di Mario Seminerio
Da qualche tempo gli indicatori economici italiani non sono più così brillanti. Dapprima il dato di gennaio sulla produzione industriale, pubblicato lo scorso 12 marzo, con una flessione mensile dell’1.4 per cento, peggiore delle attese, e la revisione al ribasso dell’incremento di dicembre, da 2 a 1.4 per cento. Poi la forte contrazione degli ordinativi industriali, sempre di gennaio, pari al 2.1 per cento mensile, contro attese per una flessione contenuta nello 0.5 per cento, e anche qui con il ridimensionamento del dato di dicembre, da più 0.7 ad uno striminzito più 0.3 per cento. La settimana scorsa, il dato della survey sulle vendite al dettaglio di Eurolandia in marzo, con il nostro paese fanalino di coda e addirittura con livelli di attività in contrazione pur con lo stimolo di maggiori sconti, a sacrificio dei margini lordi. E’ di oggi, inoltre, la stima dell’indice dei direttori acquisti nelle imprese europee di servizi, che conferma da un lato la prosecuzione della forte espansione di Eurolandia, guidata da quella Germania che ha profondamente ristrutturato il proprio sistema paese, ma che al contempo conferma il rallentamento italiano anche nel settore che da solo genera circa i due terzi del prodotto interno lordo.