di Andrea Gilli
Prima Piero Ostellino, sul Corriere di due settimane fa, poi l’Economist, e infine Franco Venturini, di nuovo sul Corriere, solo per citarne alcuni, tutti d’accordo a dire: un Iran dotato di armi nucleari rappresenta una minaccia per il mondo intero.
La logica sarebbe grosso modo la seguente: l’Iran, attraverso il suo presidente Mahmoud Ahmadinejad, ha fatto recentemente delle dichiarazioni abominevoli circa il futuro di Israele. Il suo intento distruttivo e’ palese e, dunque, un Iran nucleare non potrebbe che attaccare Israele compiendo un “Olocausto nucleare”.
Tutto molto semplice. Oseremmo dire: fin troppo. Spieghiamoci meglio: se tutto fosse cosi’ semplice come costoro sembrano suggerire, allora non si capisce perche’ questa versione non sia ancora stata accettata da tutti, e soprattutto dal circolo accademico statunitense. Il motivo e’, anch’esso, molto semplice: questa versione e’ troppo semplice. Va bene per scrivere degli editoriali un po’ indignati e un po’ arrabbiati su quotidiani e riviste. Va bene per ottenere del facile consenso interno, va bene, insomma, per dare spiegazioni facili a questioni complesse. Ma di sicuro non supera l’asticella della mediocrita’ per essere presa seriamente da chi conduce la politica estera. Vediamo in breve quali sono i problemi di una simile interpretazione.
L’Iran e la bomba
La vulgata vorrebbe un Iran impegnato a conseguire capacita’ nucleari per poter distruggere Israele. Un mezzo, la bomba, e un fine, la distruzione di Israele. Il problema e’ che l’Iran e’ impegnato nel nucleare dal lontano 1978, cioè prima della rivoluzione komehinista (anche allora si diceva che nel giro di poco tempo il Paese avrebbe raggiunto le capacita’ nucleari: sono passati trent’anni e siamo ancora qui a dire che l’Iran e’ vicino al nuclear tipping point…).
Questo ovviamente e’ un problema secondario, perche’ il rilancio del programma nucleare iraniano e’ avvenuto in modo massiccio nel 2003. Anche allora l’Iran voleva distruggere Israele? La retorica fondamentalista era di sicuro piena di odio per lo Stato ebraico, ma nel 2003 accadde qualcosa di piu’ importante. Gli USA abbatterono in men che non si dica il regime di Saddam Hussein. Vittoria militare devastante (non ancora politica). A Tehran capirono subito cio’ che si rischiava (leggi: fare la fine di Saddam) e fecero una proposta: riconoscimento di Israele, pacificazione con Washington, stop a tutti i programmi nucleari iraniani. Gli USA risposero con le famose parole di Wolfowitz e Perle: “ora tocca a Siria a Iran”.
Il regime iraniano sara’ anche non democratico, illegittimo, guerrafondaio. Ma se ci si mette per un solo momento nei suoi panni non e’ difficile capire che, in fondo, l’opzione nucleare era l’unica minimamente logica di fronte alla minaccia americana – essendo l’esercito iraniano poco piu’ che un gruppo di soldati male addestrati e poco armati (Cordesman, 2005). In altre parole, di fronte ad una minaccia reale di attacco militare, l’Iran aveva una sola opzione percorribile, quella nucleare. Essa, infatti avrebbe consentito al Paese di difendersi efficacemente, a costi ben piu’ ridotti e in tempi molto piu’ brevi di quanto non avrebbe permesso l’opzione convenzionale
Ricapitolando: l’Iran era debole e minacciato e pertanto propose un accordo agli USA, ma questo fu rifiutato con una esplicita dichiarazione bellicosa. La strada era obbligata: complicare la ricostruzione irachena per rallentare i piani americani e nel frattempo costruirsi un proprio arsenale nucleare. Se vogliamo concedere il dono dell’intelligenza ai nostri avversari, allora non si fa fatica ad affermare che una strategia simile e’ perfettamente razionale (si puo’ sempre negare, comunque, questa capacita’: la storia militare e’ piena di casi nei quali all’avversario e’ stato negato ogni barlume di intelletto. Va anche detto che davvero raramente una tale presunzione ha poi portato a delle vittorie militari e politiche).
