Secondo l’Ue i titoli dovrebbero aiutare le banche a ridurre la concentrazione di titoli domestici in portafoglio
di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
Nei giorni scorsi, la Commissione europea ha presentato il progetto di creazione dei Sovereign Bond-backed Securities, o SBBS. Si tratta di titoli sintetici, assemblati dal settore privato secondo una “ricetta” stabilita dalle autorità europee, in cui titoli di debito sovrano dei singoli stati verrebbero impacchettati in proporzioni stabilite dalla partecipazione dei medesimi al capitale della Bce.
Trattandosi di cartolarizzazione, è prevista la creazione di due tranche, corrispondenti a differenti rischi. Una porzione senior, che avrebbe rating elevato, ed una junior, che assorbirebbe i costi di eventuali default dei paesi partecipanti, sino a concorrenza del proprio valore. Questo maggior rischio sarebbe ovviamente compensato da maggior rendimento.
Negli ottimistici intendimenti della Commissione Ue, questi titoli sintetici dovrebbero aiutare le banche a ridurre la concentrazione di titoli domestici in portafoglio, spezzando il legame banco-sovrano e preparando la strada all’unione bancaria. Poiché questi titoli sono cartolarizzazioni, strumenti che assorbono molto capitale di vigilanza delle banche, per la loro introduzione servirebbe modificare le norme correnti.
Non è affatto detto che lo strumento vedrà la luce. Anzi, alcuni osservatori lo considerano morto ancor prima di nascere. Anche se concepito per superare i veti dei paesi finanziariamente più solidi dell’Eurozona (perché non si tratterebbe in alcun caso di mutualizzazione di debito), resta comunque una riproduzione sintetica di un bond comune, ma privo di garanzia collettiva dei membri dell’Eurozona.
A livello pratico, inoltre, il fatto che alcuni paesi abbiano relativamente poco debito pubblico potrebbe condurre a deviazioni dalle quote di investimento stabilite. Il rischio è che titoli di stato italiani, spagnoli, belgi, portoghesi, finiscano ad essere sovrarappresentati rispetto a quelli tedeschi e olandesi, ad esempio, allontanando la possibilità di avere rating elevato sulla tranche senior. Né vi è certezza che, a seguito dell’operazione di tranching, cioè del porzionamento, la parte senior raggiungerebbe il rating tripla A.
Infatti, poiché esiste una significativa correlazione di default tra i bond sovrani europei, come si è visto dall’andamento dei credit default swap (le assicurazioni contro il rischio di default) durante l’ultima crisi, e data la limitata numerosità dei componenti del titolo sintetico (solo 19 emittenti), le agenzie di rating segnalano che il rischio del nuovo strumento potrebbe essere più vicino al rating degli anelli deboli della catena, cioè dell’Italia, che a quelli forti come la Germania.
Questi non-Eurobond sintetici, che neppure nasceranno, saranno ricordati come un tentativo di ingegneria finanziaria abortito a causa della solita incoerenza dell’Eurozona di voler creare strumenti e strutture finanziarie di ossimorica “aggregazione segregata”, in cui cioè i rischi restano rigorosamente nazionali. Sino al momento del crack di un paese membro.
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