I 100 personaggi più influenti

di Paolo Asoni e Andrea Asoni

Il Time Magazine ha pubblicato la lista delle cento persone più influenti del pianeta. Più specificamente la rivista di lingua inglese presenta cento persone “il cui potere, talento o esempio morale sta trasformando il mondo”. Una definizione più ambigua non saremmo riusciti a trovarla. Divisi in cinque categorie il Corriere riporta coloro che sarebbero all’avanguardia del cambiamento mondiale.

L’ambiguità è spesso la chiave della partigianeria e della disonestà intellettuale. Concetti vaghi, interpretabili o ampi giustificano posizioni ideologiche e le rendono inattaccabili. Per deformazione professionale ci siamo chiesti come si possa misurare “oggettivamente” l’importanza, l’influenza o il talento di singoli individui. Ci siamo concentrati sui politici per il maggior interesse che suscitano e perché il criterio che abbiamo usato è meglio applicabile ai politici. Per portare avanti un discorso serio è necessario cercare di rendere operativi i concetti che si vogliono usare. Abbiamo fatto uno sforzo in quella direzione. Il risultato è il seguente, un po’ serioso e un po’ irriverente, esercizio.

Misure oggettive
Un politico importante e/o influente (non siamo sicuri esistano politici di talento) è un politico capace di proporre idee nuove (o riproporre con forza idee del passato), di rappresentare istanze sociali, di ispirare le persone comuni e i media, di far parlare di sé, di spostare il cuore del dibattito. Un politico al centro del palcoscenico capace di generare passione, discussione, di dividere il pubblico in favorevoli e contrari. Per lo meno queste ci sembrano condizioni necessarie.

Nell’era della rete globale un’importante arena di dibattito e discussione, di trasmissione e valutazione delle informazioni è Internet. Valutare l’impatto di un politico nell’arena virtuale è semplice. Più un politico sarà discusso, ammirato, attaccato, più influenza eserciterà, più articoli, editoriali, barzellette, collegamenti ci saranno su Internet. E’ specialmente vero per coloro che dovrebbero guidare la trasformazione mondiale. Trasformazioni e rivoluzioni rompono vecchi schemi, ribaltano situazioni consolidate. Non passano di certo inosservate. Soprattutto nell’era dell’informazione 24/7.

Misurare la “presenza” di una persona su internet è facile. Ci hanno pensato Page e Brin a creare uno strumento semplice e alla portata di tutti: Google. La nostra ipotesi è che per un politico la presenza on-line è direttamente collegata alla sua influenza e importanza. Per ognuno dei politici indicati dal Time abbiamo fatto una semplice ricerca del loro nome e valutato quanti risultati produceva. Più risultati, più importanza e influenza.

E’ chiaro che questa non è una misura perfetta dell’importanza di un politico. Ci sono altri agoni oltre ad internet. Ci sono altri modi per influenzare le persone. E’ possibile che questa misura abbia una qualche distorsione in favore o contro determinati personaggi. E’ altresì vero che un leader, un riformatore non presente su Internet è un emerito sconosciuto; ogni politico che stia muovendo altre leve per avere influenza, per far passare le sue idee finisce inevitabilmente su Internet: la rete ad oggi è uno dei principali mezzi di discussione ed elaborazione delle idee e delle policies.
Insomma se la bontà scientifica di questo criterio richiede importanti analisi che vanno effettuate in altre sede, è altrettanto vero che rispetto alle parole vaghe e confuse del Time è un “epocale” (per quelli dei Time almeno) passo in avanti.

Risultati
I nome dei politici forniti dal Corriere (tabella 1) sono riportati secondo l’ordine determinato dal nostro criterio nella tabella 2 (le tabelle si trovano alla fine di questo articolo). I due front-runners dei democratici per le elezioni presidenziali americane dell’anno prossimo risultano essere i più “importanti” su Internet. Seguono poi altri importanti politici americani come Condoleeza Rice e Arnold Schwarzenegger ed Europei come Angela Merkel. Chiudono la classifica il presidente del Sudan e un oscuro Arcivescovo nigeriano.

