di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
Pessima giornata per i mercati azionari, tutti in calo dopo una salita durata alcuni mesi e che ha sfidato la forza di gravità ed i fondamentali, che indicano una crescita economica globale ancora debole. Il Giappone è sprofondato, perdendo il 7,32 per cento sull’indice Nikkei.
Il rischio di deflagrazione dell’Eurozona si è ridimensionato, grazie alla minaccia di interventi da parte della Bce ed alla volontà di Berlino di anestetizzare la situazione sino alle elezioni tedesche. Ma i problemi sono molti. Oltre alla crescente divaricazione tra economia reale debole e quotazioni azionarie esuberanti, sui mercati pende la possibilità che la banca centrale statunitense proceda gradualmente a rimuovere l’eccezionale stimolo monetario sin qui praticato. L’ultimo meeting di politica monetaria della Fed ha infatti evidenziato che alcuni governatori vorrebbero ridurre il flusso di acquisti di titoli di stato ed obbligazioni ipotecarie (oggi 85 miliardi di dollari al mese) già da giugno. Ben Bernanke, nel corso dell’audizione semestrale davanti al Congresso, ha confermato l’esistenza di questa dialettica interna alla Fed ma ha anche confermato la propria posizione di “colomba in capo” alla politica monetaria statunitense.
Lo schianto del mercato azionario giapponese giunge al culmine di un rialzo senza precedenti cominciato dopo la vittoria elettorale di Shinzo Abe e il successivo avvio di un mix di politica economica volto a fare deficit fiscale (nonostante un rapporto debito-Pil del 250 per cento) e tentare di stroncare la deflazione che attanaglia il paese da un ventennio, puntando ad una inflazione del due per cento il prima possibile. La manovra giapponese ha galvanizzato gli investitori, giapponesi ed internazionali, in un quadro di imponente liquidità globale. Solo che, come sempre capita in queste situazioni, i mercati si portano un po’ troppo avanti, nello scrutare scenari indossando occhiali con le lenti rosa, e questo prosegue sin quando non si verifica un evento-catalizzatore che causa correzioni violente. Nel caso giapponese, le evidenze disponibili indicano che il mercato azionario è stato spinto nella prima fase del rialzo dal denaro degli hedge fund internazionali , che da qualche tempo hanno ceduto il testimone agli investitori domestici giapponesi, soprattutto quelli piccoli, le famiglie.
Il mercato azionario giapponese nelle ultime settimane è stato trascinato al rialzo da quello che sui mercati si chiama “dumb money”, il “denaro tonto” dei piccoli risparmiatori. Oltre a questa bollicina speculativa domestica giapponese ed alla spada da Damocle della fine dello stimolo monetario della Fed, i mercati sono preoccupati anche dalle notizie provenienti dalla Cina, il maggior motore di crescita globale dell’ultimo decennio, dove la manifattura arranca, il sospetto di buchi neri nei conti pubblici locali è sempre più forte, e dove è in atto una delicata transizione da un modello di sviluppo basato su investimenti ed export ad uno fondato su consumi.
Occorre abituarsi a convivere con queste dinamiche: enormi impulsi di liquidità, iniettati nel sistema finanziario per contrastare il rischio di collasso, alimentano nuove forme di “esuberanza” più o meno razionale delle quotazioni, sino al momento in cui accade un evento che ha la stessa funzione dello spillone su un palloncino. A seconda dell’entità del crollo, le banche centrali accorrono in soccorso dei mercati, rimangiandosi l’ipotesi di rimuovere gli stimoli monetari o fornendone di nuovi, ed il ciclo ricomincia. Sino a quando?
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