di Andrea Gilli
Ad alcuni giorni dal caso internazionale della Flotilla, provo a commentare l’intera vicenda esaminandone le varie dimensioni.
La storia è nota, dunque non vale la pena offrirne una precisa descrizione. In breve, una piccola flotta di navi è partita dalla Turchia con l’obiettivo di giungere a Gaza e portare alla popolazione palestinese degli aiuti umanitari. L’azione però violava il blocco navale che Israele ha posto su Gaza. La Marina israeliana è dunque intervenuta per bloccare le navi. Nelle collutazioni, una decina di persone è rimasta uccisa, e diverse (tra cui anche alcuni soldati israeliani) sono stati feriti.
Partiamo dalla flottiglia e dall’operazione umanitaria. A Gaza le condizioni di vita sono drammatiche. Che dunque delle organizzazioni volessero far giungere degli aiuti umanitari è assolutamente comprensibile. Il punto, bisogna ricordarsi, è che queste organizzazioni, anche se fondate per valori ideali, vivono di denari. Alexander Cooley, giovane brillante studioso della Columbia University, parla pertanto di Political Economy of Non-Governmental Organizations. Il punto è fondamentale per capire il primo punto di rottura: la volontà di rompere il blocco navale di Gaza.
Qualunque persona sana di mente sa che Israele, sulla sicurezza, non transige. Violare, dunque, volontariamente, un blocco navale, significa essere consci di andare incontro ad un’azione di forza. Il punto è che queste organizzazioni hanno degli enormi micro-incentivi a compiere questi atti: la pubblicità (e quindi le risorse) che seguiranno sono enormi.
A ciò si aggiunge, poi, un secondo livello, macro-, oserei dire. E riguarda la lotta per l’opinione pubblica mondiale. Sul Financial Times di ieri c’era una lettera fredda, ma molto interessante: ricordava come al tempo della Palestina ancora controllata dalla Gran Bretagna, gli ebrei europei organizzassero spedizioni navali molto audaci verso la Terra Santa. La logica era semplice: se il convoglio giungeva a destinazione, bene. Se andava a fondo, ancora meglio, perchè così la Gran Bretagna sarebbe stata messa sotto ulteriore pressione. I Palestinesi stanno facendo esattamente la stessa cosa.
Se il convoglio fosse arrivato a Gaza, la vittoria d’immagine sarebbe stata enorme. Con il minimo errore di Israele, la vittoria sarebbe lo stesso stata enorme. Gli strumenti analitici del Realismo politico sono abbastanza utili in questo caso. Pensiamo all’opinione pubblica mondiale come una torta fissa. Vince chi ottiene la maggior parte. Si capisce che una strategia può consistere nel prendere fette al nemico. Ma se anche solo si fanno cadere per terra le fette che il nemico ha in mano, in termini percentuali, la propria quota sale.
Con l’operazione militare parzialmente fallita, Israele si è auto-screditato. E ciò ha ipso facto favorito i Palestinesi. Ciò spiega gli incentivi perversi che ci sono in questo gioco. Paradossalmente, i Palestinesi vincono sempre, qualsiasi cosa facciano. Ciò spiega perchè la nave sulla quale c’erano i Palestinesi non abbia avuto remore ad usare la forza contro i soldati israeliani.
Ciò ci porta dunque a Israele e all’IDF. Alla luce di quanto detto, si capisce infretta il tentativo di Israele, da una parte, di bloccare la nave e, dall’altra, di screditarne il ruolo. Se Israele non avesse bloccato la flotta, il risultato sarebbe stato devastante. Dal giorno dopo, centinaia di imbarcazioni sarebbero partite per tutto il mondo. E in quel caso, davvero, il blocco navale non avrebbe più tenuto. Da questo punto di vista, dunque, la volontà di fermare il convoglio è assolutamente comprensibile.
Come è comprensibile, dall’altra parte, il tentativo di screditarlo. In questa battaglia per l’opinione pubblica mondiale, la diplomazia pubblica, o il marketing, hanno comunque un peso enorme: ciò spiega sia la diffusione delle immagini relative all’arrembaggio che il tentativo, un po’ goffo, di far passare la spedizione come legata ad Al-Qaeda.
Tutto ciò, però, non ci aiuta ancora a capire i morti. A mio modo di vedere, questa è la parte sulla quale tutti parlano, ma pochi davvero sanno. Tutto sommato, questa è anche la parte sulla quale c’è politicamente meno da dire. La ragione è semplice: le operazioni militari sono difficili. Nel magico mondo di Hollywood vediamo eroi come Jack Bauer che tutto possono. Nel semplice mondo della realtà, qualunque operazione è complicata: anche la più semplice. Per citare Clausewitz, in guerra tutto è semplice, ma anche le cose più semplici diventano difficili.
L’esercito israeliano è tra i più preparati al mondo, ma non è privo di vizi nè tanto meno senza errori in passato (si pensi alla guerra del 2006, solo per fare un esempio). La mia impressione è che, come in tutte le operazioni militari, l’interazione tra diversi fattori abbia portato ad un risultato negativo. Credo che la politica abbia tutto sommato giocato un ruolo minore. Più probabilmente vi è stata la sfortunata coincidenza tra decisioni sbagliate, valutazioni errate, tempistiche scoordinate.
