di Mauro Gilli
C’è molto fermento dietro ai nomi dei possibili candidati per la presidenza dell’Unione Europea. Con la ratifica da parte dell’Irlanda del trattato di Lisbona, non si tratta più solamente di ragionamenti in linea teorica. Si tratta di pensare concretamente a chi possa ricoprire questo ruolo. Tra questi, vi è Tony Blair. Per l’Europa, però, Blair rappresenterebbe la scelta peggiore in questo momento.
Cio non è dovuto alla storia personale e politica di Blair. Nonostante il suo sostegno alla guerra in Iraq abbia ridotto sensibilmente il suo appeal tra i partiti socialisti, Blair è e rimane una figura in grado di parlare sia al campo socialista che a quello conservatore (specialmente nell’Europa continentale). Purtroppo, pero’, queste sono considerazioni di secondo piano se confrontate con il vero problema di Blair.
Questo problema è rappresentato dalla sua terra di origine: la Gran Bretagna. Lungi dal voler proporre argomenti xenofobi o speudo-razzisti, esiste un aspetto centrale relativamente al processo di integrazione europea che non può essere trascurato: solo fino a quando l’Europa rimarrà divisa a livello interno e quindi debole a livello internazionale, la Gran Bretagna potrà continuare a godere del suo status privilegiato come partner degli Stati Uniti. Qualora l’Europa riuscisse ad agire in modo unito e compatto, emergendo sulla scena internazionale come una grande potenza, la Gran Bretagna perderebbe tutto il suo valore geopolitico. E, a quel punto, sarebbe costretta a seguire a ruota e ad abbandonare il suo tradizionale euro-scetticismo. Da presidente dell’Unione Europea, Blair si troverebbe di fronte ad un serio dilemma, perché ciò che è nell’interesse dell’Europa danneggia gli interessi della Gran Bretagna. E viceversa.
E’ vero che il presidente dell’Unione Europea dovrà svolgere il suo ruolo in qualità di europeo, non in qualità di cittadino del suo paese di origine. Quindi, è vero che obiezioni analoghe potrebbero essere sollevate relativamente ad ogni candidato. E’ però anche vero che Blair viene proprio da quel paese che più di tutti ha da perdere da un rafforzamento dell’Unione Europea. Pensare dunque che questi possa dimenticare tutta la sua storia, la sua identità, i suoi sentimenti, solamente per l’Europa, è quanto meno difficile da credersi.
Il sistema internazionale sta cambiando. Il definitivo pensionamento del G7 in favore del G20 è solo uno dei più evidenti esempi. Ad un sistema internazionale che diventa e diventerà sempre più multipolare, i paesi europei possono rispondere solamente in un modo: optando per un rafforzamento dell’Europa. E’ difficile credere che Blair possa non solo permettere, ma anche incoraggiare un simile sviluppo. Per questo motivo l’Europa è troppo importante per essere lasciata a Tony Blair.
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