Il mercato del rating è sufficientemente aperto ed efficiente?

di Piercamillo Falasca

Si ringrazia Competere.eu – spinning innovation

L’eco della crisi di oltreoceano che ha colpito il mercato dei mutui subprime – i prestiti concessi alla clientela meno affidabile e per questo definiti “spazzatura” (junk) – e con esso l’intera economia americana, pone un interrogativo sul ruolo e sulla tenuta di un anello fondamentale del sistema finanziario internazionale: il rating.
Qualche giorno fa Standard & Poor’s (imitata dopo poco da Moody’s e Fitch) ha ridotto il giudizio su circa 600 emissioni di bond garantiti dai subprime. Come nel caso Enron e negli scandali nostrani Parmalat e Cirio, anche in questa vicenda la decisione delle agenzie di rating sembra quanto meno tardiva.

Qualche giudice americano, ad esempio l’Attorney General dell’Ohio, ha addirittura aperto un fascicolo per accertare se vi siano delle responsabilità dirette delle agenzie di rating, spingendosi a ipotizzare l’esistenza di un conflitto di interessi in capo alle agenzie stesse.
Ovviamente, questa non è la sede per certificare responsabilità, né per mettere sotto accusa un settore che fornisce un servizio informativo essenziale al funzionamento dei mercati. Ciò detto, va aperta una riflessione più generale, oggetto, poco più di un mese fa, di un appello inviato ad Angela Merkel, nella sua veste di presidente di turno del G8, da alcuni deputati al Parlamento Italiano (Benedetto Della Vedova, Daniele Capezzone, Sandro Gozi, Valerio Zanone) e al Parlamento Europeo (Lapo Pistelli, Andrea Losco).
Il mercato del rating è fortemente oligopolistico, limitato da decenni a soli tre operatori a causa delle severe barriere all’ingresso poste dalla SEC americana (in totale assenza di legislazione europea sull’argomento). C’è da chiedersi se il sistema finanziario internazionale di oggi non necessiti di un mercato del rating più ampio, aperto ad una varietà di agenzie di dimensioni diverse e specializzate in ambiti peculiari (per tipologia di strumento o per area geografica).
Altra questione è quella della trasparenza dei metodi di valutazione. Le agenzie di rating valutano titoli fortemente a rischio e particolarmente complessi con modelli finanziari che non sono resi pubblici. La mancanza di concorrenza non aiuta certamente il miglioramento della qualità del settore e lo sviluppo di metodi di valutazione innovativi e trasparenti.
Una valutazione accurata del credito è un presupposto essenziale per un mercato finanziario efficiente, tanto più che il ruolo delle agenzie di rating è stato oggi fortemente “istituzionalizzato” (si pensi ai vincoli di rating per la composizione dei portafogli dei fondi pensione). Forse le agenzie non si sono scelte da sole questo compito, preferendo per sé la natura di mezzi di informazione soggetti ai soli principi della libertà di stampa e a codici di autoregolamentazione.
E’ una impostazione condivisibile, che va però rilanciata con il suo naturale corollario: lo sviluppo di un mercato competitivo del rating, in cui il regolatore non ponga eccessive barriere all’ingresso ma imponga “solo” severi parametri di trasparenza.


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