Il conto della super-bolla cinese dovremo pagarlo anche noi (e presto)

di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano

Il mercato azionario cinese ha vissuto le ultime settimane all’insegna di una forte volatilità, per usare un eufemismo, ma anche di un interventismo delle autorità che ha prodotto esiti surreali ed una manipolazione dei prezzi che potrebbero anche far sorridere, se non ci trovassimo di fronte ad un paese che sta tentando al contempo di fare convergere i propri mercati finanziari verso standard occidentali e disinnescare il crescente rischio di scoppio di una bolla creditizia che avrebbe conseguenze molto pesanti sulla congiuntura mondiale.

Le autorità cinesi hanno insufflato la bolla del mercato azionario, con “inviti” neppure troppo velati ai risparmiatori ad investire con serenità e fiducia, una sorta di “garanzia pubblica” più esplicita che implicita. L’ingresso in massa dei piccoli risparmiatori nel mercato azionario e la progressiva apertura ai grandi investitori internazionali attraverso l’interconnessione col mercato di Hong Kong avevano come duplice obiettivo quello di internazionalizzare il mercato cinese dei capitali ed agevolare il rafforzamento patrimoniale delle imprese cinesi, dirottando verso di esse il risparmio nazionale.

I risparmiatori sono presto caduti nella classica trappola da bolla: i rialzi spingono ad indebitarsi per comprare altre azioni e moltiplicare i guadagni. Il tutto in un mercato fortemente immaturo, in cui ad esempio meccanismi calmieratori del rialzo, come le vendite allo scoperto, sono di fatto banditi. Sino al momento in cui ci si risveglia: si prende coscienza di valutazioni irrealistiche e della loro crescente divergenza con l’economia reale, i prezzi iniziano a scendere, i broker che hanno prestato soldi ai risparmiatori dietro pegno di azioni vogliono altri soldi perché le azioni si sono svalutate. Se i risparmiatori non li hanno, sono costretti a vendere in fretta e furia, causando crolli ai prezzi azionari.

Di fronte ai quali le autorità cinesi hanno reagito con forza, di fatto congelando il mercato, mettendo in campo enormi quantità di liquidità fornita dalla banca centrale per sostenere i prezzi ed ordinando di non vendere ad investitori istituzionali e alti dirigenti aziendali. Quando sembrava che il mercato si fosse stabilizzato è giunto un nuovo violento crollo, lunedì scorso, che ha inquietato il mondo perché apparentemente inspiegabile: si è parlato di tentativo di scaricare le azioni comprate durante il recente recupero da parte di banche e fondi cinesi, senza trovare compratori, ed anche di lotta di potere tra fazioni delle autorità cinesi.

Il punto ora è quando e come uscire da questa sorta di easing quantitativo agli steroidi, con investitori pubblici che si trovano impiombati di azioni che rischiano di divenire sempre più costose rispetto ai fondamentali, col trascorrere del tempo, visto l’evidente rallentamento dell’economia. Una gigantesca distruzione di valore che non mancherà di presentare un conto molto pesante, in un futuro non troppo lontano.

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