Quindi, per esempio, si è usato l’esercito, per un’operazione che l’esercito non sa condurre: la polizia, precisamente, è più preparata a gestire questo tipo di crisi più simili a scontri da stadio che non a guerre di counter-insurgency. Ciò spiega quindi perchè l’imbarcazione sia stata attraccata con un approccio Delta Force, quando invece, con metodi meno spettacolari, si poteva essere più efficaci. Per esempio, con navi di più grosse dimensioni si poteva impedire il passaggio della flotta o con strumenti elettronici si potevano disorientare i loro sistemi di comando. Allo stesso modo, se le forze israeliane fossero state dotate di armi non-letali (come proiettori elettrici o laser), si potevano immobilizzare i nemici senza ferirli e tanto-meno ucciderli. Vi è poi un problema di intelligence (HUMINT) per cui l’esercito israeliano è sembrato fondamentalmente impreparato di fronte alla reazione palestinese: sembra quasi che non si aspettassero dei palestinesi a bordo.
La questione politica sulla quale pochi stanno discutendo ma che invece mi sembra di fondamentale importanza riguarda la Turchia e in particolare i suoi rapporti con Israele. Da tempo, anche su Epistemes, avevo rilevato come i due tradizionali alleati si stessero progressivamente separando. Servirebbero fonti a cui non ho accesso per esaminare a fondo la questione. Se il comportamento delle associazioni umanitarie e dei palestinesi è stato spiegato, in precedenza, con riferimento ai loro incentivi, mi pare che Erdogan avesse anch’egli enormi incentivi a sponsorizzare l’intera operazione della Flotilla. L’Europa è in crisi e di sicuro la Turchia non vi entrerà nel breve termine. In un mondo che si sta regionalizzando, la Turchia ha poche altre chances. La più semplice è mettersi alla guida della sua regione, cercando di sfruttarne le opportunità. Per fare ciò, serve però una certa legittimità: mettersi contro Israele, nel Medio Oriente, è la via più veloce per questo nuovo ruolo regionale.
30 risposte a “La Flottiglia e la flotta”
Articolo molto bello, però io continuo a chiedermi perché Israele abbia commesso anche l’errore strategico-tattico di attaccare le navi in acque internazionali senza attendere che entrassero nelle sue acque territoriali. Con molta probabilità non renderà conto neppure di questo di fronte alle istituzioni sovranazionali, però è un dato di fatto che mi lascia perplessa. Lei cosa ne pensa?
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Articolata ma chiara e convincente analisi. Davvero letta con piacere.
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Sulla faccenda delle acque internazionali a mio giudizio circola un equivoco.
I blocchi navali sono un atto giuridico giustifico in caso di guerra e servono a creare un assedio navale nei confronti del nemico, salvo il passaggio per corridoi umanitari, nei quali però l’assediante può esercitare ogni azione di controllo.
L’unico limite – nel trattato di Londra – del blocco navale è che non sia la scusa per attaccare indiscriminatamente altre navi che non tentano (o dichiarano come in questo caso) di violare il blocco stesso.
Per farla breve, di solito il blocco navale è un atto tra due paesi in guerra, farlo nelle acque nazionali del proprio nemico è difficile. Qua ovviamente la situazione è diversa visto che Gaza è un “territorio occupato” a seuito di una guerra vinta da Israele ma su cui non c’è mai stata dichiarazione di pace che ne chiarisse lo status (neanche nell’accordo di pace stipulato con l’Egitto).
Poi ovviamente potrei sbagliarmi.
Complimenti per l’articolo; una domanda: perchè non limitarsi a bloccare l’elica della nave (potrebbe essere utile nel prossimo tentativo annunciato)?
Inoltre, non è che anche l’IDF cercava un effetto mediatico (“siamo decisi e sappiate che di qua non passa nessuno”)?
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Grazie dei commenti. Sul perchè certe decisioni sono state prese si possono solo fare speculazioni. Da cosa ho capito, c’è stata una certa disinvoltura dei militari che hanno agito senza completo assenso politico.
Le decisioni, in questi casi, sono difficili da decifrare. E’ possibile che si sia intervenuti in acque internazionali perchè si temeva che, se tutte le imbarcazioni avessero opposto resistenza, alcune sarebbero potute arrivare a destinazione. Ma appunto, si può solo speculare.
Come dice Alberto, è anche possibile che l’IDF sia voluto intervenire con una certa forza per mostrare “committment” cioè per segnalare ad altre eventuali iniziative, che non ci sarebbe stata transigenza.
Però, appunto, su questi aspetti, se si vuole rimanere nel campo dell’analisi, e non della faziosità politica, non si può dire nulla a meno di leaks o si indagini pubbliche da parte di israele.
saluti, aa.
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Sul piano prettamente militare l’operazione è stata assolutamente dilettantistica, il che è incredibile se pensiamo alle unità impiegate (le forze speciali della Marina).
Non sto criticando il comportamento degli uomini, nella situazioni in cui si sono trovati non potevano fare altrimenti, quanto la pianificazione dell’operazione stessa.
Mancanza totale di HUMINT senz’altro, ma non solo: una nave non la prendi semplicemente calando qualche soldato dagli elicotteri con le corde, i soldati sono stati messi in una condizione di inferiorità numerica e tattica (circondati sul ponte della nave) per cui non potevano che sparare se volevano salvare la pelle.
Lacrimogeni, flash bang, un maggiore numero di militari impiegati e armi non letali avrebbero originato un output ben diverso, l’unico favorevole ad Israele.
Quello che vedeva la flottiglia fermata ma senza torcere un capello ai “”pacifisti””.
