di Andrea Gilli
Domenica si sono tenute in Iraq le elezioni politiche. Al di là della precaria situazione che ancora caratterizza il Paese, questo passo non solo è fondamentale ma rappresenta anche un importante traguardo. Ciò non significa, però, che tutti i problemi dell’Iraq siano risolti. Tanto meno, ciò significa che Bush ci avesse visto giusto.
Taluni infatti si sono lasciati andare a commenti che ci paiono fuori luogo. Commenti che vanno nella direzione di dire che Bush ci aveva visto giusto. Purtroppo non è così. Spieghiamo perchè.
Alla vigilia della guerra in Iraq (marzo 2003), l’allora amministrazione americana giustificò l’intervento armato sulla base di alcune previsioni pragmatiche. In particolare, gli iracheni avrebbero accolto gli americani a braccia aperte, la guerra si sarebbe finanziata da sola (con la riapertura dei pozzi potroliferi) e la democrazia si sarebbe espansa naturalmente nel resto del Medio Oriente. Tutti questi, ricordiamo, erano traguardi da raggiungersi nel brevissimo tempo.
Sette anni dopo, nessuno di questi traguardi è stato raggiunto. Anzi: gli iracheni hanno combattuto sia gli americani che gli altri iracheni (curdi contro sunniti, sunniti contro sciiti, e così via). La guerra civile sembra alla sua fine. L’insorgenza non ancora. Ricordiamo però che il prezzo della pace politica interna è stato l’allargamento dell’influenza sciita e iraniana nel Paese.
Ovviamente la guerra non si è auto-finanziata. Piuttosto è vero il contrario: gli iracheni non sono così sprovveduti da vendere petrolio a basso prezzo quando i prezzi internazionali sono più alti. E soprattutto, lo sforzo finanziario e umano, pagato dagli Stati Uniti, per questa guerra è stato enorme. Fare stime è difficile, ma alcuni studi parlano di 3 trillioni di dollari. Un trillione equivale a mille billioni, i billioni sono i miliardi. Quindi, per capirci, il costo totale è di 3 mila miliardi di dollari, cent più cent meno.
Infine, la democrazia non si è espansa in Medio Oriente. Su questo punto non ci sono dubbi.
In definitiva, l‘Iraq domenica ha compiuto un passo importante. Che il suo futuro sia brillante e prospero o che, presto, il Paese cada in mano all’Iran non lo si può dire. Ciò che si può dire è che un traguardo minimo è stato tagliato con sette anni di ritardo. A questi ritmi, forse le previsioni di Bush, da realizzarsi in pochi mesi, si realizzeranno nel giro di due decenni. Sempre che, nel frattempo, il mondo non cambi drammaticamente e dei progressi dell’Iraq non ci potremo più preoccupare…
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