L’esercizio più interessante consiste nel comparare i nomi inseriti dal Time con altri politici che si possono ragionevolmente considerare importanti ma sono stati ignorati dalla rivista (tabella 3). Anche escludendo i due candidati presidenziali francesi chiaramente “dopati” (vedi Appendice), dei ventuno politici proposti dal Time solo undici rimangono nella “Top21” determinata dal nostro criterio (solo 9 se consideriamo i due candidati francesi).
Le new entries nelle prime posizioni (la tabella 3 è più ampia e considera molti altri politici) comprendono, oltre ovviamente al presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, anche il primo ministro inglese, Tony Blair, il presidente Russo, Vladimir Putin, il leader dell’opposizione italiana, Silvio Berlusconi, il primo ministro iracheno, Nouri al-Maliki, il primo ministro italiano, Romano Prodi, il segretario generale dell’ONU, Ban-ki Moon, il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, il presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, e lo storico ed ex consigliere presidenziale, Henry Kissinger.

In particolare Putin si trova nella nostra classifica in una posizione molto più alta rispetto a Hu Jintao o King Abdullah o Osama Bin Laden. Ahmadinejad e Maliki sono molto più importanti di Khamenei o Sonia Gandhi. Wolfowitz e Kissinger (il diavolo e l’acqua santa in politica estera) sembrano comandare più influenza di Raul Castro o Peter Akinola.
Con quale criterio il Time ha scelto i suoi politici? Un pregio del nostro semplice esercizio è quello di essere criticabile. Le ipotesi (poche per la verità) che abbiamo fatto, possono essere giudicate e discusse. Le nostre misurazioni ripetute. La classifica del Time lascia il tempo che trova e non aggiunge nulla rispetto a quanto (non) sapessimo già. Quello che è peggio è che tale classifica sembra essere totalmente arbitraria e priva di alcun senso. Volta a rincuorare alcuni e punire altri. Tale accusa ovviamente non si può né provare né rigettare; pregi dell’ambiguità.

I nostri lettori ci scuseranno poi un piccolo divertissement. Abbiamo provato a ripetere lo stesso esercizio con Topo Gigio, fonte di ispirazione per molti. Topo Gigio raccoglie più risultati dell’arcivescovo nigeriano Akinola o del primo ministro spagnolo Josè Zapatero. Il topo certo non è un politico ed un economista navigato potrebbe accusarci di comparare mele con pere; ci sia concessa un minimo di ironia volta a sollevare qualche dubbio sull’influenza dell’arcivescovo nigeriano.

Conclusioni
Abbiamo cercato di essere più comprensivi possibili ma siamo sicuri di aver lasciato qualche nome importante fuori dalla nostra ricerca. L’obbiettivo di questo articolo era solo in parte quello di fornire una classifica alternativa (una volta spiegato il nostro meccanismo, ognuno può costruirsi una classifica completa che non lasci fuori nessuno). Un altro problema che ci sta a cuore è quello della irresponsabilità con cui i media ci propongono le loro classifiche e l’irresponsabilità con cui le persone tendono a accettare passivamente tali forzature.
Che il Time abbia lasciato fuori GWB è chiaramente una scelta politica che nulla ha a che vedere con qualsiasi criterio oggettivo di influenza o importanza. GWB continuerà ad essere il presidente americano per un altro anno e mezzo e continuerà ad avere più influenza e potere sulle questioni mondiali di una Hillary o un Giuliani. E questo sia che si condividano le sue politiche, sia che non le si condividano.

Non è un male avere posizioni politiche; è un male travestirle da posizioni serie. Una volta intrapresa la strada della “partigianeria per partito preso” (che è ben diversa dalla “partigianeria scientifica”) il dibattito politico muore e diventa sterile.
Quando riviste prestigiose e importanti come il Time prendono la strada della partigianeria per partito preso e rimangono impunite dal pubblico e dalle critiche degli altri media, l’unico risultato è la perdita di onestà intellettuale e l’assopimento del giudizio critico del pubblico.

