di Mario Seminerio – Libertiamo
I giornali online ci stanno già facendo i titoli, ma il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, nella relazione annuale al parlamento sullo stato della concorrenza in Italia, non si è limitato a dirsi favorevole a modifiche costituzionali per favorire la libertà d’impresa. Catricalà ha ricordato che la scadenza annuale di presentazione della cosiddetta “legge sulla concorrenza” è trascorsa ma di quella legge continua a non esservi traccia. Giova quindi riepilogare lo stato dell’arte sulla concorrenza in questo paese, e non è un bel vedere.
L’Antitrust reclama “l’iniezione di dosi massicce di concorrenza” come antidoto alla crisi perché il Paese non può più “pagare il prezzo di politiche anticompetitive”. Per questo è urgente l’approvazione ”in tempi certi, come accade per la manovra di bilancio e finanziaria” della legge annuale sulla concorrenza passando dalle parole ”a fatti concreti”.
Ciò che va inserito nella legge annuale sulla concorrenza lo suggerisce Catricalà stesso. In primo luogo, occorre tutelare le piccole e medie imprese dallo strapotere delle grandi imprese e della pubblica amministrazione. Perché le PMI, osserva Catricalà, “sono esposte alle stesse scorrettezze che colpiscono i consumatori”, e sono “costrette a tollerare prassi illecite di grandi aziende e di pubbliche amministrazioni, come la mora nei pagamenti”. Certo, se in questo paese ci fosse una giustizia civile (in ogni senso), questo problema non sarebbe così drammatico. Invece,
“I tempi della giustizia civile non consentono una tutela immediata contro i ritardi. Il problema non è di stabilire scadenze certe, già previste dall’ordinamento, ma di farle rispettare con efficacia. L’Autorità è in grado di dare tutela tempestiva a questo settore caratterizzante la nostra economia”
Basterebbe che governo e parlamento lo volessero, ad esempio inserendo la tutela antitrust delle PMI nello statuto delle imprese. Ma Catricalà segnala anche l’elevato costo di alcuni input produttivi, la cui responsabilità ricade interamente sulle spalle del legislatore:
“I costi degli input produttivi sono più alti della media europea: 28% in più per l’energia elettrica, 6% in più per i fidi, 100% per la responsabilità civile automobilistica”
Forse, prima di mettere mano alla Costituzione, servirebbe un intervento su queste aree, oltre che sul socialismo municipale delle imprese di servizi pubblici locali, con la loro acuta idiosincrasia per la messa a gara; ma anche sulle poste, con la fine della riserva per il finanziamento del servizio universale, prevista per quest’anno, e lo sviluppo di aree di iniziativa privata, che erano state introdotte in passato ma sono state inesorabilmente soffocate nella culla, come del resto la maggioranza si accinge a fare con le parafarmacie, e con la restaurazione imposta dall’ordine forense.
Ma ci sono aree di rendita anche nell’ambito autostradale perché “concessioni a scadenza lontana, associate alla debolezza strutturale della vigilanza, pregiudicano la concorrenza”, ricorda Catricalà. E ancora, il settore ferroviario, dove tutti vi diranno che la concorrenza è in atto, con la prossima entrata nel settore della NTV di Della Valle e Montezemolo, ma dove ci si continua a dimenticare che la rete è controllata dalla holding di Ferrovie dello Stato, che controlla anche Trenitalia, cioè il competitor di NTV, e la cosa è assai poco logica, come intuirebbe chiunque.
E ancora: nessuno ritiene di fare alcunché per la patologia del capitalismo amicale-familistico che caratterizza l’economia italiana?
“L’intensità degli intrecci azionari e personali tra imprese concorrenti costituisce una peculiarità nazionale che frena le spinte concorrenziali, riduce la contendibilità del controllo e attenua il rapporto tra capitale di rischio investito e responsabilità” nel settore bancario. “Nel settore finanziario sono ancora troppo frequenti le ipotesi di controllo di fatto, dissimulato da partecipazioni di minoranza. E ciò consente gestioni imprenditoriali per le quali risulta indebolita la disciplina del mercato”
Queste sono le direttrici su cui operare, entro una legge sulla concorrenza che dovrebbe assurgere a criticità e rilevanza pari alle scadenze di bilancio pubblico. La schizofrenia di un governo prigioniero delle proprie contraddizioni, che pare ambire solo a lasciare un’impronta “storica” nella Costituzione disinteressandosi della (frustrante quando non tragica) quotidianità di consumatori ed imprese è di tutta evidenza. Continuare ad essere un paese socialista con una Costituzione emendata in senso simil-liberale sarebbe di assai scarsa consolazione.
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