La fine della crisi o un’aspirina?

Il capolavoro dell’ambiguità evita attacchi speculativi

di Mario Seminerio – Il Fatto Quotidiano

Le misure adottate ieri dalla Bce, con l’annuncio di acquisti per 60 miliardi di euro mensili sino a settembre 2016, rappresentano ancora una volta un esempio della sapienza tecnocratica ma anche politica di Mario Draghi, come già più volte accaduto in passato. Le misure si inquadrano in una cornice con limiti quantitativi ben definiti ma al contempo flessibili.

Lo stesso comunicato finale è un capolavoro di ambiguità linguistica sulla presunta data “finale” del programma. Se per quella data l’obiettivo di inflazione non sarà stato raggiunto, di fatto nulla vieterà di proseguire negli acquisti. Ogni altra formulazione del programma, impiccata a scadenze fisse predeterminate, avrebbe esposto la Bce e l’Eurozona a un altissimo rischio di attacchi speculativi pressoché immediati. Con questa linea d’azione il rischio è scongiurato, a prezzo di suscitare nei tedeschi il loro tradizionale horror vacui per l’indeterminatezza.

Altra perla politica di Draghi è l’aver minimizzato i rischi della ridotta mutualizzazione dell’operazione affermando che, se mai vi fossero default, le singole banche centrali nazionali hanno comunque cuscinetti di capitale più che sufficienti per assorbire le perdite sui titoli di stato da esse acquistati. Ma un programma ben costruito non è necessariamente un programma efficace. Le forze deflazionistiche continuano a soffiare forte; il QE arriva comunque molto tardi; la crescita globale, con l’eccezione (sinora) degli Usa è in rallentamento; il sistema finanziario dell’Eurozona resta fortemente bancocentrico, e ciò attenua l’efficacia delle misure.

C’è poi un evidente limite ad una politica di tassi d’interesse negativi, come gli svizzeri si accorgeranno presto. Oltre tale limite, cresce il rischio di bolle finanziarie o addirittura che i depositanti ritirino il proprio denaro dalle banche e lo trasformino in banconote, per non perdere soldi. Quindi bene, anzi molto bene Draghi ma la traversata nel deserto prosegue, soprattutto per noi italiani.


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