La politica estera tedesca dell’ultimo anno

di Giovanni Boggero*

In questo articolo analizzo brevemente la politica estera tedesca del governo Merkel ad un anno dal suo insediamento e alla luce della crisi dell’Unione Europea.

Tradizionale punto di forza della Merkel, la politica estera durante questo anno e mezzo ha regalato più grattacapi che successi al Cancelliere. In particolare, le forti incertezze su come reagire alla crisi di Atene nel febbraio del 2010 hanno fatto emergere il dubbio che l’establishment tedesco post-unitario non ha ancora risolto: con Bruxelles alle corde quale deve essere il ruolo della Repubblica federale sullo scacchiere globale? E in particolare, la Germania deve puntare a trattare alla pari con Stati Uniti, Russia, Cina e le altre potenze emergenti o fondersi definitivamente in un nuovo superstato (europeo)?

E’ importante dire, innanzitutto, che questa tensione tra i due orientamenti è agevolmente individuabile già nel capitolo sulla politica estera del programma di coalizione: accanto al proposito di avere un seggio comune europeo al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, democristiani e liberali hanno ribadito l’impegno affinché la Germania vi possa sedere presto come membro permanente. Per ora il ministro degli Esteri, Guido Westerwelle, ha solo assicurato al suo paese il traguardo della rielezione tra i dieci membri non permanenti per altri due anni. Un compromesso temporaneo, in altri termini.

Su altri temi, però, questa contraddizione ha avuto effetti ben più dirompenti e i compromessi temporanei sono stati più difficili.

Questo è il caso dell’approccio circa lo sviluppo istituzionale dell’Unione Europea, e in particolare la posizione tedesca per il nuovo Patto di Stabilità e Crescita. Per proteggere la stabilità dei Bund tedeschi, la posizione tedesca ha finito per chiedere regole eccessivamente dure all’Europa. Il risultato finale, emerso dalla spaccatura dell’asse franco-tedesco, è stato un compromesso al ribasso che la signora Merkel ha accettato solo in quanto alternativa allo spettro di un Super-Stato Europeo. Così facendo, però, la Germania, incerta su chi debba prendere il ruolo di leadership in Europa (Bruxelles o Berlino), ha finito per indebolire entrambe.

L’incapacità del cancelliere di dare una leadership chiara all’UE è emersa poi anche nelle conseguenze alla crisi greca. Infatti, la contraddittoria posizione tedesca ha finito per portare alla rottura con il presidente della Bundesbank, Axel Weber. Coerentemente con la posizione tedesca di punire gli Stati poco disciplinati nei loro conti pubblici, questi criticò personalmente l’operazione di acquisto dei titoli di Stato periferici da parte della BCE (operazione volta a salvare questi stessi Paesi). Non ricevendo appoggio da parte della Merkel – per ragioni politiche europee, impossibilitata a sostenerlo su quel capitolo – questi si è trovato isolato. Di recente, Weber ha così preferito rinunciare alla sua corsa per la presidenza dell’Eurotower, lasciando il Cancelliere con un nuovo grattacapo.

E’ però importante sottolineare come il problema dell’attendismo tedesco di oggi non sia soltanto della signora Merkel. Per dirla con un’espressione attribuita all’artefice della riunificazione, Helmut Kohl, “la Germania è sempre stata troppo piccola per dominare l’Europa continentale e troppo grande per farne parte quale membro alla pari con gli altri”. Di qui la costante instabilità delle relazioni con gli altri Stati membri e con la Commissione europea che, verosimilmente, continuerà anche negli anni a venire.

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* Giovanni Boggero (Torino, 1987), è laureando in diritto internazionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Torino. Ha studiato a Gottinga e Amburgo. Si è occupato di Germania per Aspenia, Il Foglio, Il Riformista e Formiche ed è stato intern presso la Hannoversche Allgemeine Zeitung. Di recente per la rivista di diritto pubblico comparato ed europeo Federalismi ha pubblicato “La co-responsabilità per l’integrazione europea dei Länder tedeschi e del Bundesrat”. Considerazioni più ampie oltre a quelle qui riportate possono essere trovate sul suo ultimo saggio su Aspenia.


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