Niente speronamento o altro, è al di fuori delle capacità delle IDF: non hanno navi abbastanza grosse, le maggiori dislocano come un pattugliatore di MMI e sono così sofisticate e ben armate da costare un pacco di soldi. Servono ad altro, non ad immolarle contro un vecchio cargo.
Sul piano politico, concordo con lei che la conseguenza peggiore sta nel raffreddamento dei rapporti con la Turchia.
Sotto questo punto di vista, Erdogan si è detto pronto a normalizzare i rapporti con Gerusalemme se gli Israeliani toglieranno il blocco da Gaza.
Lei come vede una soluzione simile a quella adottata nel sud del Libano? Una forza ONU di interposizione con il compito anche di controllare navi, aerei e dogana con l’Egitto. Forza ONU basata su militari occidentali, ma di paesi accettabili per entrambe le parti. Cioè centrata su un robusto contingente italiano, visto che ne inglesi, ne francesi ne tedeschi (per altri motivi, non sono disposti ad avere forze di terra vicino al confine israeliano) andrebbero bene.
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Letto l` articolo con profonda tristezza.
Non capisco su quali basi ideologiche si vuole far passare come un semplice “errore tattico” l` omocidio a sangue freddo di circa 9~10 civili che stavano solo cercando di portare aiuti a una popolazione in condizioni di vita disumane.
Probabilmente, l` autore di questo articolo, che presumo mangi 3 o 4 volte al giorno e abbia accesso a cure mediche di buon livello, faccia fatica a capire le motivazioni di persone che vogliono aiutare chi e` in condizioni meno fortunate di lui.
Pero` fa comunque orrore il cinismo di chi (autore del blog e persone che commentano incluse) non vuol vedere la realta` della situazione e cerca goffamente di coprirla volendo anche passare per sofisticato analista politico.
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Matteo, le lezioni moralistiche può darle ad altri. Grazie. I video dimostrano come le truppe dell’IDF sono state accolte a bastonate. Non c’è stato nessun omicidio a sangue freddo, c’è stata una collutazione. Due soldati dell’IDF sono in fin di vita. Il fuoco, almeno dalle informazioni disponibili, è stato aperto DOPO l’aggressione subita dalle forze israeliane per mano dei palestinesi. Ciò non giustifica l’eccesso nella risposta, ma non può neppure permettere di parlare di omicidio a sangue freddo. Di nuovo, i video mostrano come i soldati israeliani abbiano sparato da terra, quando venivano pesantemente percossi con bastoni e aste di legno. E’ una situazione assolutamente analoga a quella di “carlo giuliani”. L’errore si trova nell’aver messo le forze israeliane in quella condizione. Se Israele avesse voluto uccidere a sangue freddo, avrebbe sparato da distanza con un cecchino o avrebbe affondato la nave con un torpedo.
@Rick: non mi sembra fattibile una sorta di forza di interposizione marittima internazionale. In primo luogo per i costi. In secondo luogo per le difficoltà intrinseche. In Libano l’ambiguità permette di mantenere la pace senza fare la guerra. A livello marittimo, le cose sono più complicate: non si può far finta di non vedere. Dunque dubito che la soluzione venga proposta, e men che meno immagino che qualcuno si sogni di partecipare ad una tale operazione. Vediamo se sarò smentito.
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Eccellente articolo, ma ho eccezioni sulla parte militare.
Premesso che il raid è stato tatticamente un disastro, i video mostrano chiaramente che i commandos utilizzavano paintball guns, che sono armi non letali, come armi primarie, quelle che hanno fatto fuoco erano le armi secondarie che si portano come back-up in questi casi. Dato il tipo di linciaggio visto sui ponti della nave anche se al posto delle paintball guns fossero stati dotati di armi non letali più efficaci, come ad esempio shotguns caricati a bean bags, tasers o laser abbaglianti, dubito che il risultato sarebbe stato diverso. Erano in svantaggio tattico: l’avversario era in grado di fermarli all’interno della loro area di vulnerabilità. In raid come questi occorre ottenere la superiorità relativa (William H. McRaven, Spec Ops, Case Studies in Special Operations Warfare Theory and Practice), la superiorità relativa ha un’area di vulnerabilità laddove, se la si perde è estremamente difficile riguadagnarla. In questo caso l’area di vulnerabilità per i commandos era chiaramente l’abbordaggio, esattamente quando gli attivisti gli hanno fatto lo swarming.
Anche l’idea di utilizzare la polizia invece delle forze armate non mi convince. Qui non si trattava di salire pacificamente a bordo per fare dei controlli dei documenti, ma di prendere il controllo delle navi per dirottarle verso il porto di Ashdod, dove i controlli del carico avrebbero potuto effettuati. La polizia non è addestrata agli abbordaggi in mare. In tutto il mondo per un’operazione del genere si usano o Forze per Operazioni Speciali, oppure squadre di abbordaggio particolarmente addestrate della Marina o della Guardia Costiera. Israele non mi risulta abbia unità del genere, perciò lo Shayetet 13 era verosimilmente l’unica alternativa. Di fatto le Forze Operazioni Speciali sono più disciplinate e meglio preparate della polizia a fronteggiare violenza estrema, perciò forse la polizia, presa dal panico, avrebbe aperto il fuoco anche prima.