L’Iran e Israele
A questo punto possiamo passare ad Israele. La vulgata vorrebbe che l’Iran, appena entrato in possesso di armi nucleari, sferrerebbe immediatamente un attacco contro Israele producendo un “Olocausto nucleare”, come ricorda il titolo del recente volume pubblicato dal direttore dell’Opinione, Arturo Diaconale. I termini sono molto evocativi, ma questa interpretazione fa fatica ad andare d’accordo con i fatti. Vediamo brevemente perche’. Ostellino, Venturini, Diaconale e molti altri partono da un assunto: l’Iran odia a tal punto Israele che, appena potra’, vorra’ distruggerlo. C’e’ un problema: l’Iran ha gia’ le capacita’ di distruggere Israele. L’Iran dispone infatti di armi chimiche e batteriologiche che, vista la ridotta dimensione dello Stato ebraico, basterebbero ampiamente per compiere un genocidio. La domanda allora e’: perche’ l’Iran non ha ancora attaccato? I sostenitori della tesi “l’Iran è il pericolo del mondo” non riescono a rispondere, o non almeno ci riescono senza finire in contraddizione con se stessi.
A questo punto, infatti, la questione diventa ben piu’ complicata e i ragionamenti si moltiplicano. Una possibile risposta potrebbe essere la seguente: l’Iran non ha ancora attaccato con armi chimiche perche’ subirebbe una risposta devastante, mentre quando avra’ armi atomiche potra’ fare ricorso alla deterrenza nucleare per evitare una risposta al suo attacco. Come si vede chiaramente, questo ragionamento non sta in piedi, in quanto, come ha detto il Presidente francese Jacques Chirac, se l’Iran attaccasse con armi nucleari Israele, dopo pochissimo Tehran e con essa tutta la terra iraniana scomparirebbe dalla faccia della Terra. Le altre possibili spiegazioni non sono molto piu’ solide.
Il problema di fondo dell’interpretazione di Ostellino & C., infatti, e’ che non spiega per quale ragione l’Iran dovrebbe attaccare Israele. O meglio: se l’obiettivo fosse la mera distruzione di Israele, non si spiega come mai, avendone i mezzi, l’Iran non abbia ancora agito – armi nucleari o meno. Se si afferma che, razionalmente, solo con le armi nucleari l’Iran potrebbe evitare di essere devastato, dopo il suo attacco su Gerusalemme, allora si nega sia il principio della deterrenza (appunto il non uso, che l’Iran non rispetterebbe per primo) che quello della ragione (invocato poc’anzi) in quanto non si capisce bene cosa, in senso prettamente utilitaristico, l’Iran vorrebbe ottenere con un gesto simile.