Tabelle

Appendice sulla metodologia
La ricerca viene effettuata mettendo il nome di ogni politico tra virgolette (i.e. “Barack Obama”) nella barra di ricerca di Google.com. Per ogni nome ricercato abbiamo riportato il numero di risultati trovati dal motore di ricerca. Di seguito discutiamo possibili limiti della ricerca. Ogni commento è benvenuto.

Dizione: alcuni nomi possono avere una dizione diversa rispetto al corrispettivo originale. Si pensi ai nomi giapponesi o cinesi o mediorientali [nel caso di Vladimir Putin abbiamo sommato i risultati ottenuto con le tre possibili dizioni, Vladimir Putin (inglese), Wladimir Putin (tedesco) e Vladimir Poutine (francese). Si può ragionevolmente assumere che le dizioni sono mutuamente esclusive]. Questo ovviamente riduce il numero di hits trovato da Google, rispetto ai documenti in cui le politiche, le idee o la persona sono discusse.
C’è una probabile distorsione a favore dei media anglofoni la cui importanza è difficile da misurare. D’altra parte i media anglofoni sono tra i più importanti e seguiti (spesso i media nazionali, i.e. italiani, non fanno altro che riportare articoli e report ripresi dall’estero) e raccolgono la maggior parte del pubblico “internazionale” quindi riflettono meglio il dibattito internazionale rispetto alla somma dei media nazionali.

Tempistica: Sarkozy e Royal sono ovviamente “dopati”. Le elezioni francesi si svolgono il giorno seguente rispetto a quando questo articolo è stato scritto. Dei due politici francesi si parla ovviamente in maniera sproporzionata rispetto alla loro reale importanza. La stessa cosa si può dire dei candidati alle primarie americane. Più in generale la ricerca su Google favorisce personaggi implicati in vicende recenti piuttosto che remote. A parte il caso citato sopra non dovrebbe essere un problema per i nostri politici; appartengono tutti al dibattito recente.

Omonimia: ovviamente la ricerca effettuata su Google non discrimina tra diverse persone che hanno lo stesso nome. Non siamo in grado di stabilire se e quanto questo possa cambiare i nostri risultati. Nel caso di omonimi che non siano persone di levatura internazionale il loro impatto sul risultato finale è probabilmente ignorabile.

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6 risposte a “I 100 personaggi più influenti”

  1. Avatar Michele Bottone

    Il post si basa su una premessa, di per se’ buona: che quella di Time 100, come tutte le liste, abbia un certo grado di arbitrarieta’, e che si possa costruire una alternativa semplice e meno arbitraria. Lodevole intenzione.

    Detto questo, la soluzione proposta, che e’ niente di piu’ di un Google-Fight in uso a fini ricreativi da svariati anni visto che non si fa riferimento al ranking (www.googlefight.com) soffre di numerosi inconvenienti che rendono difficile il suo utilizzo pratico cosi’ al naturale senza i doverosi correttivi (si pensi al numero di volte che PageRank e’ stato modificato dall’articolo iniziale di Brin e Page).

