Politica, potere, soldi e guerra: soluzione libertaria

di Andrea Gilli

Si è saputo recentemente che il figlio dell’on. Bossi, Lorenzo, sarebbe stato assunto nel comitato dell’Expo di Milano per uno stipendio di 12.000 euro al mese.

Molti hanno sottolineato la notizia per enfatizzare l’ipocrisia della Lega Nord, o il presunto familismo e clientelismo che la contraddistinguerebbe. Il fatto è stato così preso a pretesto per attaccare, spesso su basi morali, il partito.

Dalla notizia, l’unica conclusione che riusciamo a trarre è quella che la filosofia libertaria ha più volte sottolineato. La politica è potere, il potere corrompe. Per sconfiggere corruzione, guerra e malefatte varie della politica, la soluzione non si trova in una moralizzazione forzata della politica (la famosa “questione morale”), né tanto meno in altre soluzioni più o meno estemporanee (dal divieto di avere parenti in politica, al limite di due mandati nel Parlamento, etc.). Piuttosto, se dove c’è politica c’è corruzione, la soluzione si trova nel ridurre al minimo lo spazio della politica nell’arena sociale.

Quest’ultima, va ricordato, è composta di sfere differenti. Quella economica, quella culturale, quella etnica, etc. Una, però, riesce a sfruttarle tutte quante per raggiungere i propri fini: è l’arena politica. Di qui deriva il primato della politica che tanti hanno sottolineato. Primato che non significa la capacità di imporre altre leggi all’economia o alla cultura, ma piuttosto comporta la volontà e capacità di assoggettare questi campi per raggiungere i propri obiettivi.

Facciamo un esempio: l’economia si regge su scambi di mercato. La politica, però, ha la possibilità di regolamentare l’economia, in maniera da favorire certi gruppi su altri. O così da costringerne taluni a venire a patti con essa. Ecco come l’economia diventa una sfera assoggettata alla politica.

Quindi l’economia è dominata dalla legge dell’efficienza. La politica si regge invece sulla logica dello scambio politico. L’esatto contrario. Dove c’è economia c’è efficienza. Dove c’è politica c’è, inevitabilmente, inefficienza.

La storia di Bossi jr. si conforma perfettamente a questa spiegazione. La Lega è contro gli sprechi e il parassitismo statale, almeno fino a quando questo non favorisce i suoi interessi. Quando i soldi pubblici possono essere usati per avanzare le sue posizioni di potere, la Lega diventa improvvisamente un campione del clientelismo non molto diverso da Mastella.

La nostra non è ovviamente una filippica contro Lega, ma semplicemente un tentativo di spiegare i meccanismi basilari della politica. Infatti, contraddizioni analoghe (se non più palesi) si trovano in tutti i partiti politici: si pensi, tanto per fare un esempio, al pacifismo preventivo degli ex-DS che era tanto intransigente quando si trattava della guerra in Iraq del 2003 ma molto più flessibile sui bombardamenti della NATO nel 1999, o ai movimenti non-violenti che sfasciavano vetrine e devastavano le città per portare la “pace”.

Pensare, dunque, che un semplice partito politico (sia esso il PDL o il PD), andando al potere, possa risolvere i problemi del Paese, o impostare la propria azione su basi di efficienza economica non è solo miope, ma è utopistico. Chiunque governi si dovrà sempre piegare alle leggi della politica.

Da questa semplice rilevazione, possiamo trarre altre due importanti lezioni. La prima è che la politica non può essere eliminata. La politica è emozioni, paure, relazioni etniche e culturali. Ogni qual volta gli altri ambiti sociali falliscono o sono in crisi (si veda l’attuale crisi finanziaria), la politica è chiamata a dare una risposta – anche se, spesso, non è in grado di darla.

Ciononostante, come detto, la politica deve avere il minor ruolo possibile, così che l’inefficienza non diventi la moneta di scambio del sistema economico e sociale. Da questa rilevazione deriva la seconda conclusione: alla poltica tocca però anche il ruolo di autolimitarsi. Ecco perchè confidare in una limitazione endogena della politica è non meno utopistico di quanto criticavamo in precedenza. Ecco perchè, di solito, l’auto-limitazione della politica arriva con crisi esogene.

Non sempre, ovviamente: come il caso italiano dimostra. L’incapacità di conformarsi alla legge dell’efficienza, però, portò allo scoppio dell’URSS. Non è impensabile che una sorte analoga tocchi, prima o poi, anche al nostro Paese. L’autonomia della politica, nel lungo termine, si piega infatti alle leggi delle altre sfere sociali, tra cui l’economia.

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2 risposte a “Politica, potere, soldi e guerra: soluzione libertaria”

  1. Avatar libertyfirst

    Concordo pienamente, anche se non credo all’autolimitazione della politica. Il body politics deve trovare modi per limitare il potere dei governanti o dire addio alla propria libertà (tranne quando, come una certa dose di libertà economica, è utile anche ai potenti, che hanno ad esempio una maggiore base imponibile). Purtroppo è così economico sbattere i piedi per terra e chiedere prebende che nessuno si mette a combattere per la libertà. Il risultato è che la classe politica trae una rendita di posizione enorme, a danno del resto della società che non sa difendersi. Di tutti i meccanismi inventati dai liberali (Panebianco ne fa una lista in un suo libro: diritto comune, costituzioni, libero mercato, centri di potere indipendenti, federalismo…), nessuno è sufficiente, molti sono necessari, ma al momento non ce n’è uno che sia in grado di riportare la libertà al centro dell’arena politica. Questo perché l’unico meccanismo di limitazione del potere che ovviamente non può funzionare – la democrazia – e che normalmente ha l’effetto contrario, è anche l’unico su cui ci si basa. Bossi, in fin dei conti, è la politica nella sua forma meno ipocrita, e non mi stupirei se il “volgo” si offendesse per questo: meglio essere derubati con destrezza che con questi mezzucci. Ma in Italia dubito che qualcuno si stupisca di qualcosa. 🙂

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  2. Avatar broncobilly

    Certo, il potere corrompe e la politica sfuma inevitabilmente in corruzione. E’ così da duemila anni e non c’ è Di Pietro che tenga.

    L’ importante è vedere se l’ economia non degeneri naturalmente in politica creando un unico circuito. D’ altronde il capitalismo da chi va difeso se non dai capitalisti?

    Se un circuito simile esiste non ha nessun valore pragmatico il consiglio di puntare sull’ economia, è un proclama al pari di quello dei moralizzatori.

    Per diminuire la politica ed esaltare l’ efficienza si punti piuttosto sulla sete localistica di potere. Un potere decentrato entra necessariamente in competizione e accresce la necessità di efficienza facendo in modo che ci si rivolga all’ economia. W il federalismo, quindi (e magari anche i paradisi fiscali).

    Non è che per combattere il Bossi dell’ Expo sia necessario il Bossi di Pontida?

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