Ripartono tutti tranne noi, solo l’Inps non lo dice

di Mario Seminerio – Linkiesta

L’Ocse segnala che le previsioni per l’economia mondiale sono molto migliorate. Ripartono Gran Bretagna, Francia e Germania. E noi? Noi no. “Paese a sostanziale non crescita”, come certificano anche i dati della Cassa Integrazione Guadagni che, progressivamente, è andata a gonfiare i numeri della Cassa in deroga. Ieri dall’Inps arrivavano spiegazioni imbarazzate, mentre sarebbe tempo di ammettere che certe sacche di crisi sono irrecuperabili.

L’Ocse segnala, per bocca del suo capo economista, Pier Carlo Padoan, che le previsioni per l’economia mondiale sono migliorate rispetto a quelle presentate alla fine dello scorso anno, con una spinta più forte del settore privato che suggerisce l’affermarsi di condizioni di autosufficienza della ripresa. L’Italia, per contro, resta il paese con una sostanziale non-crescita, stimata nel primo trimestre ad un +1,1 per cento annualizzato e ad 1,3 per cento nel secondo. A guidare la ripresa europea sono Germania (rispettivamente 3,7 e 2,3 per cento annualizzato), Francia (3,4 e 2,8 per cento) e Regno Unito, per il quale l’Ocse prevede nel primo trimestre una crescita annualizzata del 3 per cento (forse ottimistica, ma lo verificheremo) cui dovrebbe seguire una brusca frenata all’1 per cento nel secondo trimestre.

Padoan ribadisce ad nauseam i problemi strutturali italiani, legati a limiti della crescita potenziale causati da fattori quali «scarsa capacità di innovare, costi amministrativi troppo elevati, costo del lavoro troppo elevato, un sistema di imprese troppo piccole, che quindi investe meno in innovazione».

Per celebrare queste previsioni, che a breve verranno smentite da qualche spericolata tesi governativa sul potenziale di crescita occulta del nostro paese o su quanto cresceremmo se gli altri paesi avessero mani e braccia legati dietro la schiena, è di oggi la notizia del rimbalzo delle richieste di cassa integrazione in marzo: 102,5 milioni di ore, con un aumento del 45,1 per cento rispetto a febbraio 2011 (quando erano stati chiesti 70,6 milioni di ore) e un calo del 15,8 per cento rispetto a marzo 2010 (121,8 milioni di ore chiesti). Il confronto tendenziale mostra segnali variegati ma significativi, per i motivi che spiegheremo a breve: la cig ordinaria cala del 45,8 per cento rispetto a marzo 2010 (passando da 42,9 milioni a 23,2 milioni nel marzo 2011); la cig straordinaria diminuisce del 12,9 per cento (da 48,6 a 42,4 milioni di ore); mentre la cassa in deroga aumenta anche a livello tendenziale, passando da 30,9 milioni di marzo 2010 a 36,9 milioni di marzo 2011 (+21,8 per cento).

Segue imbarazzata interpretazione dei dati fornita dal presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua: «L’andamento è simile a quello registrato il mese scorso, con un rimbalzo delle richieste a livello congiunturale (mensile, ndr.), e un progressivo calo delle domande a livello tendenziale (annuale). La lettura dei dati segnala un andamento discontinuo dell’economia nazionale, che sembra aver superato il punto più alto della crisi, senza tuttavia aver archiviato definitivamente le difficoltà produttive e occupazionali»

Purtroppo Mastrapasqua dimentica che siamo in una ripresa globale, persino vigorosa, e che i dati italiani tutto sono fuorché quelli di un paese che ha “definitivamente archiviato” le difficoltà produttive ed occupazionali. La verità è che la scomposizione dei dati della Cassa Integrazione Guadagni (cig) mostra quello che da tempo appariva evidente: esiste un grumo di crisi, relativo a situazioni aziendali non recuperabili, che si è progressivamente scaricato sulla cassa in deroga, gonfiandone le consistenze. La normalizzazione della cig ordinaria e, in parte, di quella straordinaria, mostra che il sistema produttivo sta ritrovando un equilibrio, ma anche che tale equilibrio si posiziona su livelli significativamente inferiori rispetto alla fase pre-crisi, mentre la ripresa da noi assume una conformazione simile a quella di una L. Che accadrà alle situazioni non recuperabili, che si concentrano nelle ore di cassa in deroga? Si proseguirà a rinnovare gli interventi di assistenza o le aziende finiranno col gettare la spugna, chiedendo l’apertura formale della crisi ed il ridimensionamento degli organici?

E soprattutto, siamo certi che proseguire ad immolare risorse nella cassa in deroga serva a promuovere il rinnovamento ed il rilancio del sistema produttivo ed a rappresentare la forma più efficace ed efficiente di protezione del lavoratore, anziché del posto di lavoro?

Di fronte a questi dati, anche il mantra del tasso di disoccupazione italiano “inferiore alla media Ue” appare un triste raggiro, l’ennesimo nella storia della propaganda travestita da politica economica che l’esecutivo ci propina dall’inizio della Grande Recessione.


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