Libia: una guerra senza strategia

di Andrea Gilli

Il disastro dell’operazione militare in Libia è evidente guardando un solo dato. L’operazione era partita per fermare l’uso arbitrario e indiscriminato della forza da parte di Gheddafi contro la sua popolazione. Due giorni fa, la NATO ha sferrato un attacco contro il quartier generale di Gheddafi. Un attacco che, se non è indiscriminato (50 vittime), di sicuro mostra l’arbitrarietà dell’uso della forza. Se non è legittimo bombardare la propria popolazione civile, bisogna quanto meno chiedersi quanto lo sia bombardare un capo di Stato che sta combattendo una guerra civile.

Per rispondere a questa domanda bisogna capire come mai la NATO ha deciso di chiudere il cerchio intorno a Gheddafi arrivando, alla fine, ad agire in contraddizione con i suoi stessi fini. La ragione è presto detta. Le operazioni militari non stanno andando come pianificato. La causa di tutto ciò si trova nella discutibile strategia adottata sinora.

L’insigne stratega britannico Lawrence Freedman ha più volte sottolineato come la strategia sia un’arte, più che una scienza. Sono fondamentalmente d’accordo. Ciò però non significa che il wishful thinking debba dettare le decisioni strategiche.

Nel caso della Libia, la coalizione ha fissato degli obiettivi senza adottare le strategie necessarie per il loro raggiungimento. Inizialmente, si è parlato di una no-fly zone per impedire a Gheddafi di bombardare la popolazione civile.

Quando la no-fly zone è stata inaugurata, in realtà, Gheddafi stava combattendo una guerra civile facendo ricorso, prevalentemente, a truppe di terra. Come tutte le guerre civili, gli scontri in Libia erano cruenti. Ma non c’è prova di violenze inaudite e su scala enorme contro la popolazione libica. Dunque la no-fly zone è arrivata quando in realtà non serviva.

Anziché ritirarsi o favorire un cessate il fuoco, la coalizione internazionale ha deciso di schierarsi con i ribelli. La ragione non ci è chiara. Resta comunque il fatto che la no-fly zone, da strumento neutro per tutelare i civili è diventato uno strumento parziale per favorire l’avanzata dei ribelli.

Per non sbagliarsi, la coalizione ha così iniziato ha colpire anche le truppe di terra di Gheddafi: in ambienti militari si sperava che così i ribelli potessero vincere più facilmente. Un po’ come un arbitro che fa lo sgambetto ai giocatori di una squadra mentre arbitra la partita.

Purtroppo, anche in questo caso c’è stata una conspiracy of optimism. I ribelli sono male addestrati, poco coesi, armati male. Questi non hanno capacità di pianificazione, non solo a livello strategico, ma anche sul piano tattico, operativo e logistico. Non sorprende che, dopo un mese e mezzo di bombardamenti alleati, questi non abbiano ottenuto risultati significativi.

Ecco che, una alla volta, sono spuntate fuori delle idee per dare il colpo finale a Gheddafi. Prima bisognava armare i ribelli. Ma presto si è capito che l’idea non era esattamente geniale, specie perché non si sapeva che fine avrebbero fatto queste armi. Poi si è pensato di addestrarli. L’idea non era peregrina visto che, come gli scontri stanno dimostrando, più che le armi ai ribelli manca l’addestramento. Per un mese si è nicchiato. Pochi giorni fa si è saputo che Francia, Inghilterra e Italia hanno mandato degli addestratori militari. In realtà, si sa da inizio febbraio che le forze speciali americane, inglesi e francesi sono in Libia per dare supporto logistico e militare (incluso l’addestramento). Gheddafi, però, non molla.

D’altronde, non si capisce per quale ragione egli dovrebbe andare in esilio, perdere la sua ricchezza e magari finire in prigione, condannato per crimini contro l’umanità. Dalla sua parte ha la popolazione di Tripoli e il controllo su diversi punti nevralgici del Paese. La coalizione però ha capito che di questo passo non si va da nessuna parte. Una no-fly zone di questo tipo non può rimanere in piedi per anni. E prima che i ribelli possano davvero contrastare le forze realiste ci vorrà molto tempo.

