di Andrea Gilli
I rapporti fra nazioni possono essere intesi fondamentalmente in due modi. Da una parte c’è la visione comunitaria, per cui a livello internazionale ogni entità politica si preoccupa principalmente dei suoi membri. L’egoismo di ogni tale entità genera a sua volta un sistema anarchico in cui l’insicurezza la fa da padrone. Dall’altra parte, c’è la visione cosmopolita. Stando a questa interpretazione, il mondo è un’unica sola comunità che condivide gli stessi valori e gli stessi obiettivi. Pertanto, anche se il panorama internazionale è diviso tra gruppi separati (gli Stati-nazione), è possibile trovare una sintesi dei vari interessi e favorire il progresso umano tramite la cooperazione tra Paesi.
Non è mia intenzione fare qui un trattato di teoria politica internazionale. Ciò che mi preme sottolineare sono le conseguenze pratiche delle due interpretazioni. Se sposiamo l’interpretazione comunitaria, allora dobbiamo assumere che ogni Stato sarà restio a cooperare gli con altri, svilupperà un suo apparato di difesa per potersi proteggere e in generale guarderà con sospetto all’arena internazionale. Se ogni Paese è egoista, allora gli interessi comuni verranno sempre in secondo piano.
All’opposto, la visione cosmopolita postula un sistema internazionale molto più pacifico che, se non è simile ai rapporti che esistono tra entità politiche diverse dentro i confini nazionali, quanto meno si avvicina molto. Ne consegue, il diritto internazionale, insieme alle organizzazioni internazionali, assume il ruolo di un architrave fondamentale per favorire e mantenere la cooperazione pacifica tra nazioni.
Ho pensato a questa contrapposizione logica leggendo un commento al programma elettorale del Partito Democratico. Lorenzo Zamponi, l’estensore dell’articolo, dopo aver commentato le prime 9 proposte di governo della futura coalizione elettorale – proposte coerenti con la tradizione socialdemocratica europea – sostiene:
“I 9 punti […] si vanno definitivamente a schiantare […] al decimo punto, nel quale Bersani, Vendola e Nencini impegnano i propri partiti ad “assicurare la lealtà istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro Paese”, e quindi ad attuare le misure previste dal fiscal compact.”
In altri termini, rimprovera Zamponi, dopo aver avanzato varie promesse di natura socialdemocratica, la coalizione elettorale le condiziona agli impegni internazionali presi. Più o meno direttamente, Zamponi critica questa posizione di fondo, sottolineando come faccia venir meno la sovranità nazionale.
Non è qui mia intenzione dibattere di politica interna – tema che né mi interessa né di cui mi occupo. Piuttosto, mi interessano le implicazioni del ragionamento di Zamponi.
Torniamo al dibattito tra visione comunitaria e cosmopolita. Se – come detto – l’architrave della seconda è il diritto internazionale, allora lo sono anche gli impegni presi. Se assumiamo – ed è una posizione legittima – che ogni Stato possa invece liberamente, arbitrariamente e autonomamente rinegoziare o uscire da qualsiasi impegno o trattato internazionale, allora è chiaro che non possiamo immaginare una politica internazionale armoniosa. Senza addentrarci in materie come proliferazione nucleare, trattati sulle armi chimiche, o accordi di pace, pensiamo solo al campo economico.
Se accettiamo che un Paese possa liberamente abrogare un impegno internazionale con una parte terza, allora è ovvio che l’incentivo alla cooperazione internazionale progressivamente verrà meno. In breve, la strenua difesa della sovranità nazionale è in contraddizione con una visione cosmopolita, anche se questa difesa è volta a obiettivi assolutamente legittimi, quale la protezione sociale, la stabilità economica, o l’istruzione pubblica.
Se ammettiamo la libertà di ogni attore a fare ciò che vuole, non possiamo che portare tutti gli attori a sentirsi meno garantiti e protetti dal diritto e dalle organizzazioni internazionali. A sua volta, ciò favorirebbe una ri-nazionalizzazione della politica internazionale: quella su cui si basa l’anarchia hobbesiana. L’opposto esatto della visione cosmopolita del mondo.
In conclusione, Hans J. Morgenthau nel suo Politics Among Nations afferma che la bontà di una politica non dipende dalla bontà degli obiettivi che la ispirano. Questo sembra uno di quei casi.
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