di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano
Dopo l’intervento di Intesa Sanpaolo, che rileverà a costo zero e con generosi sussidi pubblici la parte sana delle due popolari venete poste in liquidazione, la consegna ufficiale del “sistema” è una sola: ostentare ottimismo. Secondo la vulgata ufficiale, questo – per ora – limitato intervento pubblico è servito a “porre in sicurezza” il sistema bancario italiano, come si ripete da alcuni anni, prima di nuovi dissesti di nostri istituti.
Se dovessimo calcolare una tipologia di “costi collettivi”, inclusiva quindi non solo del denaro pubblico in senso stretto ma anche degli oneri a carico del sistema bancario che fatalmente si riverseranno su risparmiatori e richiedenti credito (Atlante, braccio volontario del fondo interbancario di tutela dei depositi, fondo nazionale di risoluzione), supereremmo agevolmente -per ora- i 20 miliardi. Ma i problemi non sono terminati.
Dopo i pianti greci di Associazione bancaria italiana e Banca d’Italia, che da tre anni invocano la non retroattività delle norme sul bail-in, siamo prossimi alla ridefinizione della direttiva BRRD. Le banche europee dovranno identificare delle passività che possano essere sacrificate in ipotesi di risoluzione. Si tratta del MREL (Minimum Requirement of own funds and Eligible Liabilities), un cuscinetto di sicurezza.
La Commissione Ue, con l’approvazione dei ministri delle Finanze, lo scorso dicembre ha suggerito l’emissione di obbligazioni senior non privilegiate, tali da poter assorbire le perdite in caso di dissesto bancario. La nuova classe di obbligazioni verrebbe colpita prima di altre passività senior, in caso di risoluzione. La Francia ha già creato uno strumento del genere mentre la Germania ha stabilito, in caso di bail-in, che il debito senior già emesso sarà retroattivamente subordinato a depositi e titoli strutturati legati a derivati.
In Italia, dove si è deciso che le obbligazioni senior non debbano per alcun motivo al mondo essere colpite da bail-in, scarseggia il debito “sacrificabile”, che dovrà quindi essere emesso pressoché tutto ex novo. L’Abi ha già lanciato l’allarme: questi bond, in un sistema in cui il patrimonio delle banche continua a essere minacciato da alta incidenza delle sofferenze, rischiano di costare carissimo agli istituti, o addirittura di non trovare acquirenti. Malgrado la previsione di un regime transitorio per l’entrata in vigore delle nuove norme (durante il quale i contribuenti italiani rischiano quindi di dover pagare la moltiplicazione di procedure di liquidazione come quelle delle due venete), lo scenario di emersione di nuove crisi bancarie, soprattutto negli istituti di minori dimensioni, resta minacciosamente possibile, per non dire probabile.
Allora non avremo più alibi di “eccessiva fretta” di mandare a regime le direttive europee, e risentiremo le lamentazioni sulle “discriminazioni” ai danni di un sistema “solido” come quello delle banche italiane
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