Passato, presente e futuro della difesa

di Andrea Gilli

Nell‘intervista di ieri su Radio Radicale, ho menzionato una contraddizione del nostro attuale modello di difesa: per combattere i pirati in Somalia usiamo navi da oltre 500 milioni di euro. Navi che sono attrezzare per resistere all’attacco congiunto di missili e per combattere sottomarini nemici. Se va bene, il valore delle barche usate dai pirati è nell’ordine delle centinaia di dollari. Esagerando possiamo pensare in termini di qualche migliaia di dollari, non di più.

Chiaramente c’è un problema. La contraddizione, per fortuna (?), non riguarda solo noi. La Gran Bretagna sta mandando il suo Type-45 a combattere la pirateria. Una nave da un miliardo di £, 1,3 miliardi di €, spicciolo più spicciolo meno. Per capirci, dopo gli Arleigh Burke-class cacciatorpedinieri americani che montano il sistema AEGIS, il Type-45 è la nave più potente al mondo. Con il suo Cooperative Engagement Capability fonde le immagini e l’intelligence del gruppo di supporto per massimizzare la sua efficienza operativa. Resta solo una domanda: quattro pirati mal vestiti e poco armati hanno davvero bisogno di tutte queste attenzioni? Il costo orarario di queste navi si aggira sulle centinaia di migliaia di euro. Un po’ come usare lo Chateau Petrùs per fare l’aceto.

Si potrebbe ovviamente suggerire di mandare navi più piccole: il problema è che navi di minori dimensioni possono accomodare meno personale, hanno minore autonomia e quindi finiscono per essere più limitate nella loro capacità di contrasto della pirateria. Mi sembra quindi che questo sia uno dei casi nei quali bisogna dare delle risposte adeguate: leggi, bisogna innovare. Il dato drammatico è che, almeno a leggere la stampa europea, nessuno riflette seriamente su questi temi.

Tempo fa avevo ripreso il saggio di Jim Hasick  sulle potenzialità di navi senza pilota per contrastare la pirateria. Ieri Danger Room è intervenuto a proposito raccontando nuovi sviluppi in questo senso. In breve, l’Europa combatte la pirateria da quasi 5 anni. Non mi pare che ci siano state delle risposte industriali adeguate. Il dato grida vendetta per tre motivi:

– lo stato dei nostri bilanci pubblici, a livello europeo;

– lo stato delle forze armate europee;

– lo stato dei cantieri navali in Europa.

Ci sarebbero tutte le ragioni per sviluppare soluzioni industriali innovative. Oltretutto, queste potrebbero avere un enorme mercato estero. Queste però non sono arrivate. Lascio a chi legge le possibili interpretazioni: i politici non vogliono soluzioni del genere che potrebbero definitivamente uccidere i nostri cantieri; i militari non vogliono navi senza pilota in quanto queste potrebbero decretare la fine di molti attuali programmi e la necessità di nuove riduzioni dei loro effettivi; l’industria non vuole queste soluzioni perchè, almeno l’industria navale esistente, non sarebbe in grado di rispondere adeguatamente.

Non so quale risposta sia la peggiore.


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