    Il primo inconveniente e’ che si eguaglia il numero di volte che si parla/indicizza una persona con una misura della sua influenza. Come qualunque scienzato sa, il gossip indiscriminato – e il google page count e’ l’equivalente del gossip informatico – non misura l’influenza di qualcuno, a meno che qui non si tratti di moda, e, si sa, le mode sono arbitrarie.
    Questa critica e’ particolarmente grave visto che si da’ della vaghezza alla lista di Time 100. Sostituire una misura qualitativa vaga e arbitraria con una misura quantitativa ancora piu’ vaga e arbitraria non risolve il problema.
    Il secondo inconveniente e’ che col metodo da voi proposto i risultati dipendono da quello che volete ottenere. C’e’ il problema degli omonimi e dei doppi nomi, certo, e questo e’gia’ devastante in se’, ma facciamo finta che non esista. Per quale motivo dovrei cercare “barack obama” invece di “barack hussein obama” o “hussein obama” o semplicemente “barack”? O standardizziamo per tutti, o non ci siamo. Per far vedere come questo problema sia particolarmente pernicioso, basti pensare a una ricerca tra, per esempio, “beppe grillo” e “silvio berlusconi” tra le pagine in italiano (supponendo che volessimo trovare il politico italiano piu’ influente in italia). Il primo vince, ergo e’ piu’ influente di berlusconi.
    Altro esempio che dimostra la fallacia del metodo: a volte un nome intero e corretto da’ piu’ pagine di un nome abbreviato. Voi dite che “Topo Gigio” e’ piu’ popolare di “Luis Zapatero”. Questo e’ corretto. Una semplice controricerca pero’ permette di scoprire che il nome esatto di Zapatero, “Jose Luis Rodriguez Zapatero” con 1.350.000 pagine e’ piu’ popolare di “Topo Gigio” con 249.000, contraddicendo la premessa di neutralita’ o di popolarita’ e influenza di Topo Gigio. Ma allora, se i nomi corretti evitano i doppioni e permettono di eliminare parte del bias, perche’ non fare lo stesso con altri? Chesso’, “Michael Moore” 4.260.000 vs “George Walker Bush” (tralasciando qui Bush Padre) 310.000. Si noti che “Arnold Schwarzenegger” da’ piu’ pagine di Bush corretto, anche se meno di Moore. Ergo, la lista di Time non e’ cosi’ arbitraria come sembra. O si critica qui l’esclusione di Bush? Ci puo’ stare, se uno non riesce piu’ a influenzare il dibattito come nel 2001 e 2003 e riceve solo critiche e pesci in faccia (che e’ appunto in ossequio al criterio seppur vago di Time)

    Ho altre tre obiezioni, ancora piu’ dettagliate e rigorose, che faro’ appena trovo il tempo e i margini, ma gia’ da questi due inconvenienti messi in luce risulta difficile trovarsi d’accordo con la vostra conclusione che il vostro criterio e’ meno arbitrario di quello di Time. Sembrerebbe semmai il contrario, se non si introducono correttivi e’ ancora piu’ arbitrario.
    Ma magari qualche economista o econometrico o perfino analista di mercato sapra’ smentirmi, in tal caso saro’ lieto di essere stato smentito e proporro’ di firmare una petizione per sottoporre il vostro “originale” criterio a Wired o Newsweek o all’Economist.

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  2. Avatar Andrea Asoni
    Andrea Asoni

    Caro Michele,
    le osservazione che fai sono in parte corrette e sono state oggetto di un minimo di riflessione da parte nostra. Nei seguenti punti spero di rispondere alle tue obiezioni.

    1. Arbitrarieta’. sebbene le tue critiche sul metodo usato da noi possano essere valide e le discutiamo in seguito, crediamo che l’accusa di arbitrarieta’ superiore alla lista del Time possa essere spedita al mittente senza ombra di dubbio. La lista del Time e’ arbitraria perche’ non riproducibile e non spiega perche’ certe persone siano dentro e altre siano fuori. Il Time potrebbe aver fatto cherry picking dei personaggi amati dal suo direttore e noi non saremmo in grado di saperlo o di valutarlo. La nostra e’ pur criticabile ma falsificabile (sono chiari il metodo e le ipotesi che ha alla base). Per questo semplice motivo la consideriamo superiore.

    2. Gli omonimi. Come abbiamo specificato anche nell’articolo questo potrebbe essere un problema in teoria ma non lo e’ nei fatti quando si parla di politici di fama internazionale. Anche ammesso che Nicolas Sarkozy abbia degli omonimi e’ difficile pensare che i 5 ml di hits siano dovuti agli omonimi. Probabilmente solo una porzione trascurabile e’ dovuta agli omonimi.

