La colpa non è delle agenzie di rating, ma della cattiva politica

di Mario Seminerio – Linkiesta

Trichet e la Bce si allontanano sempre di più dai requisiti qualitativi ammessi, per consentire alle banche greche di finanziarsi. Tutti, a cominciare da Francoforte, puntano il dito contro le agenzie di rating, le loro valutazioni e gli effetti che essi provocano. E se si trattasse di un capro espiatorio?

Ieri, la Banca centrale europea ha deciso di continuare ad accettare i titoli portoghesi come garanzia di finanziamenti a prescindere dal loro rating, anche dopo che l’agenzia Moody’s ha tagliato di quattro livelli il rating sovrano di Lisbona, mantenendo peraltro una prospettiva negativa, che significa elevata probabilità di nuovi declassamenti nel breve-medio termine. Il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha parlato di “risposta immediata” all’azione di Moody’s. Le cose stanno in termini piuttosto differenti, in realtà.

Trichet e la Bce hanno fatto quello che avevano già fatto per la Grecia, in un percorso di progressivo allentamento dei requisiti qualitativi ammessi per consentire alle banche greche di finanziarsi in contropartita dell’istituto di Francoforte. Tutta la gestione di questa crisi infinita, da parte delle autorità politiche e monetarie globali, è una storia di deroghe e di eccezioni alle regole, causata dalla gravità e complessità della situazione. Ed è anche una storia di ricerca di capri espiatori e di una narrativa cospirazionistica che serve (come sempre) a ridurre la complessità ed a gestire l’ansia e la frustrazione, ma che a nulla serve in termini di risoluzione dei problemi.

Osserviamo dapprima alcuni fatti: la condizione del Portogallo è estremamente critica. Il paese continua a mancare gli obiettivi di consolidamento di finanza pubblica, ha un deficit che supera l’8 per cento del Pil, una drammatica carenza di competitività che si riflette in una crescita nulla ed in un insostenibile deficit delle partite correnti, che a sua volta determina la pericolosa accumulazione di debito estero. Il Portogallo neppure dispone di una ampia base di export, e le probabilità di uscire dalla crisi appaiono sempre più esili col passare del tempo.

In questo deprimente quadro generale, il rating sovrano del Portogallo appariva, fino a ieri, del tutto disallineato con la realtà, per eccesso di ottimismo. La cosa non era sfuggita ai mercati finanziari, che da mesi hanno messo il rischio-paese, come misurato daicredit default swap, su un sentiero di insostenibilità. Moody’s quindi, non ha fatto altro che certificare la realtà, con i ritardi ormai tipici delle agenzie di rating. La reazione fortemente contrariata dei leader europei, da Barroso a Barnier passando per Schaeuble e la Merkel, è una manifestazione di impotenza e frustrazione di fronte a quella che appare una strada senza uscita.

La forte incertezza sull’evoluzione delle prospettive per i paesi in assistenza finanziaria non deriva dall’azione delle agenzie di rating, ma soprattutto dalla cacofonia della politica. Il primo colpo esiziale assestato alla Grecia venne, lo scorso ottobre, dalla presa di posizione tedesca circa la necessità che i creditori privati venissero chiamati a compartecipare alle perdite di un dissesto sovrano. Da lì il mercato si svegliò alla realtà, e cominciò a prezzare eventi fortemente avversi. Poi venne la definizione dello European Stability Mechanism (ESM), che dal 2013 sostituirà l’attuale European Financial Stability Fund. I politici decisero, su pressione tedesca, che i prestiti erogati dall’ESM dovessero essere sovraordinati a tutti gli altri crediti, in caso di default.

Questo rassicurava il contribuente tedesco ma poneva una pietra tombale sulla possibilità che la Grecia potesse tornare sui mercati. Perché io, privato, dovrei diventare creditore di qualcuno, se so che qualcun altro avrà comunque precedenza e privilegio sui rimborsi, in caso di fallimento del debitore? Dopo aver preso atto di questa incoerenza, e dopo numerosi downgrade da parte delle agenzie di rating (tutti egualmente esecrati dalla politica), l’Eurogruppo ha deciso di togliere all’ESM lo status di creditore privilegiato. Incertezza alle stelle. Colpe delle agenzie? Nessuna, o quasi. Colpe della politica, soprattutto tedesca? Numerose e prevalenti.

La stessa Bce partecipa attivamente a questa surreale ipocrisia. Nei giorni scorsi dalla Eurotower hanno fatto sapere che, anche in caso di dichiarazione di default della Grecia a seguito di ristrutturazione del debito, la Bce continuerà ad accettarne i titoli, se anche una sola agenzia non dichiarasse il default, ed anche in caso di default selettivo e “a termine”, cioè destinato ad essere revocato in pochi giorni o settimane. La domanda sorge spontanea: perché prendersela con le agenzie di rating, se la banca centrale di Eurolandia le utilizza (fintamente) per gestire la propria politica di finanziamenti di emergenza che sono come lo spettacolo, dovendo necessariamente continuare?

Occorrerebbe piuttosto chiedersi se e come le agenzie di rating “muovono i prezzi”, perché quella e solo quella è la misura della loro credibilità. Se ciò non accade (e finora non è accaduto, checché se ne pensi), significa che le valutazioni di mercato, in quanto basate su dati di pubblico dominio, sono già incorporate nei prezzi. Non è in atto alcun assalto oscuro all’euro, come invece sentenziano molti stralunati commentatori, ma semplicemente la presa d’atto di tutti i difetti strutturali della costruzione europea. Gli investitori che fanno autonomamente i “compiti a casa”, hanno già venduto da molto tempo i loro asset nei PIGS. Altri, che sono strutturalmente “pigri”, nel senso che adottano politiche d’investimento più passive e legate agli indici, si muovono solo quando le agenzie di rating declassano un emittente allo status di junk, spazzatura. E’ colpa delle agenzie di rating se le politiche d’investimento sono basate statutariamente sul loro giudizio, dal fondo pensione alla Bce?

Sia chiaro, se le agenzie di rating agiscono con dolo o colpa grave comprovabili e comprovate, occorre procedere nei loro confronti, ma al momento per i rating sovrani non c’è alcun elemento che porti a questo sospetto. Non c’è nessun complotto anglosassone contro l’Europa anche perché Fitch, la terza agenzia di rating, è a capitale francese. Ma è certamente più comodo rompere il termometro e dare la colpa, agli occhi di una opinione pubblica disorientata al limite dell’angoscia, ad un provvidenziale “untore”, sia esso lo “speculatore” che opera sui credit default swap o le agenzie di rating, longa manus di una Spectre finanziaria globale. La verità è che l’unico untore è la politica, la sua insipienza e le sue infinite ipocrisie.

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