di Andrea Gilli
La scorsa settimana ero a Roma alla presentazione di uno studio dello IAI sul programma di trasformazione dell’Esercito Italiano Forza NEC. Lo studio è interessante, in primo luogo perché è uno dei primi lavori in Europa su questi temi. Che io sappia, non ci sono infatti studi analoghi sul programma francese Scorpion o sul programma inglese FRES. [1]
Lascio a chi legge ulteriori considerazioni a proposito. Lo studio è interessante e vale la pena di essere letto. In questa sede mi voglio soffermare solo su alcuni punti a cui necessariamente non viene dato spazio ma che, probabilmente, dovrebbero essere considerati in futuro.
La Net-Centric Warfare è la dottrina operativa su cui si fonda la Rivoluzione degli Affari Militari sorta vent’anni fa con l’introduzione delle tecnologie informatiche in ambito militare. L’idea di fondo è che queste tecnologie permettono una più rapida circolazione delle informazioni che può quindi essere sfruttata per massimizzare l’efficacia ed efficienza dello strumento militare.
Sulla base della suddetta Net-Centric Warfare le forze armate occidentali hanno lanciato vasti programmi di trasformazione nel corso degli ultimi 10/15 anni con i quali hanno cercato di modernizzarsi.
Forza NEC è il programma di trasformazione dell’Esercito italiano. Il suo scopo è integrare l’equipaggiamento dell’Esercito Italiano, quello nuovo, quello vecchio e quello in sviluppo, in modo che risponda alle esigenze della Net-Centric Warfare. [2]
A questo punto, vale la pena fare qualche considerazione sui punti a cui lo studio dedica meno spazio o che comunque meritano attenzione in futuro.
In primo luogo, l’esperienza americana ha sollevato dei dubbi sulla Net-Centric Warfare. Non parlo tanto delle guerre di counter-insurgency in Iraq e in Afghanistan, ma proprio delle guerre convenzionali che hanno aperto quei conflitti. Stephen Biddle ha condotto uno studio sull’Iraq e uno sull’Afghanistan ed entrambi sollevano delle perplessità sulla reale efficacia della Net-Centric Warfare [3]. La domanda è quindi se e come l’Esercito Italiano ha modificato il suo programma di trasformazione alla luce di quell’esperienza. E’ possibile che ciò non fosse necessario, in quanto il concetto su cui si basa la nostra trasformazione (Network-Enabled Capabilities) è meno ambizioso di quello americano (Net-Centric Warfare). Sarebbe però utile poterne sapere un po’ di più a proposito.
Un altro elemento sul quale lo studio dedica poco spazio è l’Open System Architecture. La trasformazione in atto in ambito militare si basa sull’integrazione di tutte le piattaforme e sistemi in una rete. Perché questa trasformazione sia efficace è necessario che tutte le piattaforme si possano collegare ed integrare al meglio. Ciò vale anche per le nuove tecnologie, le nuove piattaforme, i nuovi sistemi e sotto-sistemi, etc.
Poiché la tecnologia informatica ha cicli rapidissimi, il sistema può rimanere avanzato solo se è progettato fin da subito per aggiornarsi.
Ovviamente ciò pone notevoli problemi in termini di procurement, sviluppo e integrazione. [4]
Forza NEC usa lo sviluppo a spirale, ovvero procede a cicli, e in ogni ciclo viene integrata la nuova generazione tecnologica. Negli Stati Uniti c’è un grosso dibatitto sull’uso dell’Open System Architecture per massimizzare questo proceso: un’architettura di sistema aperta così da poter inserire nel sistema il maggior numero possibile di sistemi e piattaforme, se necessario, andando a sfruttare anche tecnologie commerciali, se possibile (modello Linux). Il modello opposto si basa invece su un’architettura chiusa su cui si può far funzionare solo ciò che le impostazioni iniziali permettono (modello Apple) [5].
La Gran Bretagna ha cercato recentemente di muoversi in questa direzione con il suo programma di terra GVA. Anche in questo caso sarebbe interessante capire meglio se e come la questione del sistema aperto (non) è stato affrontato. E’ infatti possibilissimo che un sistema totalmente aperto non sia possibile, per esempio per ragioni di generazione di energia o di sicurezza, o per le problematiche che creerebbe in termini di gestione. Però, anche in questo caso, qualche dettaglio in più sarebbe stato utile. [6]
* * *
[1] Un’eccezione è Ina Wiesner, Importing the American Way of War? The Adoption of Network-Centric Warfare by the British and German Armed Forces, Ph.D Dissertation (Fiesole: European University Institute, 2011).
[2] Anthony King, The Transformation of European Armed Forces (Cambridge: Cambridge University Press, 2011); Gordon Adams, Ben Guy-Ari, John Logsdon and Ray Williamns, Bridging the Gap: European C4ISR Capabilities and Transatlantic Interoperability (Washington, DC: The George Washington University, 2004).
[3] Stephen D. Biddle and Jeffrey A. Friedman, The 2006 Lebanon Campaign and the Future of Warfare: Implications for Army and Defense Policy (Carlisle, PA: Strategic Studies Institute, 2008); Stephen Biddle et al., Toppling Saddam: Iraq and American Military Transformation (Carlisle, PA: Strategic Studies Institute, 2004); Stephen D. Biddle, Afghanistan and the Future of Warfare, Implications for Army and Defense Policy (Carlisle, PA: Strategic Studies Institute, 2002).
[4] Raffaele Guarino, Luca Ferdinandi, Pasquale Mari, Andrea Nulli, Marcella Valentini, Pragmatismo nella implementazione delle tecnologies NEC/NCW nella componente terrestre dello strumento militare (Roma: CeMISS, 2007); Andrew Ross, Peter J. Dombrowski, Eugene Gholz, Military Transformation and the Defense Industry After the Next, Newport Papers (Newport, RI: Naval War College Press, 2003).
[5] General Accounting Office, Challenges and Risks Associated with the Joint Tactical Radio System Program (Washington, DC: GAO, 2003); General Accounting Office, Opportunities Exist to Achieve Greater Commonalities and Efficiencies among Unmanned Aerial Systems (Washington, DC: GAO, 2009).
[6] Ministry of Defence, Defense Standard 23-09: General Vehicle Architecture (London: Ministry of Defence, 2010).
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