell’articolo, mi sembra anche che sul caso sirino si possa applicare perfettamente la visione realista di equilibrio di potenza nel Medio Oriente, assolutamente a rischio in caso di attacco ad Assad. Dubito che Israele, per dire, approverebbe un intervento così delicato e destabilizzante (basti pensare alle conseguenze in Libano) contro il regime di Damasco, suo dirimpettaio ingombrante. Un vuoto di potere in Siria, successivo ad un eventuale guerra, sanguinosa quanto costosa, sarebbe pericolosissimo anche per gli altri vicini, per disparate ragioni ( confine turbolento per la Turchia, che ricerca solo tranquillità nell’area, oltre che un ruolo egemone; focolare di instabilità per il tutt’altro che stabile – eufemismo- Iraq).
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