Tutte le altre opzioni mi sembrano altrettanto non realistiche. La Marina Israeliana è piccola e dotata al massimo di corvette, per bloccare il passaggio con navi più grandi si sarebbe dovuto fare ricorso a navi ausiliarie, inoltre tale opzione include la minaccia realistica di speronamento, una tattica di per se pericolosa. Il disturbo elettronico non mi sembra realisticamente efficace e altre tattiche creative, come ad esempio l’idea di utilizzare reti da lanciare nel flusso dell’elica (copiata agli attivisti anti-baleniera) sono interessanti ma non sicure, sono più tattiche di disturbo. E in ogni caso una volta immobilizzata la nave si sarebbe dovuto salire comunque a bordo. Non credo che esistano sistemi più “fantascientifici” di bloccare una nave in corsa. Di fatto credo che a parte l’abbordaggio le opzioni in un caso come questo siano poche.
Inoltre faccio notare en passant che quando Israele utilizza, o si mormora abbia utilizzato, armi meno-che-letali più esotiche, viene esposto a critiche di tipo leggendario sui “possibili effetti a lungo termine di queste armi”, e il risultato di immagine è lo stesso se non peggiore.
Dove secondo me invece Andrea Gilli mette il dito sulla piaga è sull’HUMINT. E’ inconcepibile che gli Israeliani non sapessero cosa si preparava su quelle navi, e credo che in questo episodio quella sia stata la madre di tutti gli errori.
Concordo inoltre sulla parte strategica (Turchia) e sulla sua importanza.
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@Andrea Gilli
“Matteo, le lezioni moralistiche può darle ad altri. Grazie. I video dimostrano come le truppe dell’IDF sono state accolte a bastonate.”
E cosa ti aspetti che succeda quando assalti una nave in acque internazionali? Che ti preparino un banchetto di benvenuto?
Premesso che ci possano essere colpe da ogni parte, i morti sono stati solo dalla parte della flottiglia.
Qui stiamo parlando di persone che volevano approdare a Gaza per portare generi di prima necessita` ad una popolazione allo stremo e spesso ai limiti della sopravvivenza.
Un articolo della BBC: http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/7766509.stm.
Una flottiglia di persone vuole andare a Gaza per portare non armi, ma cibo e medicinali, viene assaltata in acque internazionali e nove degli attivisti vengono uccisi.
E tu difendi quelli che hanno perpetrato il crimine, congratulazioni.
Credo francamente che una lezione moralistica ti serva proprio!
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@ Wellington: grazie per l’eccellente commento.
@ Matteo: il mio articolo parte dalla constatazione della tragica situazione di Gaza. Il resto che dici non ha senso. Le immagini mostrano chiaramente che, se le truppe israeliane non avessero reagito, sarebbero state linciate. Qui si cerca di fare analisi, non moralismo. Vedo che per te le due cose sono la stessa cosa.
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@Andrea
“Il resto che dici non ha senso.”
Vedo che e` abbastanza inutile dialogare con una persona che parte da una posizione di supposta superiorita`.
Pazienza.
Immagino sia inutile sottolineare che i primi criminali siano stati proprio gli israeliani che hanno attaccato una nave in acque internazionali, e questo e` un crimine per quanto riguarda le leggi internazionali.
Tralasciando il fatto che si tratta di una nave che porta aiuti umanitari.
Le riporto il passo del Corriere:
“Il ministero dei Trasporti turco denuncia però che la flottiglia è stata illegalmente intercettata in acque internazionali, a circa 70 miglia nautiche (130 km) dalla terraferma.”
http://www.corriere.it/esteri/10_maggio_31/israele-attacca-flottiglia-ong_adb295f8-6c73-11df-b7b4-00144f02aabe.shtml
Ma immagino che per lei questi siano dettagli di secondaria importanza.
Un po` come se una persona venisse a casa sua alle tre di notte, magari rompendole una vetrata e, scoperto, sparasse ai suoi familiari giustificandosi con il fatto che se non avesse fatto cosi` sarebbe stato bastonato da lei.
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[…] ha offerto il fianco a critiche che ben di rado sono circoscritte ai singoli eventi (tre notevoli eccezioni, per fortuna) e che più spesso si appuntano, più o meno velatamente, sulla questione del diritto […]
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Matteo, è pieno di siti anti-israele sui quali puoi sbizzarrirti. Qui chi legge e chi scrive ha di meglio da fare che la propaganda politica o moralismo becero. Fai affermazioni che non rispondono al vero. Parti da una posizione morale che nessuno qui oppone (che la vita delle persone è sacra) ma la usi per sviluppare ragionamenti sbilenchi. I video a nostra dimostrazione mostrano chiaramente come i soldati israeliani stessero per subire un linciaggio. Se non avessero sparato, ad essere uccisi sarebbero stati i soldati israeliani.
Nel mio articolo ho cercato di ragionare come mai Israele si sia portato in questo cul de sac. Questo è il punto centrale. Il resto non ctonta: quello che tu dici rientra tra questo “resto”.
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A me questa operazione militare da parte israeliana mi è sembrato un po’ come quando si spara sulla Croce Rossa. Non si fà neanche in un teatro di guerra.
L’unica scelta razionale era mediare per fare arrivare comunque gli aiuti. Trovare dei compromessi. Certo evitando di portare centinaia di persone ad “intrufolarsi” tra i palestinesi, magari concedendo la visita ad una delegazione, etc etc
Ma la logica israeliana è quella di un lento genocidio degli abitanti di Gaza, altrimenti cibo e medicinali si lascerebbero arrivare (anche via terra e con ferrei controlli doganali). Manca anche il cemento per ricostruire.
Ma a tale blocco da parte israeliana non si vuol rinunciare.
Come ha detto subito Erdogan, si è trattato di terrorismo di stato.
Le regole sul blocco navale sono qui applicate in modo arbitrario da Israele.
