di Andrea Gilli
Qualche tempo fa il Pentagono aveva annunciato di voler ridurre significativamente il programma C27J. Questa settimana però Alenia – come si dice negli Stati Uniti – went nuclear. Il caso è interessante per ragionare sulle cooperazioni internazionali in materia di difesa, sul rapporto tra USA e Italia e sul futuro internazionale di Finmeccanica.
Il C27J è un aereo da trasporto sviluppato in cooperazione tra gli Stati Uniti e l’Italia. I dettagli del programma si trovano nel link precedente. Questa è la storia ufficiale. La storia ufficiosa è un’altra: a fine anni Novanta, l’Europa voleva sviluppare un aereo da trasporto comune, il Future Large Aircraft (poi A400M). L’Italia faceva parte del programma. Gli USA non erano per nulla contenti di tutto questo attivismo (leggi: protezionismo) europeo e intervennero con la strategia divide et impera. In quel caso, puntarono al più “corrompibile” dei membri del consorzio, l’Italia, che aveva in parallelo un altro programma da trasporto a medio raggio, appunto il C27J, e proposero di svilupparlo in cooperazione. Più o meno esplicitamente l’accordo prevedeva che l’Italia uscisse dall’A400M. Nessun complotto. Nessuna macchinazione. Così funziona il mercato della difesa internazionale: al protezionismo europeo, l’American rispondeva con un’apertura strategica del suo mercato. Per inciso, l’Italia aveva tutto da guadagnarci: al posto di un tozzo di pane nel programma A400M, avremmo ottenuto benefici nettamente superiori dalla cooperazione con gli USA sul C27J.
Tutto bene, quindi? L’A400M è stato un bel disastro, quindi per certi versi la scelta – molto contestata allora – è stata anche corretta (anche se ciò si può dire solo ex-post).
Qualcosa però è cambiato. Il Pentagono deve dimagrire e i programmi non strettamente necessari stanno finendo sotto la lente. Il C27J è tra di essi. Fino a qualche mese fa sapevamo il programma sarebbe stato ridotto. Ora però gli Stati Uniti hanno avuto un’idea più (?) brillante: vendere all’estero i loro 21 aerei C27J già acquistati. Il che vorrebbe dire che alla fine non ne comprerebbero più nessuno.
In tutta risposta, Alenia ha risposto “nuclearmente”: ha minacciato di non fornire assistenza logistica per quegli aerei che gli USA vogliono (ri)esportare. La ragione è semplice: 21 C27J equivalgono a 2 anni e mezzo di lavoro per Alenia e di questi tempi di magra l’azienda non è per nulla disposta a perderli (dopo aver già visto il programma C27J scendere dai 145 aerei iniziali ai 21 attuali). La mossa rivela però anche qualcosa in più.
In primo luogo, la reazione nucleare di Alenia rivela quanto il mercato americano sia destinato a chiudersi negli anni a venire. Minacciare di non fornire assistenza logistica significa giocare pesante. Se Alenia è disposta a fare questo passo è perché non si aspetta alcun ordine dagli USA per parecchio tempo. D’altronde, all’orizzonte è difficile vedere possibilità di business in America: tra protezionismo e tagli, i margini sono proprio assenti.
Mi pare, però, che ci sia un secondo punto più generale e più importante da sottolineare. Nel corso degli anni 2000, Finmeccanica (la holding che controlla Alenia) è cresciuta enormemente a livello internazionale, diventando la nona azienda al mondo nel comparto difesa e aerospazio. Sicuramente il merito va attribuito al precedente Amministratore Delegato e Presidente, Guarguaglini. E’ chiaro – però – che non ci si espande all’estero e soprattutto negli Stati Uniti solo perchè si è bravi. Aziende come Thales (Francia) o EADS (Francia-Spagna-Germania) hanno certamente un management competente, eppure non sono riuscite ad espandersi altrettanto all’estero. Senza fare tanti giri di parole, l’espansione di Finmeccanica è stato un prodotto di due dinamiche collegate: il sostegno del governo Berlusconi agli Stati Uniti (Afghanistan e Iraq) e l’ascesa del fronte franco-tedesco anti-americano in Europa (Chirac-Schroeder). Agli USA – al tempo – faceva comodo un alleato nell’Europa continentale: l’Italia ha ricoperto quel ruolo, con importanti benefici anche a livello di industria militare. Lascio le considerazioni politiche ad altri. Il punto che mi interessa è un altro: con gli USA che si spostano verso l’Asia, con la Francia che rientra nel Comando militare NATO (2008) e lancia – insieme alla Gran Bretagna – la guerra contro la Libia (2011), la necessità dell’Italia come partner politico viene necessariamente meno. Ciò necessariamente significa tempi più difficili per Finmeccanica sia in Nord America che a livello internazionale.
Guardiamo ai numeri: Finmeccanica era presente negli USA con tre grandi programmi, l’elicottero presidenziale, il C27J e la Littoral Combat Ship. I primi due sono stati cancellati. La terza sopravvive: non a caso, Finmeccanica è entrata in questo programma per le sue competenze nel campo navale, non per ragioni politiche (Fincantieri).
Urge ritrovare una politica estera che sappia collocarci a livello internazionale nei nuovi scenari mondiali: il passo è una condizione necessaria per rafforzare il ruolo internazionale di Finmeccanica. Altrimenti, senza export militare, l’Italia non avrà i fondi per finanziare la ricerca. Il rischio è, nel giro di 15/20 anni, di trovarci sia senza politica estera che senza industria della difesa.
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