L’Iran e la pericolosita’ delle armi nucleari
Nel film Spiderman, lo zio Ben dice al giovane supereroe: “With great power comes greater responsability“. Kenneth N. Waltz implicitamente era gia’ arrivato alla stessa conclusione quando disse che disporre di armi nucleari comporta soprattutto delle responsabilita’ (1981). Responsabilita’ che se non si e’ in grado di gestire porteranno a grossi guai. Si potrebbe ovviamente rispondere con il ritornello della follia dei leader iraniani. Facciamo un passo indietro nella storia e vediamo se c’e’ qualche lezione interessante. Le potenze nucleari al mondo non sono molte. Un po’ piu’ alto e’ il numero di dittatori sanguinari nel corso del secolo passato. Le due categorie si sono incrociate solo due volte: con Mao e Stalin. Stalin sarebbe poi morto subito dopo l’acquisizione di capacita’ nucleari. Mao, invece, avrebbe avuto a propria disposizione per lungo tempo l’arsenale atomico cinese. Ahmadinejad sembra pazzo. Mao non era da meno. Parlando del percorso nucleare cinese, Mao disse che la Cina aveva 600 milioni di abitanti. Un attacco nucleare contro il suo Paese non avrebbe portato piu’ di 300 milioni di vittime. Quindi la Cina avrebbe potuto tranquillamente continuare la sua esistenza e la sua lotta all’imperialismo capitalista. Affermazioni del genere fanno venire ovviamente i brividi. Mao pero’ le fece prima – non dopo – l’acquisizione di armi nucleari. Dopo aver raggiunto lo status atomico, infatti, segui’ un corso molto piu’ moderato. Verrebbe da dire “responsabile”. Nessuno si e’ mai preoccupato della minaccia nucleare cinese: eppure, per tutti gli anni Sessanta, la Cina operava attivamente per la rivoluzione proletaria mondiale (politica estera straordinariamente simile a quella iraniana).
Conclusioni
In questo nostro breve articolo abbiamo voluto sottolineare la debolezza della tesi sostenuta da Ostellino, Venturini e tutti coloro che concordano con la tesi “l’Iran è il pericolo del mondo”. La tesi, infatti, sovrappone due argomenti diversi, confondendo i piani di analisi. Un conto e’ dire che le armi nucleari rappresentano intrinsecamente una minaccia per l’umanita’. Un altro conto e’ dire che sono tali solo in mano ad un dittatore nazionalista e fondamentalista. Nel primo caso, la soluzione non consisterebbe nell’impedire all’Iran di acquisire la potenzialita’ atomica, ma bensi’ nell’abolire completamente gli armamenti nucleari. Se un Iran dotato di armi atomiche e’ pericoloso, non lo e’ di meno qualunque paese che ne disponga: chi ci puo’ assicurare che, per un banale errore umano, ci siano dei catastrofici incidenti in basi israeliane o indiane, o a bordo di sottomarini nucleari russi o americani? Chi ci puo’ assicurare che una base civile non venga manomessa? Nessuno e nessuno.
Un caso ben diverso e’ dire che le armi nucleari rappresentano un pericolo solo in mano all’Iran: e questa e’ un’affermazione dubbia e ambigua in quanto, finora, le ragioni della corsa nucleare iraniana non si trovano nell’odio verso Israele, bensi’ nella politica estera americana. Senza contare che la tesi che qui abbiamo criticato non riesce a restare integra senza finire in contraddizione: da una parte, l’Iran avrebbe gia’ le capacita’ per distruggere Israele, ma non ha ancora proceduto, inspiegabilmente, in tal senso. E dunque l’ipotesi del mero odio cade repentinamente. Dall’altra, se nel discorso si inserisce la razionalita’, allora non si comprende quale fine l’Iran voglia perseguire con la distruzione di Israele (se non la sua successiva auto-distruzione).
Insomma: i rischi sono indipendenti dall’Iran, e inoltre Tehran, allo stato dei fatto, non ha una ragione credibile per distruggere Israele (si noti: qui si assume che gli Ayatollah siano persone razionali. Puo’ benissimo essere che non lo siano. Ma allora la soluzione alla loro pazzia non e’ certamente l’esportazione della democrazia o una guerra preventiva).
Tutte queste parole, forse, possono essere riassunte semplicemente con il titolo di un articolo di Kenneth N. Waltz, lo studioso di Hume e Kant che ha fondato le Relazioni Internazionali: Nuclear Myths and Political Realities (1990).
Ancora oggi, non a caso, i miti e le leggende tendono drammaticamente ad oscurare la realta’ dei fatti che sono sempre piu’ complessi di quanto le spiegazioni semplici ci possano far credere.
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