di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
Ora che Matteo Renzi ha preso il controllo del Partito democratico e promette di andare molto veloce per riformare partito e paese, può essere utile dare un’occhiata a quelle che nell’ultimo anno sono state le sue principali ricette di politica economica.
A ottobre dello scorso anno Renzi lanciò il tema del sostegno ai consumi con cento euro al mese in più per lavoratori dipendenti e pensionati, da realizzare agendo sulle detrazioni di imposta. Renzi presentò la misura come “riduzione del cuneo fiscale”. Le perplessità nascevano, come sempre, dalla copertura di un provvedimento che si stimava potesse costare sino a 20 miliardi di euro. La risposta del sindaco di Firenze fu che i fondi sarebbero stati reperiti tagliando del 15 per cento “la spesa intermediata dalle pubbliche amministrazioni”. Espressione invero piuttosto criptica, forse si riferiva ai consumi intermedi della pubblica amministrazione. Ancora più problematica risultava la seconda fonte di copertura: “intervento su una parte dei contributi alle imprese, secondo il modello Giavazzi”. Solo che il “modello Giavazzi” suggeriva una compensazione ove, a tagli dei contributi alle imprese, corrispondessero tagli delle imposte pagate dalle imprese medesime. Pensare di tagliare i sussidi alle imprese per ridurre le imposte ai lavoratori non appariva idea particolarmente brillante. Come è finita (male), per il rapporto Giavazzi, è noto.
Passa quasi un anno, ma l’idea dei cento euro al mese non lascia Renzi. Che ad un certo punto la cede in lavorazione al deputato Yoram Gutgeld, considerato nelle scorse settimane come suo principale consigliere economico. Gutgeld identifica l’eccesso di pressione fiscale a danno dei lavoratori dipendenti che hanno un netto in busta intorno ai 1200-1500 euro mensili, e quantifica l’esborso in 15-20 miliardi di euro. La copertura: un’azione in due tempi, dismissioni patrimoniali pubbliche come soluzione-ponte, in attesa che la ripresa fornisse le risorse su base strutturale. E quindi, nel primo anno, cessione di “Eni, Enel, Poste e Ferrovie da un lato; dall’altro la parte più vendibile del patrimonio immobiliare pubblico, ossia le case popolari, con prezzi di favore nei confronti degli inquilini»
Piano velleitario: in una situazione di crisi come l’attuale, con privatizzazioni e dismissioni ferme, ecco l’ideona di vendere i pesi massimi delle aziende statali, oltre all’immancabile cessione delle case popolari agli inquilini, che ci accompagna da lustri, e che è pure stata effettuata in ambito locale, ma su tempi lunghi. Qui, invece, si parlava di cessioni da effettuare in un anno. Dal secondo anno la copertura sarebbe venuta, secondo Gutgeld, dalla mitologica “lotta all’evasione fiscale”, ad esempio reintroducendo l’elenco clienti-fornitori, e dagli abituali “tagli di spesa”. Tra questi ultimi, Gutgeld riteneva dovesse esservi il blocco delle indicizzazioni delle pensioni erogate con sistema retributivo, comprese tra tre e sette volte il minimo. Tre volte il minimo rappresenta una miseria (circa 1.500 euro mensili lordi), ma la cosa curiosa di questa proposta era l’azione di “punta-tacco” nei confronti dei pensionati nella fascia di reddito a cui Renzi voleva erogare i famosi cento euro in più al mese, e che li avrebbero progressivamente persi con il blocco della indicizzazione.
Gutgeld è finito presto nell’ombra, è ora il turno di Filippo Taddei, “giovane” (37 anni) economista della Johns Hopkins University di Bologna, divenuto responsabile economico della segreteria del Pd. Taddei ha esordito ribadendo l’importanza di tagliare il cuneo fiscale. Tra le coperture, nelle parole dall’economista, vi sarebbe “reintrodurre l’Imu sulla prima casa, che è un’imposta patrimoniale, e usare quelle risorse per abbassare le tasse sul lavoro”. Ma l’Imu sulla prima casa di fatto non è mai scomparsa, e nel 2014 si chiamerà Iuc. Quindi che fare, raddoppiare un tributo patrimoniale sugli immobili per ridurre il cuneo fiscale? Taddei poi si dice convinto di poter recuperare un punto percentuale di Pil (cioè 16 miliardi di euro) agendo sui costi di “organi legislativi, governo e diplomazia”, per riallineamento alle leggendarie “medie europee”. A parte l’enorme alea di una simile proposta, Taddei non è ancora riuscito a decidere su quale lato del cuneo fiscale agire. Parlare di “riduzione dell’Irpef” con le risorse liberate non ha molto senso, visto che il problema lo hanno le imprese in termini di costo del lavoro.
La Renzinomics da oltre un anno gira intorno al punto ma resta molto evanescente sulle azioni da intraprendere. Oggi che Renzi ha le mani sul timone, il tempo delle trovate alla Archimede Pitagorico appare scaduto. E l’unica cosa che ci viene in mente, al momento, è “fai presto, Matteo. Se ne sei capace”.
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