di Andrea Gilli

Qualche giorno fa, Stephen Walt si chiedeva retoricamente dove fosse finita la Libia.

Solo 5 mesi fa, sembrava che se non fossimo intervenuti ci sarebbe stato un Olocausto (come succede tutte le volte che c’è una guerra, le motivazioni vengono inflazionate). Quattro mesi fa iniziavano le operazioni militari. Sarebbero finite presto, si diceva: il massacro in atto sarebbe stato fermato, la pace ristabilita, la transizione iniziata, i costi della guerra minimizzati e, soprattutto, i flussi di idrocarburi ristabiliti (anche questo, un altro pattern stabilito delle operazioni militari).

Ora della Libia non se ne parla più. L’argomento salta fuori solo quando la Francia, quella che quattro mesi fa diceva che era vitale intervenire per fermare Gheddafi il criminale, suggerisce di intavolare un negoziato con Gheddafi stesso, per interrompere la guerra. O quando salta fuori che le vittime, i ribelli, sono vittime a giorni alterni, quando non commettono crimini pari se non peggiori a quelli dei lealisti. Nel frattempo, intanto, le NGOs mandate in Libia per documentare i crimini di guerra… non sono riuscite a trovare prove convincenti di reali crimini di guerra..

Il dato interessante è che tutto va come avevamo previsto.

Ultima nota, a latere. La Corte Penale Internazionale ha svolto un ruolo importante nella guerra in corso: ha aumentato la determinazione di Gheddafi a combattere. Con la sua determinazione legalista demenziale ha eliminato ogni margine di manovra politico per redimere più o meno pacificamente le operazioni militari (niente di nuovo sotto il sole, a dire la verità).

Promemoria per la prossima guerra: quando qualche cretino vi dice che i realisti sono senza cuore, guardano solo a interessi materiali, non hanno etica o, addirittura, non capiscono che il mondo si può cambiare, chiedetevi quante vittime, soldi, e instabilità avrebbe evitato una politica basata su una sana Real Politik.

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4 risposte a “Dove è finita la Libia?”

  1. Avatar Zeno
    Zeno

    all’inizio della crisi c’era davanti alle flotte libiche mezza squadra navale della MM.
    sarebbe bastato usarla come mezzo di pressione su gheddafi e ribelli paventando una “interposizione” umanitaria, magari sbarcando un ospedale da campo, viveri e qualche truppa a protezione, le navi al largo.
    si sarebbe messo una trave nelle ruote di sarko’
    si sarebbero tutelati gli “interessi nazionali”
    si sarebbe evitata la pessima figura di quelli che non sanno che pesci pigliare e si accodano solo a cose fatte
    si sarebbe ottenuto un buon credito da spendere nella partita del seggio al consiglio di sicurezza dell’onu.
    si sarebbe consolidata una influenza diplomatica sulla sponda meridionale del mediterraneo nell’eclissi francese.

    è davvero stata una gestione indecente.

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  2. Avatar Francesco
    Francesco

    C’è da chiedersi una cosa : Voi di Epistemes siete persone che giudico intelligenti ed equilibrate , sia nelle vostre esposizioni e commenti sia nelle analisi . Senz’altro non siete di parte ma correttamente obiettivi… ma penso che abbiate la modestia di non pensare di essere i soli intelligenti . Quindi senz’altro le Vostre stesse analisi e considerazioni ( corrette secondo me… )sono state fatte da tutti quegli staff di analisti al servizio dei vari Governi coinvolti . Quindi secondo me c’è da chiedersi: Perchè invece si è proceduto in queste direzioni contrarie ad ogni logica pratica di risoluzione del conflitto “interno” (non dimentichiamolo…) in Libia ??? Poi la trovata della Corte Penale Internazionale è veramente la goccia che fà traboccare il vaso… Lo diceva persino Sun Tzu in tempi non sospetti nel Arte della Guerra di lasciare sempre al nemico una via di scampo per toglierli la determinazioni di combattere ( e quindi fare vittime…) fino alla morte . Avrei veramente piacere di saper il Vostro punto di vista .

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  3. Avatar alepuzio
    alepuzio

    La vedo come un’illustrazione di un’idea di Clausewitz: le azioni militari devono rispondere ad un piano politico o è meglio lasciare perdere.

    Certo che per anni la Francia ha criticato gli USA per il dilettantismo nella conduzione della guerra in Iraq, ma qui le cose non vanno meglio, almeno a leggere un articolo della rivista “Volare” a riguardo.

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  4. Avatar Mauro Gilli
    Mauro Gilli

    Francesco, grazie per il tuo commento e per le tue parole. Credo che il punto centrale si trovi in questa frase:

    “Quindi senz’altro le Vostre stesse analisi e considerazioni ( corrette secondo me… )sono state fatte da tutti quegli staff di analisti al servizio dei vari Governi coinvolti.”

    Purtroppo i governi hanno molti problemi: rivalità interne (pensa al fatto che CIA ed FBI non si scambiarono informazioni su Al Qaeda pre 9/11 proprio perchè non volevano fare un piacere al competitor), organizational resistance, e via dicendo. Questi problemi sono quelli che impediscono il materializzarsi di quanto scrivi.

    Nei seguenti modi:
    1) anche se queste analisi vengono fatte, non è detto che poi esse finiscano sulla scrivania del primo ministro/presidente del consiglio. Magari rimangono in un cassetto proprio perchè il superiore non ha interesse a far prevalere una data posizione;
    2) se arrivano sulla scrivania del primo ministro, non è detto che il suo staff sia poi di supporto. Ci sono molte spiegazioni a proposito, da semplice group think (http://en.wikipedia.org/wiki/Groupthink ; http://www.amazon.com/Groupthink-Psychological-Studies-Decisions-Fiascoes/dp/0395317045), ad altri aspetti sociali, organizzativi (nuovamente: rivalità, fondi, etc.))
    3) anche se arrivano sulla scrivania del primo ministro e il suo staff si schiera con questi rapporti, non è detto che poi queste indicazioni coincidano con vari tipi di pressioni (economiche, strategiche, domestiche (la guerra in Libia era diventato un “must” popolare)).

    So che non è una risposta esauriente, ma spero che possa essere utile.

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