Gli Stati Uniti rischiano un lento declino “europeo”

di Mario Seminerio – © Liberal quotidiano

La scorsa settimana è stata resa nota l’analisi preliminare del bilancio federale elaborata dal Congressional Budget Office (CBO). Da esse si evince che quest’anno il deficit federale raggiungerà i 1800 miliardi di dollari, portando il rapporto tra deficit federale e Pil nel 2009 ad un impressionante 13 per cento. Maastricht non è una ridente cittadina sul Potomac.

Il problema vero, tuttavia, è quanto accadrà ai conti pubblici quando l’economia sarà tornata a girare a livelli di pieno impiego. Quest’anno, per effetto dello stimolo obamiano e di un’economia in pessime condizioni, il gettito fiscale dovrebbe crollare al 15,4 per cento del Pil. Nel 2012, quando i dati del CBO prevedono che l’economia tornerà ad una crescita di trend, quel dato dovrebbe tornare al valore storicamente normale, compreso tra il 18 ed il 19 per cento del Pil. Riguardo la spesa, per effetto dei vari salvataggi iniettati nel sistema e dell’operare degli stabilizzatori automatici, la spesa federale toccherà nel 2009 il 28 per cento del Pil, livello mai visto dalla Seconda Guerra Mondiale. Al materializzarsi della ripresa, parte di quella spesa in eccesso verrà meno, ma non sarà completamente riassorbita. Secondo il CBO, infatti, nel 2019 l’incidenza sul Pil della spesa federale sarà ancora superiore al 23 per cento. In quell’anno, la spesa sarà di oltre 5000 miliardi di dollari annui; oltre il 56 per cento della quale per entitlements, e ben il 16 per cento, cioè 800 miliardi di dollari, sarà destinata a pagare interessi sul debito. Un importo che, da solo, eccede tutto quello che il governo federale spendeva fino al 1983. Ai cinesi piacendo, s’intende.

E’ vero che le proiezioni di bilancio sono un esercizio puramente teorico, ma rappresentano comunque lo scenario al momento più probabile, quello con cui misurarsi anche e soprattutto sul piano politico, e un rapporto deficit/Pil che anche al pieno impiego non scende mai sotto il 4 per cento è un enorme problema politico, come confermato anche da Peter Orszag, responsabile del bilancio dell’Amministrazione Obama, ed ex direttore del CBO. A ciò si aggiunge che le previsioni di crescita del Pil elaborate dalla Casa Bianca appaiono mediamente più ottimistiche sia di quelle del CBO che di centri studi indipendenti, e questo tende a sovrastimare il gettito fiscale.

Come già accaduto per il pacchetto di stimolo, il rischio è quello di uno stallo al Congresso, con Repubblicani e i Democratici che sono su posizioni di conservatorismo fiscale (i cosiddetti Blue Dog Democrats) alleati in una minoranza di blocco che finirebbe col logorare l’azione della Casa Bianca, soprattutto su temi sensibili come la riforma della sanità.

In altri termini, gli americani stanno facendo un mutuo su un futuro che si preannuncia tossico. E anche un po’ “italiano”, con una montagna di debito ed una spesa pubblica completamente ingessata, inutilizzabile a fini anticiclici e di redistribuzione, destinata a spiazzare gli investimenti privati (quando l’attuale buco di Pil verrà meno) ed ipotecare pesantemente lo sviluppo della produttività. Considerata l’altra grande incognita che grava sull’economia statunitense, l’azione della Fed volta a sbloccare i mercati del credito attraverso una spregiudicata (e mai sperimentata prima) manovra di espansione estrema del bilancio della banca centrale, il rischio è quello di produrre una ripresa strutturalmente fragile, simile a quelle che da lustri caratterizzano le economia europee occidentali.


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