di Pierangelo De Pace
Commento una notizia di qualche settimana fa, oggi ancora rilevante per le conseguenze che potrebbe avere in un prossimo futuro. Lo scorso mese d’agosto il Presidente della Regione Sardegna Renato Soru ha avanzato la proposta, apparentemente condivisibile e già realizzata in parte, di introdurre nuove tasse su case al mare, yacht e aerei. I provvedimenti in questione sono stati immediatamente battezzati con il nome di “imposte sul lusso” e sono, in linea teorica, finalizzati alla limitazione ed alla riparazione dei danni ambientali provocati dal turismo più redditizio tipico dell’isola.
Ma chi paga veramente la tassa sul lusso? E` proprio vero che vada a colpire i super-ricchi vacanzieri che affollano le coste sarde durante il periodo estivo e non danneggi l’economia locale come afferma dal canto suo Renato Soru? Non ho dati certi a riguardo (d’altronde la misura é recentissima), ma cercherò di ragionare per analogie e sulla base di semplici osservazioni teoriche, tenendo sempre presente che le politiche di natura economica vanno valutate per gli effetti che producono e non per le intenzioni che le animano.
Partiamo da un esempio. Nel 1990 il Congresso degli Stati Uniti d’America introdusse una nuova tassa su beni di lusso, quali yacht, aerei privati, pellicce, gioielli ed auto di grossa cilindrata. L’obiettivo dell’imposta era quella di ottenere un più elevato gettito da coloro che più probabilmente potevano permettersi simili acquisti. Dal momento che solo le persone più ricche sono solitamente in grado di acquistare la tipologia di beni in analisi, le imposte sul lusso sembrarono la via più logica per poter tassare le classi più benestanti e preservare quelle meno abbienti. Invece, quando le forze della domanda e dell’offerta cominciarono ad attivarsi, il risultato finale che si ottenne fu assai differente da quello che il Congresso aveva perseguito.
Per chi ha un minimo di preparazione nella materia – non più di quanto si possa imparare in un qualsiasi corso di Microeconomia 1 – sarà già chiaro come la teoria economica ci possa fortunatamente venire in aiuto per spiegare quanto stava accadendo. Il discorso, relativamente semplice ed intuitivo, si sviluppa lungo le linee seguenti. Si consideri inizialmente il mercato degli yacht. La domanda degli yacht é piuttosto elastica: piccole variazioni di prezzo inducono grandi oscillazioni nella domanda del bene. Un milionario può facilmente cambiare idea sull’acquisto di una barca: può decidere, infatti, di usare quel denaro per l’acquisto di una villa o per una vacanza esotica o per assicurare un’eredità più sostanziosa ai suoi eredi. Al contrario, l’offerta di yacht é relativamente inelastica, almeno nel breve periodo: grandi variazioni di prezzo inducono piccole variazioni nella quantità prodotta. Le fabbriche che producono yacht, infatti, non sono facilmente convertibili in produzioni alternative ed i prestatori di lavoro che costruiscono le barche di lusso non sono così disponibili a sconvolgere la propria vita lavorativa (magari cambiando mestiere) come risposta alle mutate condizioni di mercato.
Graficamente, la breve analisi proposta si traduce in quanto riportato di seguito:

Nello spazio cartesiano sono disegnate le curve di domanda (inclinata negativamente) e d’offerta (inclinata positivamente) nel mercato degli yacht così come da descrizione. L’asse verticale, come da convenzione in economia, indica il livello dei prezzi; l’asse orizzontale le quantità. Ad una curva di domanda relativamente piatta si sovrappone una curva di offerta relativamente rigida, in altre parole assai ripida. L’intersezione delle due curve (punto E) individua l’equilibrio nel mercato, al quale corrisponde un prezzo ed una quantità prodotta (e domandata). Una tassa sulla domanda di yacht comporta una riduzione della quantità richiesta: graficamente ciò implica non uno spostamento lungo la curva di domanda, ma una traslazione di quest’ultima verso sinistra, d’entità pari alla magnitudine dell’imposta. Il nuovo punto d’intersezione (E’) tra la nuova curva di domanda e la vecchia curva d’offerta (che non é influenzata dall’introduzione dell’imposta) rappresenta il nuovo equilibrio nel mercato. Come si vede, la quantità di yacht prodotta e richiesta nel nuovo equilibrio é inferiore a quella che prevaleva nel vecchio (Q*>Q**). Anche il prezzo che i produttori di yacht ricevono dopo l’introduzione della tassa é più basso rispetto alla situazione precedente (P*>P**; P**+ t é invece il prezzo corrisposto dai consumatori milionari inclusivo dell’imposta t da versare all’erario).
Ma la storia non finisce qui. Le due aree triangolari indicate dalle lettere A e B rappresentano rispettivamente (dall’alto verso il basso) la perdita secca in termini di benessere di consumatori e produttori a seguito del provvedimento fiscale. La misura dell’area del triangolo A é evidentemente minore rispetto a quella del triangolo B. Con una domanda elastica e un’offerta rigida, il peso della tassazione, quasi contro ogni previsione, cade in gran parte sui produttori. In altre parole, una tassa sull’acquisto di yacht pone produttori e prestatori di lavoro che costruiscono quelle imbarcazioni in una situazione svantaggiosa: le imprese finiscono con il ricevere un prezzo inferiore per il loro prodotto ed i lavoratori (che ricchi non sono) sono costretti a sopportare il peso dell’imposta, che colpisce dunque in misura maggiore la classe media rispetto a quella benestante e ricca.
