di Andrea Gilli
A quasi due settimane dal fallito attentato sul volo Northwest Amsterdam-Detroit del 24 dicembre, le analisi si sprecano. Usiamo poche righe per fare brevissime considerazioni, per lo più tratte da altre fonti.
Maureen Down, sul New York Times, si chiede se non sia assurdo che l’antiterrorismo non sia riuscito a fare almeno un doppio controllo su un individuo che viaggiava con un paio di mutande da donna e al cui interno era nascosta una siringa piena d’acido. Un uomo che lo stesso padre aveva segnalato all’ambasciata americana in Nigeria per via dei suoi deliri fanatico-islamisti. Un individuo che aveva pagato in contanti il proprio biglietto aereo. Che viaggiava senza bagagli, e il cui visto era stato negato dagli inglesi solo pochi mesi fa. Se non fosse abbastanza, il suo nome era su una lista anti-terrorismo e di recente aveva studiato l’arabo in Yemen, uno dei santuari di al-Qaeda.
In definitiva, se non prendono uno così, si chiede la Dowd, chi dovrebbero prendere? In effetti è difficile rispondere: specie se, come il sottoscritto, è successo di essere sottoposti a draconiani controlli aeroportuali per via di una piega sul passaporto. Oltre all’analisi di Stratfor, vale la pena dare un’occhiata al saggio di Amy Zegart sul fallimento dell’intelligence nel caso dell’11 settembre. L’impietosa analisi della Zegart mostra come il problema sia stato, principalmente, di agency-coordination. In breve, le informazioni necessarie per poter prevenire l’attacco erano disponibili. Purtroppo però, non c’era una struttura per raccoglierle e metterle tutte quante insieme. In breve, un’agenzia governativa era a conoscenza di determinati elementi, un’altra di altri, e così via. Un dato, da solo, non fa un indizio. Mettendo insieme tutti i dati, però, si fa un quadro. Negli studi di intelligence, questo quadro si chiama net assessment. Il dramma è che la confusione burocratica aveva portato nel dimenticatoio questa funzione. Che alla fine è la più importante.
Il dramma, nel caso dell’attentato fallito il 24 dicembre, è che la situazione è la stessa pre-11 settembre – a quanto pare. Nonostante, nel frattempo, vi sia stata una mastodontica riforma dell’intelligence USA.
Nel loro libro sulla politica di difesa americana, Sapolski, Gholz e Talmadge (2008), notano come dopo la Russia, gli Stati Uniti siano il Paese al mondo con il più alto numero di zar. Come la storia della Russia dimostra, però, l’accentramento di poteri, di per sé, non è condizione sufficiente per portare ammodernamento, efficienza ed efficacia. Il fallito attentato del 24 dicembre sembra proprio confermare questa intuizione.
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