di Mauro Gilli
“Wherever the standard of freedom and Independence has been or shall be unfurled, there will [America’s] heart, her benedictions and her prayers be. But she goes not abroad, in search of monsters to destroy. She is the well-wisher to the freedom and independence of all. She is the champion and vindicator only of her own.” John Quincy Adams, 1821.
Quello riportato è probabilmente uno dei più citati passaggi mai pronunciati da un presidente Americano, insieme ai celeberrimi “Tear down this wall” di Ronald Reagan e “Ich bin ein Berliner” di John Fitzgerald Kennedy (JQA lo pronunciò però prima di diventare presidente, quando era ancora Segretario di Stato). Ciò non deve sorprendere. Gli Stati Uniti, per tutta la loro storia, hanno sempre incoraggiato i movimenti democratici e si sono sempre schierati a favore della libertà. Allo stesso tempo, però, la loro politica estera è stata dettata da una forte dose di pragmatismo. Là dove la libertà e la democrazia avrebbero sollevato possibili rischi per gli interessi economici o strategici americani, le benedizioni di Washington si fermavano.
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