Solo le riforme vincono la crisi

di Mario Seminerio – Il Tempo

Ma questa crisi è davvero all’epilogo? Lo ha segnalato (non per la prima volta) anche il premier Mario Monti, dopo che lo spread si è ridotto e pare aver imboccato con decisione un trend discendente, che già porta gli osservatori a vaticinare la rottura al ribasso della “quota 300”. Che di per sé non significa nulla se non che il nostro Btp decennale rende ancora lo sproposito di tre punti percentuali più del Bund tedesco, ma in circostanze come questa si tende a tirar fuori l’immancabile ed inesistente “soglia psicologica” per celebrare l’evento. Ma cosa è realmente cambiato, nello scenario europeo e globale? Molto e poco, al contempo.

In Eurozona, è sempre più netta la percezione che Angela Merkel, per esigenze di politica interna, abbia premuto il tasto “pausa” della crisi, finora con successo. E’ almeno da inizio settembre, infatti, che la Cancelliera ammonisce sulle conseguenze catastrofiche dell’uscita della Grecia dall’euro, ed è giunta anche a silenziare il coro di falchi, non solo tedeschi, che avevano invocato sino a quel momento la cacciata di Atene. I quali falchi, tuttavia, nel frattempo sono riusciti a bloccare l’ipotesi di rifinanziamento delle banche spagnole con i denari del fondo salvastati ESM, sostenendo che tali interventi sarebbero dovuti essere pro-futuro, e non su situazioni di dissesto relative al passato. Questa presa di posizione non ha causato smottamenti nei mercati grazie alla presenza dell’enorme convitato di pietra che è la Banca centrale europea. Che non ha ancora fatto nulla, visto che la sua azione è legata ad una formale richiesta di aiuto che Madrid non ha ancora presentato, ma che incute timore nella speculazione. Le notizie relative alla possibilità che la Spagna potrebbe godere di una linea di credito “precauzionale” della Ue, da non utilizzare nell’immediato ma sufficiente a indurre Mario Draghi a comprare Bonos spagnoli hanno poi spinto i mercati a posizionarsi per questo evento e a premiare il debito spagnolo, in asta e sul secondario. E poco importa che questa “ipotesi” appaia al momento campata per aria: è bastata la non smentita di qualcuno dalle parti di Berlino per renderla verosimile e per intimidire anche Moody’s, che già si accingeva a dare la mazzata finale al debito sovrano spagnolo, classificandolo come spazzatura, il che avrebbe significato l’espulsione con ignominia della Spagna dai portafogli dei fondi d’investimento mondiali. Potenza della politica.

Anche il Consiglio europeo del 18 e 19 ottobre ha stabilito un “accordo per trovare un accordo” nel corso del 2013 sulla vigilanza bancaria unica della Bce. Nulla o quasi, di fatto. Ma la sensazione che i tedeschi (o meglio, la Merkel) abbiano scelto di dire qualche nein di sostanza in meno è forte. Aumenta quindi la probabilità che il 2013 veda un allentamento della feroce stretta fiscale in Eurozona. Questa sensazione (che è molto più che tale, in realtà), giunge in uno scenario d’investimento globale in cui la fame di rendimento è sempre più alta, e viaggia sull’enorme onda di liquidità creata dalle maggiori banche centrali. Ancora una volta, il “miracolo” è compiuto: cala l’incertezza e la percezione di rischi catastrofici imminenti, ed ecco che gli investitori dimenticano tutto, cercando l’”occasione” su cui mettere il proprio denaro. E’ a dir poco stupefacente il successo della nuova emissione di Btp Italia, il titolo di stato “patriottico” che nelle intenzioni del Tesoro doveva andare ai piccoli risparmiatori per una cifra stimata intorno ai 5 miliardi e che invece è stato richiesto per 18 miliardi complessivi, per oltre la metà da istituzionali e, per circa un decimo, da stranieri. Che in effetti stanno tornando sul nostro debito sovrano, sia pure con cautela.

E’ cambiato realmente qualcosa, nei nostri fondamentali? Non molto, con buona pace di chi continua a pensare che il livello di rendimenti sul debito di un paese sia sempre e comunque la pagella alla morigeratezza fiscale ed al riformismo economico: il mercato del lavoro resta in condizioni critiche e destinate a peggiorare nei prossimi mesi, le nostre banche lottano sotto il peso di sofferenze crescenti e di un processo di riduzione dell’indebitamento che alimenta una costante stretta creditizia. Ma è cambiata la lunghezza della catena al nostro collo, ora pare riusciremo ad evitare la morte per soffocamento. Le nostre aspettative sono talmente basse che festeggeremo il giorno in cui il nostro Pil smetterà di cadere e magari tornerà a crescere di qualche decimale, ma dopo aver scavato una voragine nelle nostre esistenze.

L’effetto collaterale di questa migliore respirazione sarà, con elevata probabilità, il ritorno di quel senso di autocompiacimento della politica che fatalmente si traduce in chiacchiericcio provinciale sui massimi sistemi e scarse o nulle azioni di riforma. E mentre è iniziato il decennio perduto dell’economia europea, il nostro paese rischia di proseguire il proprio viaggio verso l’impoverimento.

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