Non sono un esperto di diritto marittimo ma ho trovato al riguardo un testo abbastanza comprensibile: http://www.claudiomoffa.it/pdf/2010/strageflottilla_terrorismo_c.milani.pdf
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Chiariamo una cosa: nella situazione in cui sono stati messi, i militari israeliani non potevano che agire come hanno agito. La colpa di quanto avvenuto non è certo loro, quanto di chi li ha mandati a combattere (si a combattere, hanno rischiato la vita nell’operazione contro i “”pacifisti””) in simili condizioni di inferiorità.
Ed è anche andata bene così, perchè se al posto di truppe ben addestrate ci fossero stati poliziotti o militari normali, la possibilità che mettessero i loro fucili su full auto e facessero una strage era dannatamente alta.
Gilli, io non intendevo soltanto una forza di interposizione marittima. Io intendevo un contingente a terra, modello UNIFIL 2, super partes ed incaricato di sorvegliare le frontiere; cioè pattugliare una fascia demilitarizzata lungo il confine con israele, occuparsi delle operazioni di dogana all’aeroporto di Gaza e ai valichi con l’Egitto.
Ciò include un dispositivo navale e la sorveglianza del porto, e il tutto avrebbe costi bassi; infatti vista la vicinanza ci si potrebbe appoggiare sul dispositivo UNIFIL presente davanti alle coste Libanesi, e il tratto di mare è talmente piccolo che due o tre OPV/fregate sarebbero più che sufficienti.
Per l’Italia (che, ripeto, è l’unico tra i grandi paesi occidentali che potrebbe partecipare a questa missione) si tratterebbe di usare un battlegroup leggero per controllare il confine con Israele, una nave (OPV o fregata) e un reparto di carabinieri per le operazioni di dogana al confine egiziano.
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E’ difficile. In primo luogo, mi sembra che Israele sia il primo ad opporsi a questa opzione. Dopo l’operazione Cast Lead, addirittura Napolitano suggerì di mandare i nostri carabinieri al valico. Poi la cosa non ebbe ovviamente seguito. Credo per due motivi: 1) appunto l’opposizione israeliana. 2) anche l’Italia ha capito la rischiosità dell’operazione. Gaza è troppo piccola, troppo piena di pericoli per un contingente internazionale. Esempio: se mandiamo i nostri soldati e poi Hamas inizia a sparare razzi a bizzeffe su Israele, cosa succede? 1) Ci sputtaniamo. 2) O entriamo a Gaza con la forza… 3) Oppure diciamo agli Israeliani di intervenire. Quindi non si capisce cosa facciamo lì a Gaza.
Ripeto, mi sembra una cosa difficile e rischiosa. E’ probabile, però, che se la pressione su Israele continuerà ad aumentare, gli USA possano spingere per un compromesso in questa direzione.
aa
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è interessante come la propagnada continui a spingere su questi concetti:
-l’IDF ha attaccato una nave piena di pacificsti e beni di prima necessità…
-…in acque internazionali
-Povera Gaza
Sul primo punto, i fatti dimostrano il contrario. i veri pacifisti sono altri, e i video del giorno prima che inneggiano alla morte degli ebrei e al martirio lo dimstrano.
Sul secondo, le acque internazonali non contano nulla, perché la nave ha DICHIARATO di voler arrivare a Gaza.
Non è che se dichiaro di volerti rubare in casa aspetto che tu lo faccia. Ti fermo prima.
Cmq, qui è spiegato che l’atto dell’IDF è legale: http://dover.idf.il/IDF/English/News/today/10/06/0301.htm
-Gaza, se è allo stremo, lo è a CAUSA si Hamas che non fa passare gli aiuti umanitari. Che poi NON sia per nulla allo stremo lo si vede anche da google earth: ristornati, spiagge attrezzate… basta usare internet.
bell’articolo
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@Logico
Israele aveva chiesto alla nave di andare al porto di ashdod. ha rifiutato? ha cercato di forzare un blocco navale? Mi spiace.
Intanto lo sai che fine stan facendo gli aiuti? Stanno aspettando che Hamas li accetti, ma Hamas non vuole. è Hamas la tragedia dei palestinesi, non israele.
una fonte:
http://dover.idf.il/IDF/English/News/today/10/06/0304.htm
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Gennaro, io non sono del tutto d’accordo.
1) E’ vero, la nave ha opposto resistenza a Israele. Ma in ogni caso c’erano beni di necessità. Il punto, secondo me, è semplicemente che i due gruppi hanno obiettivi mediatici contrapposti: combattono per quell’opinione pubblica mondiale. E ciò li porta a questo scontro. E’ ovvio che non ci sarebbero state vittime se UNA delle due parti avesse fatto marcia indietro. La questione centrale è però proprio che NESSUNA delle due parti poteva fare marcia indietro. Israele non poteva permettere l’arrivo a Gaza del carico. I pacifisti non potevano accettare di cooperare con quest’essenza demoniaca che per loro è Israele.
La questione delle acque internazionali esiste. Allora, io sono il primo a credere che il diritto internazionale sia molto flessibile e gli Stati lo usino per loro tornaconto. Però la questione non può essere ignorata. E’ possibile, ma non sono un esperto di queste cose che l’operazione sia avvenuta così in anticipo perchè, ipotizzando delle resistenze da TUTTE le imbarcazioni, se si fosse agito solo in acque israeliane, allora l’operazione non sarebbe riuscita. Tu dici che la nave aveva dichiarato di voler andare a Gaza e ciò basta. Più o meno, io posso dichiarare di volerti uccidere, ma tu puoi rispondere per legittima difesa solo quando io ti sto realmente minacciando.