Ecco che siamo arrivati al punto conclusivo di questa che chiamano guerra ma che sembra una farsa. Ora in Libia hanno schierato i Predator e Gheddafi è diventato un obiettivo più o meno dichiarato.

Si badi, tutto ciò è il prodotto di un solo fattore: l’indisponibilità a mandare truppe di terra. E’ il caso di sottolineare meglio il paradosso: siamo in Libia per prevenire atrocità impronunciabili. Ma queste atrocità non sono evidentemente abbastanza atroci da giustificare un’invasione di terra. Singolare, verrebbe da dire.

Quindi, da una parte ci si è schierati con i ribelli facendo chiaramente capire che speriamo nella loro vittoria. Dall’altra parte, non si è voluto utilizzare tutti i mezzi possibili per aiutarli. Il mix perfetto per far continuare la controffensiva di Gheddafi.

C’erano due strade, una consisteva nel favorire il dialogo e l’altra nel buttare tutto il nostro peso dalla parte dei ribelli. La coalizione internazionale ha deciso di fare le cose a metà. Così non c’è stato né dialogo né vittoria dei ribelli. Quanto a lungo e come finirà questa guerra è tutto da vedere. Certo è che se la capacità strategica continuerà ad essere quello osservata sinora, ci sono buone ragioni per temere che il peggio non sia ancora arrivato.

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5 risposte a “Libia: una guerra senza strategia”

  1. Avatar Zeno
    Zeno

    giuste osservazioni.
    forse eccedo in malizia, ma la ritrosia nell’intervenire più efficacemente, inclusa l’opzione “boots on the ground” che più volte è stata paventata come ipotesi non espressamente negata dalla risoluzione onu, discende più dalla necessità delle cancellerie europee di chiarirsi le idee e accordarsi su come ridisegnare gli equilibri delle rispettive influenze sulle terre ai confini dell’impero.
    trovato un accordo e identificato un “interlocutore” confacente si metterà a frutto l’esperienza afghana.

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    1. Avatar Andrea Gilli
      Andrea Gilli

      Non penso. L’Inghilterra non ha letteralmente truppe da mandare. Le guerre in Iraq e Afghanisntan hanno cannibalizzato il suo equipaggiamento. Basti dire che la RAF a fatica è riuscita a dispiegare 4 Eurofighter.
      Francia, Italia e Stati Uniti, semplicemente, non vogliono mandare delle truppe. In un momento in cui stiamo cercando di capire come andarcene dall’Afghanistan dubito che ci sia voglia di entrare in una nuova campagna del genere. La questione del post-Gheddaffi è importante, ma non mi pare quella che finora ha fermato l’offensiva di terra.

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  2. Avatar Zeno
    Zeno

    penso che alla RAF gli eurofighter li abbiano dispiegati per non sfigurare in Lybiasatory dove il rafale si è cucito la coccarda “combat proven” nel ruolo aria terra.
    da quel che si legge il typhoon ha sganciato bombe guidate, ma la mira la prendeva il tornado che lo accompagnava.
    il lavoro “serio” resta agli aeroplani che sono nati per farlo, gli unici rimasti dopo che hanno messo a terra tutta la flotta imbarcata di harrier ovvero i tornado.
    sul mandare le truppe a terra invece credo che le remore derivino proprio dall’incertezza che ancora aleggia sul cosa ci debbano eventualmente andare a fare. nozione dalla quale discende anche il quante e il come armarle e mandarcele.
    se nel frattempo gheddafi e famigli graziosamente sloggiano, tanto di guadagnato, ça va sans dire.
    la lezione irakena credo abbia insegnato che le truppe a terra si mandano dopo aver ricevuto garanzia di supporto da parte delle tribù locali, non prima o nonostante non si sia stati invitati.
    di fronte al rischio che la libia diventi la somalia del mediterraneo credo che il modo di accelerare il disimpegno afghano, per non parlare di libano, e kossovo, lo si trovi in fretta, alla bisogna.

    a differenza dell’afghanistan il petrolio libico può permettersi di pagare il conto di qualche migliaio di mezzi e uomini necessari per prendere agli irriducibili una sottile striscia costiera dopo aver bene o male assicurato o comprato la benevolenza delle fazioni incerte o attualmente ostili.

    forse sono troppo immaginifico, ma a me pare che allontanando lo sguardo dalla cronaca degli eventi ci sia un filo conduttore che lasci intendere una trama di questo genere.

