E’ troppo presto per parlare di ripresa

di Mario Seminerio  – © Liberal Quotidiano

Il forte rally delle quotazioni azionarie globali, in atto da alcune settimane, ed alcuni dati macroeconomici meno peggiori delle attese, stanno contribuendo alla formazione di aspettative di stabilizzazione del quadro economico. Si tratta di attese diffuse anche in Europa, dove fino a non molto tempo addietro si riteneva che la congiuntura fosse destinata ad aggravarsi significativamente rispetto agli Stati Uniti, essenzialmente per il minore impiego di risorse fiscali nello stimolo della congiuntura, per i limiti statutari e politici ai margini di manovra della Banca Centrale Europea, oltre che per la prossimità con un’area (quella dell’Europa Orientale) che rappresenta un fondamentale mercato per i paesi Ue, e che sta vivendo una crisi drammatica causata dal deflusso di capitali occidentali e da indebitamento di famiglie ed imprese in valute forti (euro e franchi svizzeri).

Riguardo il nostro paese, l’ultimo bollettino economico della Banca d’Italia ha evidenziato un rallentamento della velocità di caduta congiunturale, ma si è (ovviamente e correttamente) ben guardato dal preconizzare una eventuale ripresa. Di fatto, quanto sta accadendo sembra più il frutto di un orientamento psicologico che di effettiva svolta di mercato. I mercati azionari, come noto, tendono ad anticipare la congiuntura, anche di parecchi mesi, e certamente il recente rialzo è stato significativo, per vigore e portata. Ma giova ricordare che anche durante la Grande Depressione si verificarono alcuni vistosi recuperi, all’interno di una tendenza di più lungo periodo che è rimasta depressa. In altri termini, la volatilità resta la caratteristica dominante dei mercati, e ciò suggerisce immutata cautela.

Anche il recente violento rimbalzo delle quotazioni azionarie delle banche statunitensi appare una reazione a quotazioni storicamente depresse, oltre che la probabile conseguenza di alcuni eventi, tra i quali gli annunci di alcuni tra i maggiori istituti di una ripresa di redditività operativa, o l’attenuazione delle regole di mark-to-market, che consentiranno alle banche di valutare secondo propri modelli (spesso fantasiosi) i titoli iscritti all’attivo dei propri bilanci. Anche gli ultimi dati macroeconomici appaiono caratterizzati da una singolare particolarità: una forte correzione statistica per la stagionalità che migliora dati grezzi particolarmente negativi. Tra i dati di mercato che sembrano giustificare maggiore ottimismo vi è invece l’andamento degli indici delle materie prime, segnatamente del rame, che appare aver ormai consolidato i minimi ed avviato una visibile ripresa di prezzo. Dietro questo fenomeno vi è la Cina, che da tempo sta incettando materie prime, al punto da integrare verticalmente il settore acquisendo quote di fornitori, come suggerisce la ricapitalizzazione dell’australiana Rio Tinto per opera di Chinalco. Malgrado dati sulla crescita del credito bancario cinese in forte crescita non è scontato che tali recuperi di prezzo delle materie prime possano derivare da una effettiva svolta congiunturale e non dalla ricostituzione del livello di scorte.

In sintesi, e considerato che nessuna crisi può indefinitamente produrre una costante caduta dei livelli di attività, occorrono altre evidenze prima di poter affermare che la congiuntura si è stabilizzata. Ed anche in quel caso, data la necessità del consumatore americano di risparmiare per rimborsare i propri debiti, è difficile immaginare la ripresa di una crescita robusta e durevole.


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