    3. La corretta dizione. E’ un problema vero. E in questo vi e’ di certo un margine di arbitrarieta’ nella nostra scelta. Allo stesso tempo abbiamo usato la dizione piu’ comune per ognuno dei personaggi da noi considerati (lo abbiamo fatto basandoci sulle nostre conoscenze di lettori di giornale ma si potrebbe fare una ricerca separata su questo tema). Ovvero non c’e’ nessuno che chiama Obama “Barack Hussein Obama” oppure Hillary “Hillary Rodham Clinto”. Una critica migliore sarebbe quella di vedere se e come abbiamo usato dizioni non comuni che influenzano il risultato. Ma non crediamo di averlo fatto.

    4. Topo Gigio e Michael Moore. Come abbiamo anche specificato nell’articolo il riferimento a Topo Gigio e’ un divertissement. Nessuno pensa di comparare Topo Gigio a Zapatero in maniera seria. Piu’ tecnicamente e’ chiaro che non bisogna comparare mele con pere. Moore e Bush hanno svolto carriere diverse e hanno un ruolo diverso sulla rete. La loro attuale popolarita’ e’ funzione di quello che fanno, non di quello che potrebbero fare (e’ un equilibrium result). Percio’ non possono essere comparati. Se domani Moore dovesse entrare in politica allora lo metteremmo nella nostra classifica ma specificheremmo (come abbiamo fatto con Sarkozy e Royal) che i suoi risultati sono probabilmente dopati dalla sua precedente carriera.

    In conclusione, usare il nostro metodo una volta chiarite le premesse e all’interno di una categoria omogenea di personaggi (i politici) non e’ cosi’ prono a bias (o i bias non sembrano essere sistematici, tranne quello in favore degli anglofoni) come puo’ sembrare. Certo una volta violate tali premesse e usciti dal recinto costruito non sappiamo bene cosa possa succedere. Ma il nostro compito non era misurare l’influenza di ogni singolo individuo. Volevamo misurare l’influenza di politici (e non di politici e scienziati ad esempio) importanti (il che probabilmente risolve il problema degli omonimi), oggi (e risolve il problema della tempistica) sulla rete con un sistema che a differenza delle parole e delle chiacchere del Time potesse essere replicato e analizzato da attenti lettori e amici come te.

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  3. Avatar Michele Bottone

    La cosa e’ un po’ piu’ complessa, e spero di dimostrarla in seguito se l’intuizione che ho e’ giusta. Qui rispondo alle tue controobiezioni, che mi pare continuino a non rispondere.

    1. Arbitrarieta’. La lista Time funziona in questo modo: i lettori di Time fanno le nomination e il voto parziale, gli editor fanno una cernita e poi la scelta finale secondo un criterio ben definito, criticabile quanto si vuole, ma sempre un criterio. E’ stato discusso svariate volte (anche ultimamente), in particolare la scelta di includere – o viceversa non includere – altri personaggi.
    Si suppone che gli Editor di time siano un campione piu’ informato della media della popolazione e, pure biased, facciano scelte piu’ ponderate (e quindi con pesi migliori) di un generico riferimento non ponderato al gossip informatico che fate. Il gossip non e’ influenza, il potere di per se’ non e’ influenza. Influenza e’ entrare nelle scelte indipendenti di altri. Voi criticate la scelta – che potrebbe essere frettolosa, ma peraltro nemmeno i lettori di Time l’hanno votato nei primi 100 – di togliere Bush dopo tre anni consecutivi in quella lista. E’ una scelta, criticabile certo, ma non arbitraria. Se come metro di arbitrarieta’ e bias politico si indica la scelta di togliere Bush, allora si dovrebbe spiegare perche’ gli stessi editori biased abbiano tolto quest’anno anche Chavez, che nel bene e nel male ha una certa influenza in sudamerica.
    Quindi: il vostro criterio e’ anche piu’ arbitrario della lista di Time. Contate i gossip dei politici, comprese le hate pages e le prese per i fondelli, e morta li’, dite che il politico e’ influente.. Un bel criterio, davvero.

