di Andrea Gilli

Sul Wall Street Journal di alcuni giorni fa, l’economista di Harvard Martin Feldstein è tornato a proporre un suo antico cavallo di battaglia: per stimolare l’economia, Obama dovrebbe aumentare la spesa in Difesa. Vediamo di ragionare un attimo su questa proposta.

La spesa in Difesa può, certamente, favorire la crescita economica. Il mercato della difesa è un mercato oligopolistico. Ci sono alte economie di scala, le learning curves (i guadagni in efficienza derivanti dall’aumento della  produzione) sono ripide, e soprattutto l’export che ne può derivare porta moneta estera e quindi favorisce la bilancia dei pagamenti.

Come detto prima, però, la spesa in Difesa può favorire la crescita economica. L’evidenza, sia a favore che contro questa proposizione, riguarda prevalentemente Paesi in via di sviluppo o particolari circostanze storiche. Per esempio, un Paese che parta da spesa militare MIL EXP pari a zero e un livello tecnologico arretrato può, verosimilmente, favorire la sua crescita economica, semplicemente perchè influenzerà una variabile dell’equazione del reddito nazionale (la spesa pubblica, G). Parimenti, un Paese sviluppato che spenda x in MIL EXP e che decida, nell’arco di 5 anni, di raddoppiare la propria spesa in difesa, può favorire la sua crescita economica (a patto che ciò non riduca gli investimenti privati e non crei incentivi distorti). [qui una lista di alcuni lavori sul tema]

La domanda che dobbiamo porci è, però, se gli Stati Uniti sono in questa posizione. In altri termini, se lo stimolo di Obama fosse andato alla Difesa, la ripresa sarebbe iniziata prima? Partiamo da alcune semplici considerazioni. Gli Stati Uniti spendono praticamente quanto tutto il resto del mondo messo insieme. La loro spesa in difesa ammonta a 700 miliardi di dollari l’anno. La cifra è interessante perché equivale esattamente allo stimulus package di Obama. La domanda, a questo punto, è semplice: di quanto bisognava aumentare la spesa in Difesa per favorire la crescita economica nel breve periodo?

E’ importante capirsi per non fare confusione. Qui non si sta parlando della spesa in ricerca che porta benefici nel lungo periodo. Feldstein non si riferisce a questo dato. Feldstein dice di spendere di più in Difesa per favorire la crescita economica di breve period. E’ chiaro che una spesa aggiuntiva di 50, 100 o anche 200 miliardi di dollari, nel campo della Difesa, difficilmente poteva avere effetti economici tali da creare reddito pari a 700 miliardi. Se così fosse, tutte le banche di Wall Street sarebbero da tempo entrate nel comparto: comparto che invece ha una produttività inferiore ad altri settori.

C’è una ragione per cui è difficile pensare ad un moltiplicatore anche solo pari ad uno (data una spesa di 100 il ritorno sull’economia è di 100). La ragione si trova negli elevatissimi livelli di inefficienza della difesa americana. Ma su questo torno dopo.

Ora concentriamoci sugli stock di spesa che Feldstein suggerisce. Visto che una spesa così limitata non poteva avere effetti tali da compensare il crollo del reddito, si poteva pensare di spendere tutto lo stimulus package in questo comparto. La reazione più moderata mi pare la seguente: so’ pazzi. Una tale spesa aggiuntiva vorrebbe dire raddoppiare letteralmente il bilancio della difesa USA. Non ci sarebbero neppure le strutture su cui incanalare queste risorse, a meno di non voler creare un’altra Aeronautica Militare, un’altra Marina, un altro Esercito, un altro Pentagono. Magari da mettere in Sud Carolina così da far scoppiare una nuova guerra civile: l’unica ragione per assumere e tenere occupata tutta questa gente.

Ma torniamo al punto precedente, quanta inefficienza avrebbe stimolato una tale misura. La mia stima è semplice: tanta, troppa. In primo luogo, già oggi il settore difesa americano soffre di inefficienze imbarazzanti. Il programma F-35 Lightning II Joint Strike Fighter doveva essere un aereo economico, da 40 milioni a pezzo. Costerà, se va bene, 3 volte tanto, 120. C’è ancora tempo per salire ulteriormente, quindi non scoraggiamoci. Disastri simili sono riscontrabili in quasi tutti i programmi USA: Littoral Combat Ship, Future Combat System (ammazzato da Gates), etc. Questi aumenti dei costi sono, in gran parte, imputabili al calcolo strategico delle aziende del settore. Con bilanci in ascesa negli ultimi anni, l’incentivo a lavorare in maniera inefficiente è presto scemata. Congetture cospirazioniste? Può darsi, queste sono però condivise dall’ammiraglio Mike Mullen, Chairman del Joint Chiefs of Staff. Dunque, aumentando ulteriormente la spesa, il risultato non poteva che essere un aumento di queste inefficienze. Ricordiamoci, infatti, che alcune delle migliori invenzioni di questi ultimi anni (i Predators, le bombe JDAM, etc.) sono emersi come risposta ai tagli di bilancio degli anni ’90.

Gates ha fatto uno sforzo disumano per chiudere il programma FCS, per rimettere in sella il JSF e per chiudere alcune basi militari. Non sempre ha avuto successo per via delle fortissime resistenze dentro al Pentagono e ai vari servizi militari. Proviamo ad immaginare quanto avrebbe avuto successo il suo sforzo se il bilancio della Difesa fosse ulteriormente cresciuto…

C’è un secondo problema, comprare una piattaforma militare (un aereo, un carro armato, una nave) comporta spese successive di manutenzione, riparazione e gestione che variano tra il 200 e il 300% del costo d’acquisto di quella stessa piattaforma. Per essere più chiari, comprare oggi un F-35 da 120 milioni significa – se si vuole mantenerlo operativo negli anni a venire – impegnarsi ad una spesa totale nel corso della sua vita pari a circa 2.5 volte il suo costo di acquisto. Tradotto, ciò significa creare altro debito. Feldstein, nel suo articolo, si lamenta della crescita del deficit e del debito. Singolare che la misura che questo contempla vada esattamente in quella direzione.

C’è, infine, un altro aspetto. La nostra era è soggetta ad un fortissimo ricambio tecnologico. Il drone Predator entrerà, alla fine dell’estate, nella sua terza versione (il Reaper prima e l’Avenger dopo). Tutto ciò in una decina d’anni dalla sua nascita. Comprare dunque uno stock enorme di piattaforme- come suggerisce implicitamente Feldstein – in un dato periodo storico significa acquisire mezzi soggetti ad una fortissima obsolescenza – e dunque presto inutilizzabili. Dove stia il guadagno è da capire. Gli USA già ora non sanno cosa farsene degli stock di MRAPs comprati per l’Iraq e l’Afghanistan (infatti stanno cercando di sbolognarli agli alleati). Feldstein suggeriva di comprarne ancora di più – almeno oggi il problema sarebbe ancora maggiore.

C’è poi un’altra domanda a cui bisognerebbe dare risposta: è un bene per il mondo che gli USA continuino a spendere sempre di più in Difesa? Lascio la parola a William A. Niskanen su questo punto. Il noto economista sottolinea come gli Stati Uniti stiano fondamentalmente pagando il bene pubblico difesa ai loro alleati che – compiaciuti – ringraziano del regalo. Inoltre, in un momento di crisi finanziaria, nel quale la spesa in difesa è tra le più importanti del bilancio federale, è logico aspettarsi che anche questa faccia la sua parte. E’ davvero difficile non essere d’accordo.