Gaza: beh, Gaza è messa male. Ho alcuni amici che sono andati a farvi volontariato e mi hanno raccontato la situazione. Io non sono un esperto di Hamas. E’ assolutamente possibile che ci sia un sistema perverso dove vige il tanto peggio tanto meglio. Cioè che Hamas contrinuisca direttamente alle precarie condizioni dei Palestinesi per guadagnare altro sostegno. Non si può però neppure negare che l’embargo abbia i suoi effetti. Non sto dicendo che sia necessariamente sbagliato (è un punto di vista), ma questo gioca di sicuro un ruolo.
La mia opinione, dal 2005, quando l’embargo fu lanciato, è che sia controproducente, btw.
saluti, aa.
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Interessante la parte sullo studio degli incentivi. Mi sono spesso chiesto se, per le parti in causa, non sarebbe un buon incentivo a raggiungere una accordo prosciugarne i finanziamenti. Hamas può contare su pratiche di “Welfare” nell’amministrazione interna del consenso in forza di risorse provenienti dal mondo arabo, Israele stante gli aiuti da parte americana e non solo, può mantenere la sua struttura militare senza sopportarne per intero i costi. Fondamentalmente i sostenitori di ambo le parti stanno finanziando una situazione di stallo.
Trovo meno giustificazioni sulla condotta dell’operazione per i seguenti motivi:
– Israele dispone di un ottimo sistema di intelligence (il Mossad), il quale ha/dovrebbe avere abbastanza elementi a disposizione per determinare l’entità della minaccia;
– Vi è stata una certa incapacità di “pesare” le intenzioni degli attivisti, che non può certo limitarsi a riflessioni del tipo hanno detto questo, sono tutti militanti, etc. In politica è necessario distinguere il marketing e la propanda dalle minacce reali; tra l’altro credo che vi sia anche un precedente in cui Israele ha concesso uno sbarco controllato per la distribuzione di aiuti (ma non sotto l’attuale governo);
– Credo sia ingenuo pensare che azioni di questo tipo non vengano o non debbano venir precedute da negoziazioni sottobanco, in cui si cerca di definire l’esito, o quantomeno di evitare il peggio;
– Non tutti gli attivisti se ne stanno gandhianamente seduti a prendere bastonate, un approccio delta force molto lontano dalla costa può indurre alla convinzione di star subendo un atto di pirateria / guerra – è assai probabile che vi siano state delle carenze nella comunicazione, quantomeno tra i responsabili delle due parti;
Il giudizio sull’accaduto non può non essere privo di interrogativi destinati a restare insoluti. L’unico video è quello riveniente dall’IDF, il materiale giornalistico degli attivisti è stato sequestrato e per quanto riguarda le dichiarazioni del giorno dopo ogni parte prende per buone le sue.
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silvano, forse può interessarti questo:
https://epistemes.org/2007/11/29/il-fallimento-di-annapolis/
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Non sono “uomo di mare” e non ho idea se quanto segue ha un senso.
Se il problema è sbarrare il passo ad una o più navi non troppo grandi e disarmate (o almeno sprovviste di armi pesanti) non si potrebbe usare uno di questi due modi:
a) stendere davanti alla nave un grande quantitativo di reti da pesca, in modo che vadano ad aggrovigliarsi nelle eliche, bloccandole. A questo punto la nave sarebbe alla deriva e dovrebbe per forza accettare di farsi rimorchiare. In ogni caso sarebbe difficilissimo raggiungere Gaza.
b) accostarsi alla nave con un rimorchiatore ampiamente provvisto di parabordi, appoggiarsi dolcemente alla fiancata e spingendo lateralmente costringere la nave a cambiare rotta. Ripetere se necessario l’operazione fino a quando la nave desiste, o finisce il carburante.
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Massimo, se ne parlava nei commenti precedenti, non sono soluzioni facili. Sulle reti da pesca, non hai certezza del successo, perchè altri fattori come le correnti, possono interferire. Inoltre, il convoglio era composto di diverse navi. Se queste si fossero separate orizzontalmente, sarebbe diventato particolarmente difficile bloccarle con questo stratagemma, a meno di non coprire tutto il mediterraneo di reti da pesca.
Lo stesso vale sullo speronamento dolce. E’ una possibilità, ma è rischiosa: se per caso la corrente crea uno scontro più duro e l’imbargazione subisce danni o qualcuno va a mare, il risultato può essere esiziale.
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Leggo l’articolo un po’ in ritardo e ci sono state nel frattempo altre notizie che sono circolate, sulla premeditazione (pare circolasse un documento con una lista di persone da eliminare facenti parte della spedizione), sulla dinamica (l’attacco anche alle altre navi che affiancavano la principale), sul numero dei morti (i testimoni raccontano di corpi gettati in mare), sul trattamento di coloro che sono stati “trattenuti” etc., ovviamente tutte cose di cui non si sente parlare…
Leggo commenti e analisi sul tipo di azione svolta da Israele, violenza, poca violenza, troppa violenza, erano terroristi, etc. e leggo poco invece su altri fattori, altrettanto, se non più importanti.