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    1. Avatar Andrea Gilli
      Andrea Gilli

      Ci sono questioni diverse.

      1) Letteralmente la RAF ha fatto fatica a mandare 4 Eurofighter in Libia. Mancavano i pezzi di ricambio e ne hanno dovuti cannibalizzare alcuni per averne almeno 4 disponibili. La notizia dovrebbe essere uscita anche sui giornali.

      2) Per quanto riguarda gli attacchi aria-terra. In realtà, tutti sono stati impressionati dal Brimstone (UK). La questione del lavoro degli aerei conta ma non mi risulta che il Rafale abbia lasciato tutti a bocca aperta. E’ un discreto aereo, ma alla fine ciò di cui parli tu sono i sensori e quelli basta svilupparli/cambiarli per svolgere determinate funzioni.

      3) Sull’invasione di terra. Ciò che dici è corretto, ma ripeto, al momento la questione non è quando intervenire ma come EVITARE di intervenire. Su questo Londra e Washington non hanno dubbi. Non vogliono mettere piede in Libia.

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  3. Avatar Zeno
    Zeno

    si, è noto che hanno avuto recenti problemi con i pezzi di ricambio dei typhoon e la spending review draconiana ha fracassato aeroplani e spogliato la flotta, tuttavia tra cipro e basi italiane hanno schierato un bel po’ di mezzi e armamenti. solo in italia tra tornado e i quattro ef hanno ben 22 aerei. hanno lanciato qualche tommy, molti storm shadow e ora anche i brimstone oltre alle solite bombe a guida laser. tutta ferramenta molto costosa (1 brimstone costa come 10 pickup)

    quanto al rafale, non ha impressionato perché quel che fa lo si sapeva già capace di farlo, è nato per farlo, ora lo ha semplicemente fatto “davvero” e non in un air show. l’ef che nasce privilegiando il ruolo aria aria invece non sono affatto tutti convinti di farlo evolvere davvero in un multiruolo proprio perché i principali partner hanno scommesso sul più nuovo e pare innovativo giocattolo F35. le casse dissestate non permettono di investire anche sul “vecchio” ef. peccato che quel che manca ora al typhoon e che invece possiede il rafale sia una dote apprezzata nelle poche e succose gare internazionali nelle quali i due aeroplani competono.

    dimostrare che anche se non perfettamente integrate le capacità di attacco al suolo ci sono è importante per i governi anche solo per continuare a sperare di sostituire con nuovi compratori gli ordini ora in esubero che i committenti del consorzio eurofighter vorrebbero cancellare senza pagare dazio. sono arrivati a presentare come fattibile una versione navalizzata del typhoon per la marina indiana a patto che i denari per lo sviluppo ce li mettessero tutti e soltanto loro.

    la partecipazione dei typhoon della raf ai bombardamenti è a mio avviso manifestamente “dimostrativa”

    la questione dei sensori non è banale. ci sono già, quello che costa è l’integrazione del sistema di designazione e dell’armamento nel sw del nuovo aeroplano, ma anche questo è stato fatto. i typhoon sono stati integrati con lo stesso pod di designazione e guida laser impiegato sui tornado. il problema pare essere nei piloti. pochissimi nella raf hanno già conseguito la qualifica per utilizzare in missione questo strumento quindi si fa affidamento agli equipaggi già ben addestrati dei tornado e quelli dei typhoon ne approfittano per fare pratica.

    infine sul mettere piede in libia, un conto è non volere, preferire non farlo, altro è potersi permettere scelte meno impegnative. temo non ci sarà grande spazio di “manovra”

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