Altro che lotta all’establishment, ecco la prima mossa di Trump: aiuti ai ricchi

di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano

Dopo la reazione di forte avversione al rischio conseguente alle prime ore di smarrimento per l’esito elettorale, i mercati finanziari statunitensi hanno premiato Donald Trump con un rally che a molti osservatori inizia ad apparire eccessivo, con benefici per banche, farmaceutica e biotecnologia e più in generale per i titoli manifatturieri orientati al mercato domestico. Il forte rialzo dei rendimenti sin qui osservato appare conseguenza di attese inflazionistiche, che si producono sia per effetto del forte impulso fiscale promesso da Trump su un’economia già al pieno impiego, sia perché l’orientamento protezionistico del presidente eletto minaccia una ripresa dell’inflazione per effetto dell’imposizione di tariffe doganali.

Esiste un ovvio iato tra programmi elettorali e loro implementazione: nel caso statunitense ci sarà dialettica tra le posizioni di Repubblicani ortodossi quali il presidente della Camera dei Rappresentanti, Paul Ryan, e quelle molto più “eclettiche” di Trump, che ha assemblato un programma costoso (per il deficit e debito che produrrà) che pesca a sinistra, con la difesa dei colletti blu maltrattati dalla globalizzazione ma anche a destra, con un alleggerimento fiscale che beneficerà i redditi alti e molto alti.

Trump prevede tre aliquote Irpef (al 12, 25 e 33%, contro il 39,6% massimo attuale), e la contestuale introduzione di un tetto massimo agli oneri deducibili. Eliminata anche l’imposta di successione ma tassate al momento della morte le plusvalenze maturate (ad aliquota massima del 20%), con franchigia individuale di 5 milioni che raddoppia per i coniugi. Trump interviene anche sul carried interest, il discusso incentivo a favore dei gestori di fondi d’investimento, che tramite esso sfuggono alla tassazione progressiva sul reddito. Il piano del presidente eletto prevede che partner di hedge fund e fondi di private equity continuerebbero a sottrarsi all’Irpef perché assoggettati alla nuova aliquota d’impresa, che scenderebbe dal 35 al 15%. Non male, per l’uomo che doveva combattere la grande finanza.

Per le aziende è poi prevista una forte agevolazione al rimpatrio degli utili generati all’estero, tassati una tantum al 10%. Trump intende inoltre applicare l’imposta societaria del 15% anche alle “sole proprietorship“, equivalenti alle nostre ditte individuali e che sinora vedevano la tassazione degli imprenditori ad aliquota marginale Irpef. Un risparmio d’imposta consistente, che potrebbe produrre forme di elusione spingendo i lavoratori a maggior reddito a licenziarsi, creare un’azienda individuale e diventare “fornitori” della propria impresa, creando voragini nel gettito dei contributi sociali.

Secondo il think tank Tax Policy Center, le misure fiscali produrrebbero un forte aumento (stimato tra il 15 ed il 20%) del reddito dopo le imposte per l’1% dei contribuenti più ricchi, e solo dello 0,8% per il 20% di contribuenti a minor reddito.


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