di Andrea Gilli
In questi giorni di tormentate vicende pseudo-politiche che ondeggiano tra il gossip e il fenomeno dei guardoni, con risposte, a loro volta, tra olio e manganelli e cori da stadio, si ritorna a parlare di credibilità internazionale dell’Italia.
Purtroppo, chi ne parla fa spesso confusione dando valore semantico a concetti che hanno invede diverso significato.
Per via delle rivelazioni di quest’estate, a cui si è recentemente aggiunta la richiesta di danni presentata dal Premier Berlusconi contro alcuni quotidiani nazionali, diversi osservatori hanno parlato di un nuovo indebolimento della credibilità internazionale del Paese. Non siamo d’accordo.
Credibile è chi è in grado di mantenere i propri impegni. Uno Stato, per essere credibile, deve semplicemente essere in grado o di imporre la sua volontà sulla società che lo compone o di estrarre da essa le risorse necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Lo Stato moderno ha sconfitto i suoi oppositori (per esempio le leghe tra città, come la lega hanseatica), perchè aveva maggiore credibilità: avendo sovranità assoluta sul suo territorio ed essendo l’unico organo deputato a svolgere la politica estera, questo era semplicemente più credibile, e quindi più efficace, a livello internazionale.
L’Italia ha una medio-bassa credibilità, a livello internazionale. Ciò prescinde dal governo in carica, e dipende dal particolare rapporto Stato-società: gli alti livelli di evasione fiscale, l’elevata criminalità, la corruzione, la debolezza del governo centrale verso la politica locale, lo scarso patriottismo confortano e confermano questa generale impressione.
Altra cosa, ovviamente, è l’immagine internazionale. La Russia di Putin e Medved è certamente credibile. Nessuno infatti pensa, per esempio, che Mosca non sia in grado di dar seguito alle proprie minacce contro la Georgia, se fosse il caso. Ovviamente, l’immagine di Putin non è altrettanto positiva: si sa che oppositori politici e giornalisti vengono spesso uccisi, che la magistratura non è totalmente libera e che ampi strati dell’apparato pubblico e privato rispondono direttamente alle direttive del Primo Ministro o del Presidente.
Un Paese può avere un’immagine negativa, ma avere una forte credibilità. La Cina, come molte dittature, è un esempio palmare, in questo senso, come anche – per uscire dalla discussione degli Stati – al Capone. Di sicuro non aveva la fama di un gentiluomo, ma difficilmente le sue minacce non venivano prese sul serio.
In conclusione, credibilità e immagine sono due cose diverse. L’immagine conta, ma a livello internazionale, dove le principesse immacolate non esistono, è un fattore del tutto secondario. La credibilità, invece, è fondamentale. Su questo punto, non c’è da dividersi: le peculiarità socio-politiche italiane fanno del nostro Paese un attore con scarsa credibilità.
La differenza tra credibilità e immagine è fondamentale, non solo per ragioni analitiche, ma anche politiche: altrimenti, si finisce di credere che basti cambiare governo per ritrovare credibilità. Ciò è errato, al masismo così si potrebbe migliorare la nostra immagine. Il miglioramento della nostra credibilità richiede serie riforme interne. Riforme che al momento nessuno è intenzionato a fare.
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