    2. Omonimi. Non hai capito la critica degli omonimi (che non e’ la piu’ grave, e’ parte di un piu’ vasto problema)
    Se tu fai un ranking o un ordinamento parziale sulla base della conta (a ogni nome una conta) allora il ragionamento e’ fallace e matematicamente sbagliato visto che supponi che ogni elemento sia distinguibile dall’altro. Nicolas Sarkozy in virtu’ del suo nome non comune probabilmente ha un ridotto fattore di disturbo degli omonimi, ma gia’ ci sono due George Bush presidenti (e ringrazia che non ha un fratello ex governatore della Florida che si chiami George Jeff Bush o un membro del parlamento inglese omonimo), figuriamoci un John Adams o un John Quincy Adams, per parlare di due presidenti (nome comunissimo: ma adesso il compositore John Adams e’ popolarissimo. Se e’ anche impegnato in politica, che si fa?) o di Paolo Rossi nel caso diventi deputato italiano e ci sia un sindaco popolarissimo di nome Paolo Rossi.

    3. Dizione piu’ comune. Chi lo decide? Ai tempi della presidenza del marito Hillary ci teneva a farsi chiamare Hillary Rodham Clinton e anzi lo pretendeva. Adesso si fa chiamare Hillary o Hillary Clinton. Le dizioni cambiano.
    Altro livello di arbitrarieta’, oltre a un possibile selectivity bias. Quindi: o standardizzi, con tutti i caveat del caso, o non ha senso scientifico fare l’esercizio. Nessuno chiama Zapatero in Spagna Luis Zapatero, del resto.

    4. Mele con pere vale per tutti. La loro attuale popolarita’ nel gossip vale per quello che hanno fatto, fanno e che vogliono fare. Se uno entra nel dibattito politico e’ un politico, anche nel caso non abbia o non abbia ancora una poltrona. Stiamo parlando di gossip, non di agiografia.
    Qui (http://www.foxnews.com/story/0,2933,270086,00.html) se ne discute un po’ di piu’.

    Conclusione: non hai chiarito le premesse che sono alla base della tua conclusione piuttosto forte – cioe’ che il tuo criterio sia meno arbitrario di quello di Time – e non hai spiegato perche’ contare un nome-parola-chiave su Google sia una proxy affidabile dell’influenza di un politico adesso piuttosto che di una mole di gossip anche maligno cresciuta col tempo.
    Esempio: Bill Clinton ha una conta non lontana da quella dei due George Bush combinati. E’ sicuramente una persona influente in quanto ex presidente e possibile consorte di un fuuturo presidente, ove Hillary vinca. ma una parte significativa dei suoi risultati sono barzellette su Monica Levinsky e vecchie interviste. Parimenti, su Bush molte pagine sono pagine di odio e di scherno verso di lui. E questo sarebbe misurare la loro “influenza”?

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  4. Avatar Andrea Asoni
    Andrea Asoni

    Credo che abbiamo espresso in maniera chiara le rispettive posizioni. Mi farebbe piacere aggiungere qualche cosa.

    1 Arbitrarieta’. Ci e’ venuto in mente che la lista da noi proposta passa sia il “window test” (prima di dire qualsiasi cosa affacciati dalla finestra) sia il “common sense test” (cerca di non dire cose a cui un bambino di 5 anni non crederebbe) mentre quella del Time fallisce su entrambi i fronti. Nello specifico tra una lista di persone potenti e influenti che comprenda tra i primi venti Bush, Putin, Blair, Sarkozy, Royal, Prodi e Berlusconi, Wolfowitz e Kissinger e una che li sostituisce con il fratello sfortunato di Fidel, un oscuro arcivescovo Nigeriano, il presidente del Sudan, John Roberts o Tizpi Livni e altri emeriti sconosciuti ci fidiamo un poco di piu’ della prima. A prescindere da tutto il resto.

    2. Omonimi. Rimane da provare che sia un problema grave. La mia opinione e’ che gli omonimi non famosi di un presidente della Repubblica francese non creano molti problemi (non ci sono due George Bush. C’e’ un G.W.B. e un G.H.W.B. E non mi pare di aver visto John Adams nella lista da me proposta). Bisogna dimostrare che il problema sia rilevante nel caso considerato non dire che potrebbe esistere).

