di Andrea Gilli
A quanto pare, l’Amministrazione americana sembra intenzionata a spostare il posizionamento delle basi che compongono lo scudo missilistico da installare in Europa.
Durante l’amministrazione Bush, i siti scelti erano stati identificati in Polonia e Repubblica Ceca.
Come una semplice cartina geografica dimostra chiaramente, se la minaccia che si vuole contenere è quella iraniana o quella nord-coreana, i due Paesi non rappresentano, per ragioni geografiche, il posizionamento migliore.
Ciò ha portato molti, tra cui Epistemes, a vedere nel progetto un semplice tentativo di limitare ulteriormente le opzioni strategiche russe. Con la scelta di spostarsi altrove (si parla di Israele e Turchia), l’Amministrazione Obama compie una svolta a 45° (lo scudo infatti non viene annullato).
I significati di questa probabile scelta sono numerosi.
In primo luogo, come avevano sottolineato, gli USA vogliono a tutti i costi la cooperazione russa. E’ infatti sotto quest’ottica che va letta principalmente la notizia. Cooperazione russa che viene comprata al prezzo della non-cooperazione tra Mosca e Tehran.
Dall’altra parte, Obama è anche intenzionato a risolvere l’insicurezza strategica che grava sul Medio Oriente. Questa insicurezza ha molte sfaccettature: va dallo sviluppo nucleare iraniano ai timori di Israele fino alla presenza americana nella regione. Posizionando lo scudo missilistico nello Stato ebraico, Obama risolverebbe, a suo favore, numerose questioni. Darebbe protezione puramente difensiva a Gerusalemme. E mostrerebbe, nuovamente, intenzioni puramente difensive all’Iran. Ciò potrebbe favorire sia il rallentamento del programma nucleare iraniano che, dall’altra parte, la fine dei progetti di attacchi mirati, da parte israeliana, sulle centrali nucleari.
Proprio a questo punto ritorna la cooperazione con la Russia, che servirebbe per mettere maggiormente all’angolo Tehran e costringere alla trattativa gli ayatollah.
Poche informazioni, finora, ma molti interrogativi e molte, potenziali, implicazioni. Una, su tutte, primeggia: la priorità della questione iraniana e la volontà di risolverla con il negoziato.
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