Non condivido del tutto la tua analisi ma perchè parto da un presupposto diverso: chiaro che chi cerca di forzare un blocco deve aspettarsi la reazione di chi ha imposto il blocco stesso, ma come ci si pone sul fatto che chi forza il blocco lo fa per scopi umanitari? Come ci si pone sulle condizioni di vita imposte dagli israeliani a Gaza? Non è forse lecito tentare di forzare quel blocco e portare aiuti? Non sappiamo nulla dai media ufficiali su Gaza, se non quello che fa più comodo raccontare, ad esempio non sappiamo nulla, per citare una cosa su mille, del c.d. “Piano fame” di cui non hanno parlato i soliti considerati nemici dello stato di Israele, ma la BBC…
Era necessaria quella violenza per bloccare gli aiuti? Decisamente NO. E’ lecito fare un’inchiesta ONU sui fatti? Non solo, sarebbe doveroso. Bisognerebbe rileggere le cronache sostituendo la parola “Israele” con un qualsiasi altro stato, e provare ad immaginare le reazioni…
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Ivana,
ricordiamo per prima cosa che tutte le parti in causa hanno un interesse a screditare l’avversario. Dunque se Nethanyau ha parlato di al-Qaeda dentro alle imbarcazioni, è assolutamente possibile che esagerazioni simili siano state fatte circolare dall’altra parte. Magari maliziosamente o magari solo per paura, shock, reazione.
Chiunque abbia provato cosa significa l’assedio sa che queste reazioni psicologiche sono normali: una cosa minima diventa enorme. Una cosa enorme diventa gigante. Pensiamo a Giuliana Sgrena che parlò della sua auto come trivellata di colpi, migliaia di proiettili. Poi la sua vettura fu colpita una ventina di volte. Inizialmente la Sgrena disse che la volevano eliminare perchè sapeva troppo: poi fu evidente che si trattò di un semplice errore.
Dunque, parlare di lista con i nomi delle persone da eliminare mi sembra molto azzardato, almeno fino a quando non salta fuori. Ovvio, tutto è segreto, quindi non potremo saperlo, ma – almeno da studioso di queste cose – non posso prendere qualsiasi boutade come possibile. Altrimenti dovrei anche credere che l’Iran sta per attaccare Israele: cosa che ovviamente non è vera.
Lo stesso quindi vale sugli altri punti: nei video disponibili si vedono in effetti persnoe andare a mare. E sono soldati israeliani.
Il tuo punto è quindi un altro: la forzatura del blocco ha scopi umanitari, e allora come la si mette?
Non lo so, non è il mio compito dare valutazioni morali. Nella storia, non hanno vinto i buoni, hanno vinto i forti. Quindi se chi porta aiuti umanitari vuole un consiglio, direi “prudenza”, come suggeriva Machiavelli.
Di ingiustizie morali è pieno il mondo: basta pensare a tutti i giovani precari italiani che vivono questa condizione per via dei privilegi di cui vivono i nostri pensionati. E cosa bisogna dire? Ciò mi legittima ad andare in giro a picchiare i pensionati? Non penso. Might is right: non sarà bello, ma è così.
A Gaza la situazione è pessima, lo so pure io che non leggo nessuna stampa alternativa. Difatti lo scritto nelle prime tre righe. I Media non ci fanno puntate di approfondimento televisivo tutti i giorni. Non vedo però neppure tutta questa simpatia verso Israele: e lo dico da una prospettiva piuttosto critica verso la politica israeliana degli ultimi 5 anni, in particolare, e degli ultimi 40 in generale.
Ci sono due attori, con i loro interessi, le loro risorse e le loro strategie. Io cerco di capire perchè si comportano così. Se già riusciamo a raggiungere questo passo, allora ciò aiuta la politica. Se is parte da posizioni morali, come minimo si aumenta solo il ciclo di violenza: secondo te, queste azioni, spingono Israele ad aprirsi? Favoriscono i Palestinesi? Cioè, se tu fossi un’israeliana, magari pure dell’estrema sinistra, e vedi i video della flottilla della pace cantare “morte a Israele”, vedi che questi picchiano a sangue tre soldati, ciò ti spingerebbe verso i palestinesi? Ti modererebbe? Secondo me ti farebbe solo diventare più radicale.
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Tu dici una cosa corretta: “non posso prendere qualsiasi boutade come possibile”. Nessuna però. Allora si prendono tutte le informazioni, poco verificabili sia che provengano da Israele sia che provengano dalle organizzazioni che si occupano di Gaza e le si mettono sullo stesso piano…
Inoltre: “secondo te, queste azioni, spingono Israele ad aprirsi? Favoriscono i Palestinesi? Cioè, se tu fossi un’israeliana, magari pure dell’estrema sinistra, e vedi i video della flottilla della pace cantare “morte a Israele”, vedi che questi picchiano a sangue tre soldati, ciò ti spingerebbe verso i palestinesi? Ti modererebbe? Secondo me ti farebbe solo diventare più radicale.”
Prima di tutto ho letto, e ci sono, Google è lì, non sono nascoste, dichiarazioni estremamente dure con Israele di ebrei, e ci sono ebrei che sono in prima linea da anni nel criticare il comportamento di Israele.
Secondo me la questione è molto più semplice: un’azione simile, in acque internazionali, contro un’organizzazione umanitaria (sarebbe interessante anche qui citare e andare a leggere gli articoli che parlano di com’è stata preparata quella spedizione, si capirebbe che a bordo non c’erano i terroristi descritti), volta a forzare un blocco inaccettabile (a meno che sia accettabile trattare essere umani in quel modo), è ingiustificabile, a prescindere da ogni tipo di valutazione.
