di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
Con un discorso durato quasi quattro ore, il presidente cinese Xi Jinping ha illustrato al congresso del Partito comunista cinese, che gli conferirà il secondo mandato quinquennale, il luminoso avvenire che attende il paese, dipinto come una forza tranquilla ma determinata a farsi rispettare ed a procedere verso un nuovo “Grande Balzo in avanti” tecnologico col quale rafforzare il proprio ruolo di potenza politica ed economica mondiale.
La grande visione di Xi reitera quella espressa nel 2013: un’economia di mercato ibridata con forti imprese pubbliche ed una progressiva apertura ai capitali internazionali. Sul piano politico, la presa del partito sulla società resta saldissima ed appare destinata a rafforzarsi con la definizione di “spina dorsale della nazione”. La Cina aspira addirittura a sviluppare un soft power, cioè una fascinazione culturale e valoriale in paesi terzi, che appare piuttosto singolare, per un paese a partito unico.
Più concretamente, utilizza i fondi incanalati nel grande progetto della “nuova via della seta”: la Belt and Road Initiative e la Asian Infrastructure Investment Bank, versione cinese delle istituzioni multilaterali di sviluppo di emanazione occidentale, che rappresentano la grande esca per un emisfero eurasiatico affamato di crescita economica, con l’Africa eterna Cenerentola ma sulla quale Pechino sta da tempo investendo, e le forniture di petrolio e materie prime dal Sudamerica della dittatura venezuelana, dell’affanno economico ecuadoriano e del tentativo di rilancio argentino.
Mentre Donald Trump insegue la distopia isolazionista e regressiva della Old America a carbone, causando ansia alle imprese statunitensi, Pechino punta sulle tecnologie verdi come nuovo strumento di conquista dei mercati globali. La Cina ha sin qui vampirizzato la tecnologia sviluppata in Occidente, consentendo l’accesso al proprio mercato solo dopo condivisione delle tecnologie, poi sviluppate su base domestica.
Ai colossi digitali privati cinesi (Tencent, Alibaba, Weibo, Baidu) è concesso di prosperare dietro “collaborazione” con lo Stato costruita su Big Data ed intelligenza artificiale, in un audace esperimento di ingegneria sociale: riprodurre condizioni di mercato in un’economia a comando statale, grazie a flussi informativi in tempo reale sull’attività degli agenti economici.
I Big Data come strumento surrogato del valore segnaletico dei prezzi di mercato: la nuova giovinezza del Pianificatore centrale, che nella precedente era comunista non era in grado di prevedere la domanda di mercato e finiva invariabilmente a produrre un’”economia della penuria”, che ha fatto collassare il sistema.
La scommessa cinese è quella di usare le nuove tecnologie per creare una superpotenza politica ed economica senza le libertà individuali che hanno sino a questo punto della storia accompagnato lo sviluppo. La logica dei “nuovi blocchi” avanza, l’Occidente rischia di essere spiazzato dal “mercato digitalmente pianificato” cinese.