L’interpretazione e le previsioni sbagliate del Congresso americano divennero ben presto apparenti. Le aziende produttrici di beni di lusso cominciarono ad esprimere alla classe politica di allora le proprie perplessità a riguardo e a registrare ingenti perdite. Il Congresso abolì gran parte delle imposte sul lusso nel 1993.
L’analisi presentata può essere verosimilmente applicata al caso della Sardegna ed alle imposte introdotte da Renato Soru. Invece di domanda di yacht, si può parlare nel nostro caso di domanda di “vacanze in Sardegna”, dove le “vacanze in Sardegna” si configurano come un prodotto non alla portata di tutte le tasche, soprattutto in talune zone dell’isola, e comprendente anche quell’insieme di beni sulla cui proprietà Soru ha voluto introdurre la tassa. Invece di offerta di yacht, si può parlare di offerta di tutti quei beni e servizi che permettono al consumatore (milionario in molti casi) di godersi il suo soggiorno sull’isola (una sorta d’offerta di “vacanze in Sardegna”). L’economia sarda si basa, poi, in maniera significativa sul turismo: é difficile immaginare, almeno nel breve periodo, che l’offerta di cui si parla non sia rigida. Segue che la struttura del mercato in questione potrebbe essere molto simile a quella proposta nell’esempio degli yacht negli Stati Uniti. Se questi presupposti sono validi (ed é proprio su questo punto che occorrerebbe un’analisi empirica approfondita e condotta in maniera più rigorosa, a mio giudizio soprattutto sul lato della domanda), é prevedibile una contrazione non trascurabile dell’economia della regione. I dati non sono chiari ed esaustivi, ma alcune fonti giornalistiche già confermano questa preoccupante tendenza. Lo scopo ambientalista é importante ed ammirevole, ma forse non é questo il modo migliore di procedere. Sicuri che non si riesca ad escogitare di meglio?
3 risposte a “Soru contro Briatore, ovvero imposte sul lusso in Sardegna. Davvero una buona idea?”
Alternativamente si potrebbe dire che il prezzo che i produttori ricevono dopo l’introduzione dell’imposta è pari a p**, mentre quello che ricevevano prima dell’introduzione dell’imposta è pari a p*. Inoltre, dopo l’introduzione dell’imposta, i consumatori acquistano in equilibrio la quantità q**, inferiore a quella che acquistavano prima dell’introduzione dell’imposta (q*); per q**, i consumatori avrebbero pagato in assenza delle imposte la somma di p** t, mentre, dopo l’introduzione dell’imposta sono disposti a pagare solo p**; la distanza verticale tra p** t e p** è proprio l’ammontare t della imposta introdotta. Quindi, il prezzo effettivamente pagato dai consumatori per q** è pari a p** t, mentre quello ricevuto dai produttori per la stessa quantità è pari a p**. Confrontando p** t con p*, da una parte, è p* con p** si vede che, dopo l’introduzione dell’imposta, il sovrapprezzo pagato dai consumatori (p** t – p*) richiede un sacrificio inferiore a quello sopportato dai produttori, quantificabile nella differenza tra p* e p**. Quindi l’imposta pari a t, grava minimamente sui consumatori (p** t – p*), massimamente sui produttori (p*-p**). Per riassumere, i consumatori, dopo l’introduzione dell’imposta, acquistano di meno pagando un prezzo leggermente superiore a quello che pagavano prima dell’imposta, mente i produttori vendono di meno ad un prezzo inferiore rispetto a quello che ricevevano prima dell’imposta.
Concludo dicendo che una imposta che era stata pensata per colpire esclusivamente i consumatori finisce per colpire soprattutto i produttori. Il fenomeno è noto in letteratura con il nome di “traslazione dell’imposta” e la regola è che una imposta pensata per colpire una categoria colpisce tanto meno quest’ultima quanto maggiore è l’elasticità della curva che rappresenta il comportamento della categoria stessa. Sei d’accordo, vecchio teorico?
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a parte il fatto che bisognerebbe vedere se davvero le presenze turistiche sono diminuite (ci sono dati contrastanti in merito), ma questa tassa sul lusso non colpisce indistintamente tutti i beni di lusso, ma gli approdi delle barche da diporto e degli aerei privati (oltre alle plusvalenze immobiliari): bisognerebbe anche indagare sulla domanda e offerta di attracchi, perchè poichè l’offerta è fissata (gli attracchi sono quelli che sono, a meno che non si costruiscano nuovi porti da diporto), ci potrebbe essere spazio per una tassa se la domanda è superiore all’offerta (ma è solo una supposizione).
è importante sottolineare anche il dato politico: soru sta cercando di sollevare un conflitto con il governo per vedersi riconosciuti i trasferimenti che spettano alla sardegna in quanto regione a statuto speciale. secondo me potrebbe essere una mossa per sbloccare una trattativa ridotta all’impasse.
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Ho alcuni amici sardi, veramente sardi. Nel senso che percepiscono il legame verso la loro terra molto più di quanto accada per un piemontese o un laziale o un pugliese. Essere su un’isola aiuta in questo.
Loro mi raccontano della frustrazione di una regione povera di tutto tranne che di potenziale turistico, saccheggiata e depredata nei decenni dai politicanti di turno che hanno sprecato risorse per costruire infrastrutture inutili (petrolchimica in particolare). Questa regione oggi ha crediti importanti per l’IVA non restituita dal governo di Roma, e Soru si inventa questa tassa per sollevare il punto, per fare qualcosa.
Si poteva fare di meglio, soprattutto si poteva evitare di farlo a ridosso della stagione estiva, ma qualcosa doveva fare.
Se poi Briatore si incazza, beh allora c’è la speranza di avere fatto qualcosa di giusto.
MastroGeppetto
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