Israele è così certo delle proprie ragioni? Faccia fare all’ONU l’inchiesta indipendente che chiede di poter fare (e ci spieghino i nostri perchè l’Italia vota contro a una cosa del genere, facendo al solito un gioco diverso da quello dell’Europa).
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Due volte nell’articolo viene indicato che a bordo della/e nave/i c’erano dei palestinesi. Parliamo della Mavi Marmara che, delle 6 navi componenti la flottiglia, è l’unica sulla quale si sono registrate violenze. Ivi c’erano persone di varia nazionalità, compresi degli arabi israeliani. Ma perlopiù, quelli a cui l’autore immagino faccia riferimento con la parola “palestinese”, intendendo, ri-immagino, quelli che hanno usato violenza, sono Turchi, adepti o ingaggiati dalla ONG pseudo-umanitaria IHH (forse il “tentativo un po’ goffo di far passare la missione per legata ad Al Qaeda” richiamato dall’autore si riferisce al fatto che la stessa IHH è stata sotto inchiesta dall’allora governo turco negli anni 90 per finanziamento e fornitura di armi a vari guerriglieri islamisti e per legami con Al Qaeda?). Molti dei passeggeri turchi in questione, per altro risultati poi ai controlli israeliani privi di documenti di identità (per questo l’espulsione si è ulteriormente protratta), non hanno fatto segreto della volontà di martirio che accompagnava la loro missione (e qui sussiste la differenza principale con gli intenti dei pacifisti degli altri paesei, che sono pur sempre innocue e legittime anime belle):
http://www.memritv.org/clip/en/2489.htm
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@Sharon Nizza: mi fermo subito a una delle prime cose che hai scritto:
“Parliamo della Mavi Marmara che, delle 6 navi componenti la flottiglia, è l’unica sulla quale si sono registrate violenze”.
Questo è falso, o almeno, non puoi dirlo con certezza. Molte fonti dicono il contrario, non ho motivo per credere senza ombra di dubbio a queste, ma nemmeno alle tue, quindi dare per scontato questo mi sembra scorretto. C’è ad esempio la testimonianza di Joe Fallisi, che era sulla “8.000”, nave greca sulla quale viaggiava ad esempio anche un reporter di Al jazeera. e che racconta di come i commandos siano andati anche da loro, di come fossero equipaggiati (certo l’uso della violenza era previsto, se arrivi armato fino ai denti, con elicotteri e sommergibili) e di violenze subite sia sulla nave sia nei momenti successivi, furto di soldi e documenti, etc.
(Non capisco perchè se si parla di Israele si deve partire dal presupposto che la verità la dicano sempre e solo loro).
Dimentichiamo anche che ci si trovava in acque internazionali, e non è che se trovi uno senza documenti puoi sparargli alla nuca o pestarlo, nel mondo “normale”…
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per Ivana: Non mi sembra che dire “la Mavi Marmara è l’unica delle 6 navi sulla quale si sono registrate violenze” equivalga a dire “I militari isreliani hanno abbordato solo la Mavi Marmara”, come lei vorrebbe mettermi in bocca scrivendo “Joe Fallisi racconta come i commandos siano andati anche da loro”.
Io ho detto che solo sulla Mavi Marmara si sono registrate violenze. Posso correggermi in tal senso: “solo sulla Mavi Marmara si è verificata una opposizione violenta ed organizzata all’abbordaggio che ha portato agli scontri fatali”. Difatti, questo sulle altre 5 navi non è successo: i soldati israeliano hanno abbordato (nessuno l’ha mai negato), forse avranno anche tirato qualche bastonata qua e là se quancuno opponeva resistenza, ma non ci sono stati feriti, né duri scontri.
Ma avendo dovuto impiegare una decina di righe per mettere in chiaro una mistificazione delle mie parole che lei aveva prontamente messo in atto per attaccarmi, sostenendo per altro, non si sa su che base, che io credo che Israele abbia sempre ragione, i presupposti non mi sembrano adatti a un dialogo proficuo.
Adios
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Si da per scontato che la violazione del blocca avesse scopi umanitari. Per me è un errore. Le informazioni più interessanti si trovano su un articolo di Repubblica giornale tradizionalmente non tenero verso Israele): Reportage da Gaza senza cibo nè medicine – Nell’inferno di Gaza isolati dal mondo “Così ci fanno morire lentamente”
http://stampanazionale.esteri.it/PDF/2010/2010-06-07/ 2010060715887956.pdf
Ignorando il titolo e leggendo attentamente tutto l’articolo si capisce fra l’altro che:
– Hamas si oppone al trasferimento a gaza del materiale scaricato ad Hashod dalle navi della flottiglia. Sembra che dei “beni di prima necessità” trasportati dalle navi non importi più nulla a nessuno, o perchè ne erano diponibili in abbondanza anche prima oppure perchè Hamas ha un preciso interesse a che si perpetui una situazione di disagio a Gaza.
– I disagi di cui soffrono gli abitanti di Gaza sono almeno in larga parte auto-inflitti. Nulla impedirebbe che il bambino di cui si parla nella seconda parte dell’articolo sia curato all’estero salvo il fatto che il padre si oppone a che la madre lo accompagni poichè potrebbe essere stuprata da una banda di ebrei (sic) ovvero finire in un carcere dei servizi segrati, dove le farebbero il lavaggio del cervello (doppio sic).
– Poi c’è anche il caso della Ruters, che non si è peritata di fare scomparire con un sapiente taglio un coltello impugnato da un “pacifista”, solo perchè “stonava” con la favola dei feroci israeliani.
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