    3. La dizione piu’ comune. Nel mio precedente commento ho detto che di certo questo potrebbe essere un argomento di ricerca a se’. Per adesso ci siamo fidati del buon senso. Del resto poi sarebbe facile ripetere la ricerca con Hillary Rodham Clinton per vedere cosa succede. Il bello del metodo da noi proposto e’ che lo si puo’ replicare e modificare per vedere cosa succede. La lista del Time e’ una scatola chiusa: o l’accetti o non l’accetti.

    4. Ho considerato politici. Non possibili politici o probabili politici. Quello e’ un altro articolo.

    L’ipotesi e’ semplice: di un politico potente e influente si parla su internet (come in altri luoghi). Che se ne parli bene o male non e’ rilevante. Un politico importante e’ uno sul quale le persone sentono il bisogno di parlare (di lui e di quello che fa), barzellette e pagine di scherno comprese. Piu’ persone lo fanno, piu’ volte compare il nome su internet. Nessuno sente il bisogno di prendere in giro Caruso in America mentre in Italia si sente il bisogno di parlare di Bush. Di certo non e’ perche’ siamo piu’ gossippari ma perche’ Bush prende decisioni che possono riguardare tutti. Ovvero e’ importante e influente. Caruso no.

    Quella da noi proposta e’ solo una proxy, non una misura perfetta. Ad ora ci pare decisamente superiore alle chiacchere del Time e alle sue scelte ideologiche.

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  5. Avatar Michele Bottone

    Eccellente, quindi dopo il common sense e window test per vostra stessa ammisione si sente parlare di qualcuno in giro per internet, si conta il numero di volte che ne si sente parlare, si decide a naso che se e’ sconosciuto c’e’ qualcosa di male (e poi poco conta se il vescovo nigeriano, come si sarebbe potuto controllare attraverso una ricerca su internet, influenzi pesantemente la politica nigeriana e il dibattito episcopale anglicano) mentre se non c’e’ il presidente americano c’e’ qualcosa di male, ed ecco, la persona e’ influente. Un po’ vago, inconsistente e poco rigoroso, mi pare. Il problema e’ che se si sostituisce a un criterio qualitativo vago un criterio quantitativo altrettanto vago commetti lo stesso errore che imputi alla lista di time: devi accettarlo a scatola chiusa. Invece cosi’ non accade, la lista di Time e’ soggetta a critiche, ma fanno liste da qualche anno: anche la vostra, ovviamente, viene soggetta a critiche – alcune piuttosto serie – e il test pratico definitivo e’ in ultima analisi l’uso di questo criterio in pratica. Saranno cinque anni o piu’ che Wired fa questo tipo di liste, ma non scrivono che questo sia nulla piu’ di un gioco. Ma magari mi sbaglio, la vostra potrebbe essere un’idea buonissima, basta una ricerca su internet e un politico come Segolene che amministra una regione e candidato trombato alle elezioni e’ piu’ influente del fratello e sodale di uno che rimane li’ a influenzare le decisioni di 10 presidenti di fila, incluse quelle di assassinarlo e isolarlo…

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  6. Avatar Andrea Asoni
    Andrea Asoni

    Caro Michele,
    eviteremmo di forumizzare questo articolo. Eviteremmo anche il sarcasmo di solito usato come sostituto degli argomenti quando non se ne hanno piu’. Hai proposto delle critiche che abbiamo ascoltato e abbiamo proposto alcune idee in merito.

    Ribadire che il nostro metodo e’ vago e confuso senza proporre nuove idee e’ solo una perdita di tempo per te, per noi e per le cinque persone che leggono questo dibattito. E’ evidente (di jeffersoniana memoria) che un metodo contro cui Michele possa presentare critiche precise e concrete come quella sugli omonimi e’ definitivamente superiore ad un metodo che si basa sull’opinione di presunti esperti.

    Ci fermeremmo a questo punto. Direi di tenerci il disaccordo e non annoiare ulteriormente chi legge (e noi stessi).

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